martedì 4 maggio 2010

Arcipelaghi, paludi e specie rare addio all' ultimo paradiso americano


ROMA - In prima fila c' è l' arcipelago delle Chandeleurs, rifugio delle sterne e dei pellicani bruni, santuario della biodiversità, lingua di sabbia chiara che sta per annegare nel bitume. Poi, scavalcato e conquistato il primo avamposto di natura, la catastrofe nera aggredirà le paludi della Louisiana, con gli alligatori e i lamantini, una specie vicina ai delfini, che saranno coperti di greggio. A meno di un miracolo, nel giro di poche ore uno dei più importanti ecosistemi americani subirà un colpo dal quale non potrà riprendersi per decenni. Solo a una settimana dalla prima segnalazione, annunciata in sordina quasi fosse poco più di un incidente di routine, la portata del disastro si sta rivelando in tutta la sua drammaticità. Mentre altre trivelle sono in attesa del via libera per esportare il rischio nell' area artica, si comincia a profilare un bilancio da incubo per la Louisiana. «L' onda di greggio che sta per abbattersi sulle coste provocherà effetti micidiali. È a rischio il principale sito di pesca degli Stati Uniti», spiega Massimiliano Rocco, responsabile Wwf per le specie a rischio. Ad essere minacciato è uno dei paradisi della natura americana. «Non ci si aspetterebbe di vedere le mante in America, eppure al largo della Louisiana si possono fare incontri degni dei mari tropicali», racconta Alberto Luca Recchi, naturalista e documentarista, esperto di quei mari. «E' una zona di una bellezza incredibile. Il gioco di terra e acqua salmastra, sulle coste, non ha niente da invidiare al paesaggio del delta dell' Okawango, uno dei miti dei grandi viaggi in Africa. E il mare è straordinariamente ricco di vita. Che tutto rischi di venire cancellato dal petrolio mi dà i brividi". «Ci vorranno 50 anni prima che l' ecosistema si riprenda dalla catastrofe», prevede Silvio Greco, l' esperto dell' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). «Questo rischia di essere il più grande disastro naturale della storia americana. Gli effetti del petrolio si faranno sentire a tutti i livelli, dai microrganismi di cui si nutrono pesci e crostacei fino ai grandi cetacei e agli uccelli. Molte delle sostanze tossiche si accumulano infatti man mano che si sale nella catena alimentare fino ad arrivare agli animali più grandi, mentre quelle che si depositano sul fondo provocano effetti di lunga durata». Oltretutto il disastro non poteva capitare in un momento peggiore, visto che questo è il periodo in cui la maggior parte degli animali si ferma per riprodursi nella zona colpita dalla marea nera. Tra le specie piùa rischio c' è il tonno atlantico, già in via di estinzione: deposita le uova nel golfo del Messico tra metà aprile e metà giugno. In pericolo anche le tartarughe marine. Nel golfo infine c' è una delle nursery preferite dagli squali. Gli effetti dell' aggressione da petrolio saranno lunghi. L' azione di contenimento meccanico, che ha qualche efficacia solo se il mare è relativamente tranquillo, serve a ridurre l' impatto della patina oleosa sulla superficie dell' acqua. Ma questo impatto, pur se grave, è relativamente breve. Ben più devastante è l' effetto prodotto dall' inabissamento delle sostanze inquinanti che vanno a deporsi sul fondo del mare come un sudario che resiste per decenni.

Fonte: Repubblica — 30 aprile 2010 - ANTONIO CIANCIULLO

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