mercoledì 28 febbraio 2018

APPROVATA LA VIGEVANO-MALPENSA, LEGAMBIENTE: ENNESIMO SFREGIO AL TERRITORI

MILANO, 28 FEBBRAIO 2018                                                          COMUNICATO STAMPA


La risposta del governo ai pendolari che chiedono il doppio binario sulla Milano-Vigevano: vi diamo una strada in più!

Le terre agricole del Parco Agricolo Sud Milano saranno devastate e il Parco del Ticino tagliato in due a Vigevano

Con la seduta odierna presieduta direttamente dal premier Paolo Gentiloni e che ha visto la presenza anche del Ministro Graziano Del Rio, il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha dato il via libera alla superstrada Vigevano-Malpensa.
Una strada per cui lo stesso Europarlamento, poche settimane fa, interpellato da una petizione popolare, aveva ammonito le istituzioni italiane segnalando l'incompletezza della valutazione ambientale e, soprattutto, l'effetto “controproducente sotto tutti i punti di vista” rispetto agli obblighi assunti dall'Italia per la lotta all'inquinamento atmosferico.
Ma il severo giudizio europeo, così come i pareri nettamente sfavorevoli di Città Metropolitana di Milano, dei Parchi del Ticino e Agricolo Sud Milano, dei piccoli comuni stravolti dal progetto, così come le proteste di associazioni ambientaliste, dei Comitati No Tangenziale, degli agricoltori di tutte le organizzazioni - Coldiretti, Cia, Confagricoltura e Copagri - non sono stati sufficienti a bloccare il progetto di un'opera deliberatamente inutile, che verrà realizzata dalla stessa ANAS che oggi è parte del carrozzone pubblico ANAS-Gruppo FS Italiane. La nuova 'IRI dei trasporti' è quella da cui ci si aspettava la vera opera utile per il territorio, ovvero il raddoppio del binario per Abbiategrasso e Vigevano. Così come utile e necessario è il sostanziale miglioramento della viabilità esistente.
«A quattro giorni dalle elezioni va in onda l’ennesimo annunciato scempio del territorio lombardo! – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – Regione Lombardia fino all'ultimo lascia un’eredità pesante ai lombardi complice il Governo, che ha mostrato completa sordità alle istanze sollevate a partire dal mondo agricolo, primo danneggiato dalla realizzazione della Superstrada su terreni produttivi e inclusi in Parchi Regionali. D’altro canto in 5 anni di governo Maroni, la politica delle grandi opere inutili e del cemento ha mostrato tutta la cecità possibile. Si preferiscono le opere viabilistiche sproporzionate dai costi economici e ambientali, invece di far fronte alle reali esigenze del territorio. Forse chi sta a Roma non se n’è accordo, ma se esiste un problema di collegamenti per l’abbiatense e riguarda vistosamente la direttrice ferroviaria verso Milano, infrastruttura anacronisticamente a binario unico». La nuova superstrada è lunga 20 km e da Vigevano taglia in due il Parco del Ticino per poi attraversare le terre agricole del Parco Sud e collegarsi allo svincolo sud della Malpensa-Boffalora. Insomma, un’altra opera del tutto sproporzionata a fronte di una domanda di mobilità assolutamente modesta, che non porterà alcun beneficio per i pendolari ma, in compenso, danni enormi al territorio agricolo e al sistema idrico.


Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Silvia Valenti
Cell. 3498172191
Tel. 02 87386480

martedì 27 febbraio 2018

L’idroelettrico: la priorità è riqualificarlo

Idroelettrico: mai come in questo momento economico/climatico/tecnologico una tecnologia rinnovabile ha suscitato pro e contro. L’elenco sia di detrattori che delle opportunità è lungo. Da una parte c’è la necessità di avere più energia – anche in Europa visto il decommissioning legato al nucleare – dall’altra bisogna abbattere le emissioni. Soprattutto vanno evitati i danni ambientali e anche sociali. Una recente pubblicazione a cura della rivista Nature Sustainability ha fatto ricorso a uno studio del Politecnico di Milano, coordinato dal professor Andrea Castelletti, che in collaborazione con l’Università di Berkeley punta a dimostrare come, pianificando strategicamente la costruzione di dighe, sia possibile aumentare la produzione di energia idroelettrica e allo stesso tempo limitare l’impatto sull’ecosistema fluviale. Il gruppo di ricerca del Politecnico, composto anche da Simone Bizzi e Rafael Schmitt, ha studiato il caso del bacino del 3S (Se Kong, Se San e Sre Pok), un tributario del fiume Mekong e sorgente primaria di sabbia per il delta del Mekong. Siamo dall’altra parte del mondo, ma alcuni temi fanno letteratura. “La nostra tesi” spiega Castelletti, professore associato in gestione delle risorse naturali “è che la pianificazione diga per diga oggi dominante debba essere sostituita da una pianificazione strategiche che stabilisca a livello dell’intero bacino fluviale per verificare quante dighe sia sostenibile costruire e dove e come debbano essere costruite“. Ovviamente il discorso si può allargare a gruppi di bacini come per i Balcani dove una nuova ondata di idroelettrico sembra essere in pianificazione e costruzione. “Oggi abbiamo gli strumenti matematici, tecnici e disponibilità di potenza di calcolo a sufficienza per poter sostenere un cambio di paradigma nel modo in cui si progetta la costruzione di sbarramenti idroelettrici“. Quindi, professor Castelletti, quali sono gli aspetti ambientali da tenere in massima considerazione oggi in fase di progettazione di un impianto idroelettrico? Sono molti. Una diga altera il flusso di acqua e sedimenti di un bacino con ripercussioni su tutto l’ecosistema. Il primo aspetto da considerare è probabilmente il posizionamento e il dimensionamento: la diga a seconda di dove sarà posizionata può avere effetti da significativi a trascurabili sulla connettività ecologica (si pensi alla fauna ittica, le dighe spesso non permettono più di raggiungere pregiate zone di riproduzione a monte) e sulla connettività dei sedimenti (alcuni sottobacini sono più importanti per l’apporto solido di altri, per cui se la diga interrompe un importante afflusso di sedimenti ci saranno forti alterazioni della morfologia a valle con ripercussioni sulla stabilità del letto del fiume e dei suoi argini, sul livello della falda, sugli habitat e sul ripascimento delle coste). Una volta decisa con razionalità (si veda sopra) l’ubicazione è importante decidere le opzioni per politiche di utilizzo (come rilasciare l’acqua): quanto sarà alterata l’idrologia a valle per massimizzare la produzione idroelettrica, che effetto avrà questo su ecosistemi, habitat e trasporto dei solidi a valle. È importante prevedere l’impatto delle politiche di rilascio e avviare da subito un piano di mitigazioni che può includere svariate opzioni: il rilascio di piene controllate per ristabilire il naturale ciclo idrologico la gestione dei sedimenti con installazioni di bocche di fondo o con rimozione meccanica dei sedimenti dal bacino e reimmisione a valle l’installazione di scale di risalita per pesci. Le politiche di regolazione delle dighe andrebbero progettate contestualmente alla diga e al suo posizionamento Terzo aspetto importante da considerare è l’impatto cumulativo delle dighe presenti e pianificate in un bacino, altrimenti gli sforzi fatti per minimizzare l’impatto sull’ambiente da una diga verranno vanificate dagli altri impianti presenti o in fase di progettazione. Ultima ma importantissima considerazione è l’impatto sociale delle dighe. Non è il caso dell’Italia o dei Balcani. Ma per esempio sul fiume Omo (Kenya Etiopia) su cui stiamo lavorando la costruzione delle dighe altera il trasporto di sedimenti e i sedimenti ricchi di nutrienti alimentano la pianura alluvionale dove le tribù locali praticano agricoltura di recessione, pesca e allevamento. Per non parlare del resettlement delle persone che vivono nello spazio verrà occupato dall’invaso. Perché costruire ancora oggi delle dighe? Nei Paesi economicamente più avanzati il potenziale idroelettrico è stato saturato già da molti anni. Gran parte del lavoro adesso riguarda la manutenzione e in alcuni casi la rimozioni di questi impianti, quando obsoleti. In Italia e in Europa c’è una grande spinta recentemente al piccolo idroelettrico. Questa è un tema controverso, poiché la produzione cumulata del piccolo idroelettrico è davvero poco significativa (pochi punti percentuali sul totale dell’energia prodotta) e rischia di frammentare ulteriormente il nostro già compromesso sistema fluviale. Infatti queste opere sono di piccole dimensioni, ma sono molteplici e vengono ubicate nei pochi tratti ancora naturali (spesso di montagna) dei nostri corsi d’acqua. Il loro impatto è modesto ma non trascurabile e il loro impatto cumulato rischia di essere significativo e fronte di una trascurabile aumento dell’energia prodotta. Per i Paesi in via di sviluppo con grandi sistemi fluviali (si veda ail Mekong, il Rio delle Amazzoni, il Cojngo e molti altri) il discorso è diverso. Spesso qui il potenziale idroelettrico deve essere ancora sfruttato. In questi contesti è fondamentale sviluppare politiche energetiche virtuose dove il potenziale idroelettrico è sfruttato fino a una certa capacità di sistema, cioè non tanto da compromettere troppo l’ambiente e i servizi ecosistemi da esso generati. I benefici di una corretta pianificazione energetica che guarda all’impatto cumulato e integra più tipi di fonti rinnovabili nella sua politica energetica può creare grandi benefici nel medio futuro. Questo purtroppo non è sempre possibile, poiché la costruzione di una diga porta spesso ingenti, veloci e locali benefici, mentre i danni sono comuni, su larga scala e tempi lunghi. Per questa ragione non è sempre facile innestare un percorso virtuoso in questi contesti, benché le conoscenza scientifiche sono già tutte disponibile e i vantaggi evidenti. È possibile ragionare sulla riqualificazione delle vecchie dighe? Da dove partire? Questa per il prossimo futuro non è un opzione ma una priorità. Gran parte delle nostre dighe maggiori in Italia, ma anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, sono state costruite nel secondo dopoguerra. Gran parte di questi impianti ha più di cinquant’anni di età e necessità manutenzione e un’analisi attenta sull’opportunità di rimozione. Questo è un aspetto che richiederà grandi risorse nel prossimo futuro e specifiche competenze non sempre disponibili negli enti gestori.

Fonte: Cristina Ceresa, Green Planner Magazine, 20 febbraio 2018

mercoledì 14 febbraio 2018

Salvate il torrente!


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#INNAMORATIDELLALOMBARDIA. A SAN VALENTINO LEGAMBIENTE LANCIA LA CAMPAGNA PER LE ELEZIONI REGIONALI

MILANO, 14 FEBBRAIO 2018                                                           COMUNICATO STAMPA




“L'ambiente al centro delle preoccupazioni dei lombardi, ma la campagna elettorale parla d'altro: ne parliamo noi!"



A poche settimane dal voto regionale a Legambiente si dichiarano #innamoratidellalombardia, con una agenda in sei capitoli, tutti rivolti ai candidati delle forze politiche. «È surreale che in una regione come la Lombardia la campagna elettorale parli d'altro rispetto ai temi ambientali che sono al centro delle preoccupazioni dei cittadini e degli investimenti delle imprese che credono all'economia verde» attacca Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. Nel giorno di San Valentino dunque è Legambiente a dichiarare il proprio amore per la Lombardia, e a chiedere a tutti i partiti di lasciarsi trasportare dallo stesso sentimento, impegnandosi a sostenere sfide radicali, che possano fare la differenza rispetto all'immagine sbiadita di una regione che fino ad oggi ha sacrificato troppo territorio, acque, aria pulita e risorse naturali. La dichiarazione è anche una richiesta di impegno, di un legame che si faccia carico fino in fondo dei problemi per affrontarli con decisione, essendo anche disposti a cambiar vita. In altre parole, se tenete davvero alla nostra regione, dimostratelo oggi con gli impegni e, una volta eletti, con i fatti: che sia vero amore, non semplice lusinga.
«Molti cittadini, enti locali e imprese hanno già intrapreso un percorso di cambiamento nei propri stili di vita, produzione e consumo, ma serve un maggior impegno da parte della politica. Con la nostra agenda intendiamo spronare i candidati a fare un passo ulteriore, quello di rendere credibili gli impegni volti a rinnovare l'immagine e la reputazione della nostra regione, dando una regia istituzionale al percorso che deve portare la Lombardia a diventare un esempio virtuoso di modernità ed efficienza nell'uso delle risorse, non solo a livello italiano ma internazionale. Non vogliamo più sentirci dire che la Lombardia è la regione dello smog e del cemento!» dichiara Barbara Meggetto.

Legambiente è consapevole che le richieste alla politica non sono né semplici né low cost, anche se gli investimenti richiesti sono destinati nel breve periodo a dare un grande stimolo all'economia e al lavoro, e nel lungo a migliorare il posizionamento della Lombardia nel mercato globale, in cui le sfide - da quella climatica posta dagli accordi di Parigi a quella lanciata dalle Nazione Unite con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile - impongono una revisione profonda del modello di sviluppo, su cui molti Paesi e interi blocchi continentali stanno già facendo grandi passi avanti. La Lombardia, nella visione degli ambientalisti, deve ricavarsi un ruolo e una credibilità nel gruppo di testa, se non vuole ritrovarsi ad essere tra gli affannosi inseguitori dell'innovazione ambientale che è anche e sempre più innovazione nei processi, nei prodotti e nei servizi.

Tra le richieste di Legambiente, ci sono quelli di una Lombardia che non solo aumenta la raccolta differenziata, ma che ricicli almeno il 70% dei materiali prodotti, che fermi il consumo di suolo puntando tutti gli investimenti sulla rigenerazione delle città, che tenga insieme le politiche agricole con quelle delle aree protette e del paesaggio, che diventi diesel free entro il 2025, che sostenga l'efficienza energetica a partire dal settore delle riqualificazioni edilizie, e sviluppi una propria filiera delle energie rinnovabili, per anticipare l'obiettivo 'zero emissioni' rispetto alle stringenti scadenze europee, che aumenti l'efficacia del proprio sistema delle agenzie e dei controlli ambientali contro furbetti, inquinatori e criminali.

A questo link il manifesto completo inviato ai candidati per elezioni regionali: https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/manifesto_elezioni_regionali_2018.pdf

Qui la sintesi dei punti qualificanti dell'agenda di Legambiente per le elezioni regionali: https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/sintesi_manifesto_elezioni_regionali_2018.pdf


Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Silvia Valenti
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lunedì 12 febbraio 2018

FIUME OLONA: TROPPI INTERESSI PRIVATI RITARDANO L’AGGREGAZIONE DELLA NUOVA SOCIETÀ DI GESTIONE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO ALFA

MILANO, 09 FEBBRAIO 2018                                                              COMUNICATO STAMPA

L’appello di Legambiente: “Prima di tutto gli interessi pubblici: trasparenza di gestione, depurazione efficace e innovazione tecnologica”

Regione Lombardia dovrà rispondere al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare circa le criticità che ancora persistono nella provincia di Varese. Questo a seguito della richiesta degli Amici dell’Olona di avere chiarimenti sulla difficile situazione della qualità delle acque varesotte. Per troppi anni questi territori sono stati soggetti ad interessi privati locali che hanno ritardato programmi d’investimento seri e qualificati, che portassero alla risoluzione dei problemi annosi legati alla gestione delle acque reflue e degli scarichi. Va riconosciuto che in questo contesto difficile gli uffici tecnici di Regione Lombardia hanno cercato, seppur timidamente, di porre all’ordine del giorno della politica quella che rappresenta una vera e propria emergenza ambientale nel sistema idrico di questo pezzo di regione.
«Attualmente oltre un terzo dei depuratori operanti nel bacino Olona-Bozzente-Lura presenta anomalie o malfunzionamenti rilevati da Arpa, circostanza che non permette il miglioramento dello stato delle acque. – dichiara Lorenzo Baio, settore acqua Legambiente LombardiaAvere un gestore certo, capace di innovazione e di attivare reali investimenti sul territorio è fondamentale. Per questo ci auguriamo che con il lento risolversi dei ricorsi fatti dalle aziende locali (da ultimo quella di ASPEM a Varese), che hanno di fatto impedito fino ad oggi il funzionamento di ALFA, si spezzi quel circolo vizioso che ha bloccato qualsiasi investimento rilevante nel sistema idrico».
E’ chiara la difficoltà di Regione Lombardia a promuovere le operazioni societarie di aggregazione nella Provincia di Varese e non è la prima volta che le associazioni locali, Legambiente e gli Amici dell’Olona in particolare, denunciano le condizioni del fiume insostenibili, alle quali diventa sempre più urgente porre rimedio, per il benessere dell’intero ecosistema.
«Ben venga la risposta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la richiesta di aggiornamento fatta a Regione Lombardia circa lo stato di attuazione del SII in provincia di Varese. – sottolinea Alberto Ambrosetti, presidente del Circolo Legambiente Valle OlonaForse la stessa domanda andrebbe posta agli amministratori di Busto Arsizio e Gallarate che ancora oggi, trent’anni in ritardo sul resto della regione, pensano di affidare la gestione del SII alle piccole aziende locali preda di potentati locali. Ci farebbe piacere che anche i partiti politici tutti s’impegnassero formalmente a mettere nei loro programmi, come priorità, il risanamento dei corsi d’acqua nel bacino dell’Olona a partire dalla risoluzione di queste lotte di potere che fanno male a tutti».

Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Silvia Valenti
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SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA DOSSIER - ACQUA E AGRICOLTURA Occorre ridurre i fabbiso...