martedì 25 maggio 2010

Lambro ed Olona: la bonifica non è ancora partita




Pessime le condizioni dei fiumi lombardi

A tre mesi esatti dal disastro ecologico che ha sconquassato i due fiumi Lambro ed Olona la bonifica non è ancora partita e non è ancora stati individuati i responsabili che la notte tra il 23 e il 24 febbraio scorso hanno manomesso le cisterne della Lombarda Petroli di Villasanta, l´ex raffineria da dove sono fuoriusciti 8mila metri cubi di idrocarburi, che hanno devastato il fragile equilibrio dei due corsi d´acqua. I carabinieri di Monza stanno indagando su una traccia di Dna ritrovata su una torcia abbandonata dai sabotatori e con il passare dei mesi l´attenzione degli inquirenti è sempre più focalizzata attorno a Ecocity, il maxi progetto di riqualificazione urbana da mezzo miliardo di euro che i costruttori, i fratelli Addamiano, avrebbero dovuto realizzare sull´area (187mila metri quadri). Con la costruzione di appartamenti, negozi e capannoni industriali hi-tech. L´unico indagato è però Giuseppe Tagliabue, il proprietario del vecchio impianto, che stoccando più gasolio di quello dichiarato ha violato la normativa per le aziende a rischio.

Prosegue nel frattempo anche il monitoraggio dello stato di salute del Lambro. I valori di idrocarburi nell´acqua sono tornati sotto la soglia, e le piogge delle scorse settimane hanno dato una mano a portare via dalle sponde gli ultimi residui di catrame, ma gli esperti sono preoccupati dai sedimenti depositati sul fondo. Gli ultimi rilievi condotti dall´Arpa indicano al tre per mille la presenza di petrolio per ogni chilo di sabbia estratta dal letto del Lambro; come sottolinea Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, si tratta di 'Un dato allarmante'. Romano La Russa, assessore regionale alla Protezione civile dichiara che " Stiamo studiando la situazione e troveremo le risorse nelle pieghe del bilancio", anche se per il momento non ci sono i 100 milioni di euro promessi da Formigoni nei giorni del disastro per il risanamento degli alvei.

E anche per gli altri fiumi di Milano la situazione non è rosea: l´Olona, che arriva da Varese, dopo 71 chilometri di viaggio e a Milano si infossa sotto il livello della strada, dividendosi in tre rami, è uno dei fiumi più inquinati d´Italia. Già durante i controlli sulle acque eseguiti tra l´89 e il 91, presentava diffusi e significativi livelli di inquinamento dovuti a prodotti per sgrassare, tipici delle lavanderie e tintorie e degli scarichi dell'industria tessile, pericolosi per la salute e scarsamente biodegradabili.In generale il livello di inquinamento dell´Olona ancora oggi, supera in molti casi il livello di guardia ed è più compromesso di quello del Lambro. Tutte le stazioni di campionamento dell´Olona presentano Seca (Stato ecologico corsi d´acqua) di classe negativa. Il fiume risulta scadente (classe 4 su 5) a 500 metri da Legnano, per diventare pessimo a Rho, subito dopo la confluenza con il Lura. Praticamente morto dal punto di vista biologico. Il Contratto di fiume tra le istituzioni interessate al recupero dell´Olona è stato firmato il 22 luglio 2004 e prevedeva interventi per 230 milioni di euro.

Grave la situazione anche il Seveso, anche detto "il fiume nero" che attraversa la città. Già 10 anni fa il suo ecosistema risultava pesantemente compromesso. Il convogliamento delle acqua reflue direttamente nel fiume è la causa principale del suo avvelenamento e dell´aumento della sua portata d´acqua. Negli ultimi 40 anni il Seveso ha subito una doppia trasformazione: da una parte è diventato sede di scarichi industriali altamente inquinanti e, nell´alto Milanese, un vero "collettore fognario", dall´altra, da poco più che un torrente è diventato un vero fiume. Arpa Lombardia effettua controlli sulla qualità dell´acqua del Seveso: a poco più di 10 km dalla sua fonte, il fiume, nel 2001 così come nel 2008, è posizionato in classe 4, "scadente". A Bresso, nel centro abitato, sale al top e conquista l´etichetta di "pessimo", praticamente morto. Il Contratto di fiume è stato firmato nel 2006 e pianifica interventi fino al 2011, un´opera complessa che richiede quasi un milione di euro.

Fonte: Il Giornale della Protezione Civile.it - Lunedi 24 Maggio 2010 - Attualità

A conclusione dei lavori della 4° sessione della Facoltà dell’Acqua 2010 (sede di Sezano-Verona) sui “Percorsi di governo dell’Acqua”, i partecipanti hanno approvato all’unanimità una dichiarazione in cui denunciano la scandalosa presa di posizione della Commissione Europea, attraverso il suo portavoce Joe Hennon, sull’acqua considerata come merce.

A tal fine invitano associazioni e movimenti attivi contro la mercificazione dell’acqua e la privatizzazione dei servizi idrici che condividono la proposta, a fare pressione sulla Commissione Europea con un mail-bombing, informazioni e video di denuncia sul sito www.monasterodelbenecomune.org

Chiediamo agli organi di stampa di dare la massima diffusione all'iniziativa.

Segue il testo dei partecipanti alla Facoltà dell’Acqua sessione del 22 maggio 2010:

«Scandalosa e inaccettabile è la dichiarazione di Joe Hennon, portavoce della Commissione Europea dell'UE riportata da EuObserver, il quale ha affermato il 18 maggio 2010 che la Commissione Europea “considera l'acqua una merce, come qualsiasi altra cosa” (“we consider water to be a commodity, like anything else”). Questa è la risoluzione adottata dai partecipanti alla sessione del 22 maggio 2010 della Facoltà dell'Acqua dell'Università del Bene Comune, a Sezano (Verona) nella sede dell'ass. Monastero del Bene Comune, dedicata al tema “Per un governo dell'acqua pubblico e partecipato”.

Una dichiarazione inaccettabile perché conferma la deriva ultramercantile dell'Europa in materia di acqua iniziata con la Direttiva Quadro Europea sull'acqua del 2000 che sostiene “l'acqua non è una merce come le altre”, ma pur sempre una merce.

Scandalosa anche perché aggiungendo la specificazione “come qualsiasi altra cosa” conferma che la Commissione europea è favorevole alla mercificazione di ogni forma di vita materiale e immateriale.

I partecipanti alla Facoltà dell'Acqua invitano tutte le associazioni, i movimenti e quanti nella società civile sono attivi contro la mercificazione dell’acqua a prendere le iniziative appropriate di rigetto della posizione espressa dalla Commissione Europea».

Riccardo Petrella (Pres. Facoltà dell'Acqua dell'Università del Bene Comune),

Rosario Lembo (Dir. Facoltà dell'Acqua e Pres. Contratto Mondiale sull'acqua),

Silvano Nicoletto (Responsabile Comunità Stimmatini di Sezano),

Alessandro Mazzer (Pres. Ass. Monastero del Bene Comune – Verona),

Marco Job (Dir. CeVI - Udine),

Piero Pieraccini (Centro per la Pace Cesena),

Loretta Moramarco e Michele Loporcaro (MeetUp ilGrillaio – Altamura),

Rosa Maria, Rossi, Marta Fischer, Michele Dorigatti, Gianni Mantovani, Giorgio Ceriani, Paolo Ferrari, Maria Luparelli, Natalina Colombaroli, Miria Pericolosi, Renzo Bellotti, Fulvio De Santa, Luca Cecchi, Valentina Zuccher, Francesca Ferrari, Emilio Battioni, Mariangela Abbadessa, Paola Libanti.


Fonte: comunicato stampa Università del Bene Comune del 22/05/2010

lunedì 24 maggio 2010

Degustazione d'acqua alla festa di Via Padova a Milano


Ieri, domenica 23 maggio molti cittadini milanesi hanno deciso di "scendere in strada," e di partecipare a un'altra festa, la due giorni «Via Padova è meglio di Milano», che sabato e domenica ha coinvolto tutta l'area da piazzale Loreto a Crescenzago con più di settanta appuntamenti tra musica, teatro, incontri, proiezioni, giochi, sport, organizzati da una cinquantina di associazioni. Fra queste anche Legambiente ha partecipato con un proprio stand tematizzato sull'acqua dove, oltre a raccogliere le firme per il referendum contro la privatizzazione dell'acqua ha creato un momento di gioco/degustazione sull'acqua per riflettere su perchè in Italia ci si fida nettamente di più dell'acqua in bottiglia che di quella del nostro rubinetto.


Anche in questa occasione abbiamo verificato che la maggioranza delle persone non riesce a distinguere tutti i diversi tipi di acqua degustati. Questo perchè, possiamo ipotizzare, non è vero che l'acqua delle fontanelle abbia un sapore diverso da quella venduta al supermercato.

Del campione di 33 persone:

13 hanno indovinato
10 hanno sbagliato tutte le risposte
6 hanno invertito acqua frizzante del rubinetto-acqua minerale frizzante
4 hanno invertito acqua del rubinetto-acqua minerale naturale.




martedì 18 maggio 2010

Acqua, lo speciale sul numero di maggio

Il fronte dei no alla privatizzazione si allunga. Intervista a Stefano Rodotà. Il Nef di Londra avverte: nel 2016 il punto di non ritorno della Terra

Il dibattito sulla privatizzazione dell'acqua si fa sempre più insistente. I piani del governo vanno contro le richieste delle associazioni di settore e di una parte della politica.

I timori di un rialzo del prezzo di un bene così prezioso si scontrano con la gestione "di una cosa comune che è cosa pubblica", ha spiegato Stefano Rodotà nell'intervista sul numero di maggio di I AM Informazione&Ambiente.

Dalla crisi di una risorsa di vita a quella economica che potrebbe essere aggravata dalla dipendenza dal petrolio e dai cambiamenti climatici, secondo la New Economy Foundation.

Gli esperti del Nef ritengono che la Terra potrebbe superare il punto di non ritorno, causato dal triple crunch (sistema economico corrotto, dipendenza dagli idrocarburi e cambiamenti climatici) nel 2016.

Tanti altri gli argomenti presenti: l'intervista al commissario europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos che lancia le idee per la riforma del settore, il battello a idrogeno "Nemo H2" sui canali di Amsterdam, il braccio di ferro sul fotovoltaico in Sicilia solo per citarne alcuni.

Su quest'ultimo argomento Confindustria accusa la Regione di lentezza burocratica per le autorizzazioni a costruire e Palazzo D'Orleans risponde che si tratta di tempi prolungati per consentire di contrastare i fenomeni mafiosi nel settore delle rinnovabili.

Fonte: Iam-Informazione e ambiente, articolo del giorno 09-05-2010

giovedì 13 maggio 2010

Maltempo, rischio frane ed esondazioni

Livello idrometrico in aumento per il Lambro. Ancora temporali e vento forte in pianura fino a venerdì

Due settimane di pioggia quasi ininterrotta in Lombardia (Fotogramma)
Due settimane di pioggia quasi ininterrotta in Lombardia (Fotogramma)
MILANO - Rischio frane ed esondazioni in Lombardia, con le piogge che continueranno a colpire la regione fino a venerdì: la Protezione Civile ha invitato i presidi territoriali a «un'adeguata attività di sorveglianza» al riattivarsi di fenomeni franosi in zone assoggettate a questo rischio e ai possibili effetti di esondazione di fiumi nelle zone urbanizzate. Particolare attenzione è rivolta ai corsi d'acqua Olona, Seveso, Lambro e al nodo idraulico milanese: se il livello delle acque dei primi due è in diminuzione, attualmente a valle del Lambro, nelle stazioni di Peregallo e Milano via Feltre, il livello idrometrico è in aumento. In risalita, ma senza destare preoccupazione, il Po: resta chiuso per cautela il ponte provvisorio di collegamento tra Piacenza e Lodi. Rischio esondazione anche per i laghi lombardi: il livello registrato alla stazione di Malgrate, sul lago di Como, è di 1,1 metri, in risalita (a quota 1,20 si hanno i primi allagamenti nella città di Como). In lieve risalita anche il livello delle acque del lago Maggiore; non desta preoccupazione il lago d'Iseo. A Lainate i vigili del fuoco sono interventi per allagamenti dovuti all'esondazione del torrente Lura ed è stato autorizzato l'utilizzo di circa mille sacchi di sabbia. Esondazione dell'Olona a Rho e Legnano, sempre nel Milanese: nel primo caso, sono stati messi a disposizione 6.500 sacchi dalla provincia di Monza e Brianza, mentre a Legnano è stato chiuso il ponte pedonale di collegamento nella zona del castello visconteo.

LA CROCE ROSSA - Su richiesta della Prefettura, la Croce Rossa di Milano ha messo in preallerta per il maltempo la propria Divisione Emergenze e Protezione civile, con la possibilità di aumentare uomini e mezzi rispetto a quelli già in servizio. È comunque già stato rinforzato il servizio di assistenza ai senzatetto. «Quest'anno meteorologico - ha spiegato in un comunicato il presidente della Cri provinciale Alberto Bruno - si sta rivelando impegnativo. Il maltempo che non dà tregua impone a una forza di soccorso e d'assistenza di stare perennemente in stato d'allarme per garantire i dovuti interventi della popolazione, in particolar modo delle fasce più vulnerabili».

LA CRITICITA' - Secondo l'ultimo aggiornamento dell'avviso di criticità per rischio idrogeologico e idraulico emesso mercoledì dalla Protezione Civile della Regione Lombardia, diminuisce - da «moderata» a «ordinaria» - la criticità nella zona delle Prealpi centrali (province di Bergamo e Lecco), ma resta invece a livello «moderato» il rischio idrogeologico e idraulico per la zona nord-ovest della regione (province di Como, Lecco, Sondrio e Varese). Livello «moderato» anche per il rischio idraulico nei territori della pianura occidentale della Regione (province di Bergamo, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Monza e Brianza, Milano, Pavia e Varese), dove non si escludono fenomeni temporaleschi accompagnati da vento forte.

LE PREVISIONI - Le previsioni meteo dell'Arpa e del servizio meteorologico regionale vedono fino a venerdì condizioni simili a quelle attuali, con precipitazioni deboli o moderate che a più riprese interesseranno soprattutto la parte nord occidentale della regione, dove saranno più consistenti e a carattere di rovescio o temporale. In particolare per mercoledì si segnala una nuova intensificazione dei fenomeni sul nord-ovest dal pomeriggio-sera. Non esclusa la possibilità di esondazioni o frane in zone soggette a questo rischio: per questo, data l'intensità delle precipitazioni delle ultime giornate, la sala operativa della Protezione Civile lombarda ha invitato i presidi territoriali «a prestare attenzione e un'adeguata attività di sorveglianza». Nelle ultime 24 ore le precipitazioni tra la pianura occidentale e le Prealpi centrali vanno da un minimo 20 millimetri della pianura occidentale fino a 50 millimetri del nord-ovest con picchi fino a 100 millimetri nel bacino dell'Olona-Seveso (Basso Comasco e Alto Milanese).

IL DANNO ECONOMICO - Intanto, secondo una stima dell'Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza, il maltempo delle ultime due ultime settimane sta facendo perdere alle imprese del nord Italia quasi 250 milioni di euro. Disagi soprattutto per i ritardi nelle forniture, nel trasporto merci e negli spostamenti delle persone, provocati dall'allungamento dei tempi di percorrenza (156 milioni di Euro) e per il mancato indotto turistico (90 milioni di Euro). Particolarmente danneggiato il reparto turismo: si stima che le perdite economiche per le due settimane di inizio maggio siano di oltre 34 milioni di euro tra shopping e ristorazione. A questi vanno aggiunti altri 47 milioni di Euro nel settore ricettività.

Fonte: Corriere della Sera Redazione online - 12 maggio 2010

Il Seveso straripa Coppia intrappolata in casa

Durante la notte il Canturino è infatti stato interessato da una fitta pioggia che non ha mai smesso di cadere e da alcuni temporali



Vertemate, 13 maggio 2010 - Straripa il Seveso e sommerge il pian terreno di una casa, paura per una coppia di anziani e per i loro animali. E’ stata una mattinata di soccorsi lunghi e complessi quella che ha visto impegnati ieri gli uomini del nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco di Cantù e Como, al lavoro a Vertemate in via Prati Lunghi, al confine con Cantù Asnago, nel salvataggio di una coppia, 79 anni lui, 60 lei, rimasti intrappolati in casa dall’improvviso innalzarsi delle acque tutto attorno alla loro abitazione.

Il Seveso, che passa a qualche decina di metri di distanza dalla casa, un fabbricato di due piani in cui il primo è stato quasi interamente sommerso dall’acqua, durante la notte ha rotto gli argini ed è esondato inondando diversi ettari tra boschi e prati.

In mezzo a uno di questi la casa di Domenico Paparatti, residente da sette anni in quell’abitazione in cui avrebbe voluto passare la pensione, dopo aver lasciato Fino Mornasco e un lavoro «da rappresentante all’estero», spiega, colto di sorpresa dalle acque del fiume tanto da doversi riparare con la moglie al piano rialzato dell’abitazione per sfuggire alla piena. Con sé la coppia al primo piano si è portata i propri animali domestici, quindici cani, tra cui sette cuccioli, e sei gatti, poi recuperati da pompieri e Asl a bordo di un gommone e una barca, mentre non c’è stato scampo per alcuni animali da cortile.

Una notatta d’inferno, quella passata dalla coppia, che ha assistito all’inizio dell’esondazione alle 18 di martedì, «ma l’acqua era molto bassa e non dava particolari preoccupazioni altrimenti ce ne saremmo andati - spiega Paparatti - poi in mattinata si è alzata improvvisamente costringendoci a cercare un riparo al piano superiore e a chiamare i vigili del fuoco».

Durante la notte il Canturino è infatti stato interessato da una fitta pioggia che non ha mai smesso di cadere e da alcuni temporali; precipitazioni intense che hanno fatto ulteriormente alzare il livello delle acque del Seveso che in quel punto, a pochi passi dalla linea ferroviaria Como-Milano delle Ferrovie dello Stato e da una cava di inerti, ha superato il proprio argine di terra facendo crescere il livello dell’esondazione per ore, sin quasi a mezzogiorno di ieri. Solo grazie all’arrivo dei vigili del fuoco la coppia ha quindi potuto lasciare a bordo di un gommone l’abitazione, ormai sommersa per metà. Ingenti i danni, «anche se non posso nemmeno calcolcarli in questo momento, di certo è tutto distrutto perché ho visto i mobili galleggiare, non ho salvato niente.

Fortunatamente ho recentemente venduto la gran parte degli animali che allevavo in passato altrimenti sarebbero tutti morti», spiega. La moglie è stata visitata dagli operatori del 118, ma le sue condizioni non sono state giudicate preoccupanti tanto da non dover richiedere il ricovero ospedaliero. Sfollati, hanno trovato una sistemazione momentanea da conoscenti. Ora, dopo la paura, con il Comune di Vertemate è pronto però ad aprirsi un braccio di ferro giuridico.

Quell’abitazione, stando al comandante della polizia locale, Enzo Tallon, «è abusiva e pende su di essa un’ordinanza di demolizione firmata dal nostro ufficio tecnico che ha rifiutato di condonare l’edificio». Per i vigili il primo sopralluogo nella casa risale al 2003, da allora l’abitazione è rimasta in via Prati Lunghi al centro di un contenzioso tuttora aperto con l’Amministrazione comunale che ora, spiegano in municipio, dopo che sono decorsi i termini dell’ordinanza di demolizione firmata nei mesi scorsi, avrebbe già attivato un procedimento per arrivare all’abbattimento del fabbricato in maniera coatta.

Fonte: Il Giorno articolo di Maurizio Magnoni 13/05/2010

Rho, Olona a rischio esondazione Vigili del fuoco sul posto

Mercoledì il torrente Bozzente, affluente dell’Olona, ha esondato in due punti, allagando una quindicina di abitazioni e due ditte. E' continua l'opera di monitoraggio dei vigili del fuoco

Milano, 13 maggio 2010 - Il maltempo continua e anche i danni aumentano. Lo sanno bene gli abitanti di Biringhello, nel comune di Rho, dove il 12 maggio il torrente Bozzente, affluente dell’Olona, ha esondato in due punti, allagando una quindicina di abitazioni e due ditte. Fin da stamattina continua l'opera di monitoraggio dei vigili del fuoco a Rho. Hanno resistito finora gli argini artificiali, fanno sapere i vigili del fuoco che con 10 operatori e 4 mezzi sono sul posto, ma se ricomincia a piovere c’è il rischio che si allaghi la strada statale Sempione, che passa vicino al fiume.

Romano La Russa, assessore alla Protezione civile- "La situazione idrogeologica in Lombardia è sotto controllo e non desta particolare preoccupazione - spiega l’assessore alla Protezione civile, polizia locale e sicurezza, Romano La Russa -. Grazie anche all’efficiente lavoro di coordinamento della nostra Protezione civile, le tre situazioni più critiche (fiume Olona, lago di Pusiano e città di Milano) sono rientrate già nella notte”. “Abbiamo avviato la verifica dei danni subiti dal territorio - ha spiegato l’assessore - per quanto riguarda le infrastrutture, le case e le attività produttive. Sarà mia premura adottare iniziative a sostegno dei settori maggiormente colpiti. La Protezione civile lombarda - ha concluso La Russa - è stata da subito mobilitata per garantire ai cittadini situazioni di totale sicurezza”.

Fonte: Il Giorno - 13/05/2010

martedì 4 maggio 2010

Depuratore di Lonate Pozzolo (VA) Dieci anni di inquinamento, chi inquina deve pagare



Idrocarburi e coloranti delle industrie di Busto Arsizio riversati nel Ticino, ancora effetti gravi sulla fauna ittica del 'ramo Marinone' del fiume azzurro

Legambiente plaude all'azione della Procura

Occorre andare avanti con l'inchiesta e chiarire le responsabilità degli enti della Provincia di Varese per gli scarichi illegali”

Un primo passo per il Ticino è stato fatto. L'azione della Procura, lungamente sollecitata dal nostro avvocato Veronica Dini, è stata fondamentale, il sequestro del depuratore di Sant'Antonino ha permesso di avviare a soluzione una situazione sfuggita di mano ai gestori. Ora la situazione è migliorata ma non abbastanza, perchè il Ticino continua a ricevere acque inquinate e nulla è stato fatto per eliminare gli scarichi abusivi in provincia di Varese. Chiediamo che la magistratura prosegua le indagini perchè ci sono ancora responsabili da individuare se si vogliono davvero risanare le acque del Fiume Azzurro”. Claudio Spreafico, presidente del circolo Legambiente di Turbigo, commenta così, in vista dell'udienza prevista per giovedì, la situazione attuale di grave inquinamento del Ticino, denunciata da un esposto dell'associazione nel lontano 2004.

Il sequestro dell'impianto disposto dalla Procura di Busto è l'ultimo capitolo di una vicenda durata un decennio (vedi scheda): nell'ambito delle attività di controllo imposte dalla Procura, l'ARPA Lombardia ha sviluppato un piano di analisi e monitoraggio che ha permesso di rilevare gravi carenze, documentate da rapporti semestrali. A fronte di queste evidenze, con fondi regionali sono stati avviati importanti interventi che, secondo i cronoprogrammi, produrranno rilevanti benefici, ma non prima dei prossimi due anni. E non è detto che questi benefici siano risolutivi, se non si metterà mano al grave problema di scarichi abusivi e irregolari, che persiste a monte e di cui sono responsabili la Provincia di Varese e alcuni comuni, in particolare Busto Arsizio. A preoccupare è in particolare la qualità disastrosa dei liquami provenienti dalle fognature bustocche.

Le analisi di ARPA hanno messo in evidenza concentrazioni altissime di idrocarburi e coloranti, sicuramente provenienti dalle tintostamperie di Busto – rivela Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - L'attuale configurazione del depuratore non permette di gestire le portate del collettore di Busto, che alle prime piogge vengono by-passate senza trattamento”. Le fogne bustocche sono pesantemente contaminate da liquami industriali, carichi di idrocarburi, coloranti e detergenti impiegati nella stampa dei tessuti, ma delle cui origini non si sa nulla, poiché il comune di Busto non ha mai delegato il consorzio di depurazione ad effettuare i controlli degli scarichi, necessari per stabilirne la conformità e le tariffe di conferimento in base al principio chi inquina, paga. “Chiediamo alla Procura di Busto di non fermarsi ai primi, importanti risultati raggiunti, ma di proseguire ed estendere le indagini, per individuare le responsabilità degli amministratori pubblici che, attenuando o impedendo i controlli, hanno reso possibile una situazione di grave inquinamento delle acque superficiali e sotterranee consentendo un vero e proprio dumping ambientale a vantaggio delle industrie insediate nel Bustocco. - Conclude Di Simine - Siamo in una situazione di evidente e grave carenza del controllo pubblico sulla gestione idrica e l'effetto di questa situazione è che chi inquina, non paga, e chi deve bonificare non ha i soldi per farlo. Alla fine comunque qualcuno paga per tutti: il Ticino”.


L'Ufficio stampa Legambiente Lombardia 0287386480


SCHEDA - La vicenda dell'inquinamento del Ticino: dopo dieci anni di errori le ferite sono ancora aperte

Il grave inquinamento delle acque del Ticino e, in particolare, del suo ramo Marinone, si trascina da un decennio. Da sempre frequentato per il pregio del suo ambiente naturale e delle sue acque, il Marinone diventò qualcosa di simile ad una fogna a partire dal 2001 anno in cui, per attuare il risanamento dell'area di spagliamento del torrente Arno, tra Lonate Pozzolo (VA) e Castano Primo (MI), le acque del torrente e quelle del depuratore (che vi scarica l'equivalente di una città di mezzo milione di abitanti) vennero deviate nel Ticino. Il torrentello non è mai stato un affluente del Ticino: la sua modesta portata infatti veniva assorbita dai suoli permeabili di una vasta area di spagliamento tra le province di Varese e di Milano. Ma negli anni le acque dell'Arno sono cambiate, in qualità e portata: acque divenute luride a causa di molti scarichi abusivi, a cui si è sommato l'effluente del depuratore di Sant'Antonino: scarico che, dopo la depurazione, restava nero per i coloranti delle industrie tessili del Bustese e contaminato da detergenti e idrocarburi, oltre che da coliformi e ammoniaca, perchè il funzionamento del depuratore è sempre stato insoddisfacente, a causa di inadeguatezze impiantistiche e di insufficienti manutenzioni.

Negli anni '90, dopo l'allacciamento al depuratore degli scarichi di Malpensa e della fognatura di Busto, le portate scaricate nell'Arno sono aumentate enormemente, diventando un problema sanitario e di sicurezza per i centri abitati circostanti, insidiati dalla espansione della laguna in cui l'Arno terminava il suo corso. Per questo nel 1998 Regione, Parco del Ticino ed Enti Locali sottoscrissero un accordo di programma per migliorare la depurazione e deviare il corso del torrente verso un'area di spagliamento artificiale, che solo in caso di piena eccezionale avrebbe dovuto scaricare le portate in eccesso nel Ticino, separando lo scarico del depuratore che, dopo un trattamento di affinamento depurativo, avrebbe dovuto giungere nel canale industriale che alimenta il Naviglio Grande, e nella rete dei canali irrigui del Consorzio Villoresi.

Questo era quanto prevedeva l'accordo di programma, ma il mancato rispetto di obblighi e scadenze, unito alle cattive prestazioni del depuratore, ha messo rapidamente fuori uso le vasche di spagliamento artificiale, attivate prima che gli scarichi venissero deviati, causando lo scarico continuo delle acque luride direttamente in Ticino. Un inquinamento gravissimo, durato anni e di cui ancora si registrano effetti: l'ultimo rapporto ARPA, consegnato lo scorso marzo, documenta la mancanza di specie ittiche pregiate, come lo scazzone e il barbo, a valle del punto di sversamento, oltre a sensibili peggioramenti nelle concentrazioni di azoto e fosforo.

La situazione di grave disastro ambientale fu denunciata nel 2004 da Legambiente, che per questo depositò un esposto-denuncia alla Procura di Busto. Prima di allora, Legambiente, insieme ai comitati, aveva raccolto migliaia di firme di cittadini indignati per il gravissimo inquinamento che avveniva sotto i loro occhi e senza che gli enti responsabili sembrassero intenzionati a farsene carico. La fondamentale azione della Procura, lungamente sollecitata, ha portato al sequestro del depuratore che, affidato ai controlli del NOE e dei tecnici di ARPA, ha permesso di mettere sotto controllo una situazione sfuggita di mano ai gestori: ciò appare chiaro dalle analisi riportate nei rapporti redatti da ARPA Lombardia, da cui risulta una evidente insufficienza delle prestazioni del depuratore. Perciò La Regione ha già stanziato risorse per interventi che, in capo a un paio d'anni, dovrebbero permettere di riportare la situazione alla normalità, almeno per quanto riguarda il depuratore. Ma non è detto che questi benefici siano risolutivi, se non si metterà mano al grave problema di scarichi abusivi e irregolari, che persiste e di cui sono responsabili la Provincia di Varese e alcuni comuni, in particolare Busto Arsizio.

Fonte: Comunicato Stampa Legambiente Lombardia - Milano, 4 maggio 2010



Arcipelaghi, paludi e specie rare addio all' ultimo paradiso americano


ROMA - In prima fila c' è l' arcipelago delle Chandeleurs, rifugio delle sterne e dei pellicani bruni, santuario della biodiversità, lingua di sabbia chiara che sta per annegare nel bitume. Poi, scavalcato e conquistato il primo avamposto di natura, la catastrofe nera aggredirà le paludi della Louisiana, con gli alligatori e i lamantini, una specie vicina ai delfini, che saranno coperti di greggio. A meno di un miracolo, nel giro di poche ore uno dei più importanti ecosistemi americani subirà un colpo dal quale non potrà riprendersi per decenni. Solo a una settimana dalla prima segnalazione, annunciata in sordina quasi fosse poco più di un incidente di routine, la portata del disastro si sta rivelando in tutta la sua drammaticità. Mentre altre trivelle sono in attesa del via libera per esportare il rischio nell' area artica, si comincia a profilare un bilancio da incubo per la Louisiana. «L' onda di greggio che sta per abbattersi sulle coste provocherà effetti micidiali. È a rischio il principale sito di pesca degli Stati Uniti», spiega Massimiliano Rocco, responsabile Wwf per le specie a rischio. Ad essere minacciato è uno dei paradisi della natura americana. «Non ci si aspetterebbe di vedere le mante in America, eppure al largo della Louisiana si possono fare incontri degni dei mari tropicali», racconta Alberto Luca Recchi, naturalista e documentarista, esperto di quei mari. «E' una zona di una bellezza incredibile. Il gioco di terra e acqua salmastra, sulle coste, non ha niente da invidiare al paesaggio del delta dell' Okawango, uno dei miti dei grandi viaggi in Africa. E il mare è straordinariamente ricco di vita. Che tutto rischi di venire cancellato dal petrolio mi dà i brividi". «Ci vorranno 50 anni prima che l' ecosistema si riprenda dalla catastrofe», prevede Silvio Greco, l' esperto dell' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). «Questo rischia di essere il più grande disastro naturale della storia americana. Gli effetti del petrolio si faranno sentire a tutti i livelli, dai microrganismi di cui si nutrono pesci e crostacei fino ai grandi cetacei e agli uccelli. Molte delle sostanze tossiche si accumulano infatti man mano che si sale nella catena alimentare fino ad arrivare agli animali più grandi, mentre quelle che si depositano sul fondo provocano effetti di lunga durata». Oltretutto il disastro non poteva capitare in un momento peggiore, visto che questo è il periodo in cui la maggior parte degli animali si ferma per riprodursi nella zona colpita dalla marea nera. Tra le specie piùa rischio c' è il tonno atlantico, già in via di estinzione: deposita le uova nel golfo del Messico tra metà aprile e metà giugno. In pericolo anche le tartarughe marine. Nel golfo infine c' è una delle nursery preferite dagli squali. Gli effetti dell' aggressione da petrolio saranno lunghi. L' azione di contenimento meccanico, che ha qualche efficacia solo se il mare è relativamente tranquillo, serve a ridurre l' impatto della patina oleosa sulla superficie dell' acqua. Ma questo impatto, pur se grave, è relativamente breve. Ben più devastante è l' effetto prodotto dall' inabissamento delle sostanze inquinanti che vanno a deporsi sul fondo del mare come un sudario che resiste per decenni.

Fonte: Repubblica — 30 aprile 2010 - ANTONIO CIANCIULLO

Marea nera, anche il governo Usa conferma: «Tre mesi per tappare falle»

Il ministro Salazar e il capo della Bp: «Valvola difettosa, nessun errore umano»

Tra 6-8 giorni una «cupola» per bloccare la fuoriuscita di greggio sotto il mare. Intanto arriva Obama

MILANO - Il governo Usa ha confermato quanto i tecnici avevano già fatto trapelare: occorreranno tre mesi per tappare le tre falle sottomarine dalle quali fuoriscono 5 mila barili di petrolio al giorno (pari a 800 mila litri). «Il nostro lavoro è tenere il fiato sul collo a Bp perché tenga fede alle sue responsabilità che ha, sia per legge che contrattualmente. Devono fermare la perdita», ha detto il ministro dell'Interno americano Ken Salazar. «È una società da molti miliardi di dollari e il governo degli Stati Uniti non risparmierà sforzi per far sì che ogni risorsa sia messa a frutto». Secondo il ministro «non c'è dubbio» che la valvola che avrebbe dovuto prevenire perdite di petrolio fosse difettosa. Per bloccare la fuoriuscita di greggio si sta pensando di scavare un secondo pozzo che intercetti il flusso del primo, ma ci vorranno tre mesi. Intanto il presidente americano Barack Obama si è recato personalmente a Venice per constatare gli effetti dello sversamento di greggio. E in una breve conferenza stampa ha detto che questo «è il peggior disastro ambientale di sempre».


TARTARUGHE MARINE: cinque delle sette specie di tartarughe marine conosciute hanno fra le rotte migratorie proprio il delta del Mississipi. Le Caretta Caretta si nutre nelle acque calde del golfo tra maggio e ottobre (Toru Hanai/Reuters - da globalpost.com)

BP SI GIUSTIFICA - Il presidente di Bp America, Lamar McKay, in un'intervista alla Abc, ha affermato che è tutta colpa di in un «pezzo dell'equipaggiamento difettoso», allontanando quindi le ipotesi di un errore umano. McKay ha detto che nel giro di 6-8 giorni le falle dovrebbero essere coperte da una «cupola» e non ha confemato che la stima di 5 mila barili al giorno di perdite sia corretta. La cupola sulle tre falle impedirà al greggio di disperdersi in acqua e aspirerà il petrolio portandolo in superficie.

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE - La marea nera rischia di aggravarsi ulteriormente a causa delle avverse condizioni meteorologiche. Uno schieramento impressionante di uomini e mezzi è stato dispiegato nella zona. Il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, ha detto di essere stato informato dai responsabili federali che il grosso della macchia di petrolio non raggiungerà le coste che domenica pomeriggio, ora americana. «La macchia di petrolio minaccia non solo le paludi e la pesca, ma anche il nostro stesso modo di vita», ha affermato il governatore. Diverse operazioni sono in corso simultaneamente per cercare di difendere le coste del Golfo del Messico, tanto da parte dei militari e della Guardia costiera che da parte della Bp. Diverse squadre continuano a spargere da navi e aerei prodotti chimici biodegradanti, mentre si prosegue nell’operazione di installazione di oltre 84 chilometri di barriere galleggianti. Nel frattempo sono stati pompati più di 3,8 milioni di litri di petrolio mischiato ad acqua. Quattro robot sottomarini stanno cercando di chiudere la valvola di sicurezza difettosa del pozzo. Obama ha nominato l’ammiraglio Thad Allen, che ha già operato sul campo dopo l'uragano Katrina, alla guida dell'emergenza. L'Institute for Marine Mammal Studies di Gulfport (Mississippi) si sta preparando per soccorrere gli animali colpiti dalla marea nera.

Fonte: Corriere della Sera - Redazione online 02 maggio 2010 (ultima modifica: 03 maggio 2010)

La storia dei principali danni all'ambiente causati dal petrolio. Il disastro più grave dopo i pozzi in Iraq.


Immagine: www.3bmeteo.com

Secondo gli esperti in Louisiana i danni saranno simili a quelli prodotti dagli incendi causati dai soldati di Bagdad

WASHINGTON – Il disastro del pozzo BP nel Golfo del Messico rischia di essere il più grave da quello dei pozzi del Kuwait nel ’91, quando l’esercito iracheno in ritirata diede loro fuoco e contemporaneamente rovesciò 8 milioni di barili di greggio dagli oleodotti nel Golfo Persico. Lo dicono gli esperti, richiamandosi allo scoppio di un altro pozzo sottomarino nel ’79, sempre nel Golfo del Messico, quello della Ixtoc, che diffuse nelle acque oltre 2 milioni di barili: la fuoriuscita del greggio incominciò a giugno del ’79 e fu completamente bloccata solo a marzo dell’80. Oggi, i superiori mezzi tecnici dovrebbero ridurre i tempi drasticamente, ma esperti come Mike Miller, della Safety boss canadese, e John Ocevar di Greenpeace parlano di tre mesi.


IL PARAGONE CON LA EXXON VALDEZ - «Tutti paragonano l’attuale disastro a quello della petroliera Exxon Valdez lungo le coste dell’Alaska nell’89 ma più che con essa il paragone va fatto con il Kuwait» dichiara Miller. Nell’89, la Exxon Valdez, incagliatasi sulla scogliera davanti a un santuario ecologico, la baia di Pince Williams, scaricò quasi tutto il suo greggio contaminando quasi 2 mila chilometri di coste e uccidendo centinaia di migliaia di uccelli e altre specie animali. Gli esperti non temono soltanto che con il pozzo BP la catastrofe si ripeta, ma anche che la macchia di greggio nel Golfo del Messico, se non verrà contenuta, assuma dimensioni gigantesche. Quella del Golfo Persico, all’apice della prima guerra dell’Iraq, raggiunse una lunghezza di 166 km, una larghezza di 68 km e uno spessore di 12 – 13 cm, un dramma ritenuto irripetibile. L’incendio dei pezzi del Kuwait fu domato dopo alcuni mesi grazie agli interventi del Pentagono e di un leggendario tecnico americano, Red Adler, alle cui imprese Hollwyood aveva dedicato un film con John Wayne. Il disastro della Exxon Valdez non fu il più grave mai occorso alle petroliere.

L'INCIDENTE PIU' GRAVE - Il triste record appartiene alla Atlantic Empress, che nel ’79, un anno sfortunato per la industria del greggio, si scontrò con un’altra, la Aegean Captain, nel mare dei Caraibi in tempesta, perdendo 26 marinai e l’intero carico. La pesca e la navigazione presso Tobago rimasero paralizzate per alcuni mesi, con danni enormi al turismo nelle splendide isole.
L’ammiraglio Thad Allen della Guardia costiera americana, che partecipa all’operazione di chiusura del pozzo BP e di contenimento della macchia, spera di evitare il peggio. Ma a differenza di quanto accadde nell’89 in Alaska, oggi è in serio pericolo oltre all’ambiente anche la economia della Louisiana, già danneggiata dall’uragano Katrina nel 2005: la sua industria della pesca, valutata duemila miliardi, conta su ingenti risarcimenti danni, alcune ditte hanno già querelato la BP.

Fonte: Corriere della Sera - Ennio Caretto 30 aprile 2010

Usa, piattaforma esplosa Il petrolio verso le coste


Greggio su 1.500 km. «Disastro ambientale»

TUCSON - Trentadue navi, quattro robot sottomarini e aerei speciali. È una vera Armada quella mobilitata per evitare il disastro ambientale al largo della Louisiana. Dalla piattaforma della Bp esplosa martedì ed affondata giovedì escono mille barili di greggio al giorno. Una gigantesca marea nera cresciuta, nelle ultime ore, del 50 per cento: le valutazioni dei tecnici ritengono che copra ormai un' area di 1.500 chilometri quadrati. Una macchia che si sposta - dicono le vedette - verso nord e che potrebbe arrivare sulle spiagge entro 3 giorni. I rischi di inquinamento riguardano le coste di Florida, Louisiana e Mississippi. In particolare la marea potrebbe creare danni irreparabili ad una zona già colpita in modo severo dall' uragano Katrina. E' in pericolo, tra gli altri, l' arcipelago della Chandeleurs, a soli trenta chilometri dal punto del disastro, così come una vasta regione che accoglie delfini, gamberi e aree dove trovano ospitalità molte specie di uccelli e alligatori. Senza contare l' impatto per le località turistiche si affacciano sul Golfo del Messico. Costruita nel 2001 per conto della società svizzera Transocean e usata dalla British Petroleum, la piattaforma è stata messa fuori uso da una potente deflagrazione che ha causato un incendio e la morte di 11 operai, oltre al ferimento di altri 17. Successivamente l' enorme struttura - lunga 132 metri e in grado di estrarre 90 mila litri di petrolio al giorno - è colata a picco. Ma i responsabili hanno sostenuto che non vi sarebbero stati pericoli per l' ambiente. Un' affermazione smentita in modo drammatico. A causa di «fratture» prodottosi nelle tubature, il petrolio ha iniziato a diffondersi in modo rapido e la macchia si è ampliata.

L' attacco alla piattaforma avviene su tre livelli. In superficie opera una flottiglia di battelli della Guardia costiera che con barriere e solventi svolgono una funzione di contenimento. Dall' alto, l' onda nera viene «bombardata» da aerei che lanciano liquidi speciali. Più delicata ed importante la missione affidata a dei robot sottomarini: devono saldare un «buco» in una condotta a 1500 metri di profondità. Ma se falliranno l' impatto sarà terribile. Senza contare le polemiche politiche visto che il presidente Obama vuole rilanciare le trivellazioni petrolifere nel Golfo del Messico e in Atlantico. Gli esperti sottolineano che è necessario contenere la marea in queste ore e poi aggredirla con i detergenti. Con il passare del tempo il petrolio subirà delle modificazioni chimiche che renderanno più complesso - se non impossibile - un intervento. E difficoltà impreviste sono emerse durante il fine settimana quando le pessime condizioni climatiche hanno ostacolato il compito delle squadre di soccorso. Dalla Louisiana alla Florida si prega e si lavora per evitare il disastro. Guido Olimpio RIPRODUZIONE RISERVATA rogo nell' impianto Il precedente Il 6 luglio del 1998 la piattaforma petrolifera Piper Alpha, operante nel Mare del Nord a circa 200 chilometri da Aberdeen in Scozia, si incendiò a causa di una notevole fuga di gas. I morti furono 167. Lo studio Marsh, sulle tragedie nel settore degli idrocarburi, la considera la peggiore degli ultimi 40 anni. Dopo Piper Alpha, le compagnie decisero di cambiare gli standard di sicurezza delle piattaforme

Fonte: Olimpio Guido (27 aprile 2010) - Corriere della Sera

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