giovedì 11 novembre 2010

Deposito di rifiuti per trent'anni «Lì sotto c'è di tutto, falda a rischio»

L'ex Cava Geregnano, oggetto del Piano Integrato di Intervento (PII) varato dal Comune la scorsa estate, era una delle tante cave di proprietà della famiglia Cabassi nate in questa fascia a Sud-Ovest della città, che fornirono materia prima per la ricostruzione postbellica. Ma a differenza delle sue gemelle, che oggi sono spettacolari specchi d'acqua presidiati dai pescatori nel Parco delle Cave (prima fra tutte l'Aurora), dismessa dopo mezzo secolo, per i trent'anni successivi divenne una discarica di Milano. In quei 260 mila metri quadrati di periferia, a Bisceglie, sono stati nel tempo conferiti un milione e ottocentomila metri cubi di rifiuti. Anche tossico nocivi, in una parola pericolosi.

Foto d'archivio

Che l'area fosse più che inquinata era arcinoto da decenni. I carotaggi lo confermeranno a chi acquisterà l'area dai Cabassi a metà degli anni Duemila. Non è un caso se, nel 1991, si era già ipotizzato di destinarla a prosecuzione naturale del vicino Parco dei Fontanili. A corredo dell'imponente intervento edilizio di Calchi Taeggi, oltre alla realizzazione di un asilo nido, di una scuola materna, di un centro per l'Istituto don Gnocchi e di spazi per la comunità di don Gino Rigoldi, alla ristrutturazione e cessione alla città di Cascina Linterno, è previsto come oneri di urbanizzazione anche un parco di centomila metri quadrati. Peccato che in tanti anni sull'ex discarica coperta da terriccio non sia riuscito ad attecchire poco più che qualche filo d'erba. Forse perché gli acidi e i gas che ribollono sotto la superficie bruciano ogni radice che osi avventurarsi in profondità e sono tali da impedire anche a un fiore di sbocciare. Nulla accade fino al 2006. Quando l'area passa di mano e viene acquistata dal gruppo romano Acqua Pia Marcia e dal costruttore Claudio De Albertis per farne le «Residenze Parchi Bisceglie». Per questa fetta di città, grande come trentacinque campi da calcio, si pensa infatti allo sviluppo di un nuovo quartiere per 5mila abitanti, proprio accanto al capolinea della linea 1, Bisceglie.

Nel 2006 però la Regione non chiede una VIA (Valutazione d'impatto ambientale), nonostante non ci siano precedenti di edificazione su aree contaminate e nonostante l'ampiezza dell'area che è senza dubbi inquinata. Illuminanti sono a questo proposito i documenti custoditi negli archivi della Società Aurora, che già negli anni Cinquanta aveva denunciato di aver subito «un rilevante inquinamento per colpa di una grossa ditta farmaceutica e dello stesso Comune che utilizzano come regolare discarica sia la cava sia le zone adiacente. Risultato, distruzione totale del patrimonio ittico e lago coperto dai pesci morti». Ma ancora nel 2002, durante scavi per una linea elettrica e un impianto di irrigazione a neanche mezzo metro di profondità le ruspe dissotterrarono bidoni che, danneggiati crearono esalazioni tossiche.

Il 19 dicembre 2006 la Conferenza dei servizi (Comune, Asl, Arpa, Provincia) valuta il progetto operativo di bonifica, premessa per la concessione edilizia. E sospende la procedura. L'equivalente di una bocciatura. Si legge: «La rimozione dei rifiuti è condizione necessaria per il proseguo della valutazione degli elaborati tecnici». L'impresa leader nelle bonifiche incaricata del progetto, Arcadis, il 31 gennaio del 2008 torna alla carica e precisando che la rimozione di terra e rifiuti costerebbe sei volte il prezzo dell'area e cioè 165 milioni di euro, passa alla soluzione B: messa in sicurezza dell'area con «copertura di teli di polietilene» e monitoraggio dei gas e delle falde decennale. Venti giorni dopo, il 20 gennaio 2009, la conferenza di servizi dà il via libera con un pacchetto imponente di prescrizioni. Nell'estate 2010, l'iter si conclude con l'approvazione in Comune del PII.

Fonte: Il Corriere della Sera.it - articolo di Paola D'Amico - 11 novembre 2010

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