giovedì 30 luglio 2009

Goletta dei Laghi 2009


Acque inquinate in 14 punti sul lago di Garda, dove le analisi hanno rilevato una concentrazione di batteri fecali al di sopra dei limiti di legge. Sei sono sulla sponda lombarda, 2 su quella trentina e infine gli altri 6 sulla costa veneta. Sui quattordici laghi italiani monitorati da Legambiente, in 6 regioni, alla fine sono stati 65 i campioni risultati inquinati. Tra i bacini più grandi la maglia nera nazionale va al lago di Como - con 15 punti critici, in media uno ogni 11 km di costa - e all’Iseo - con 9 campioni fuori dai limiti, mediamente uno ogni 7 km -.

Questo il bilancio complessivo al termine della sesta e ultima tappa della Goletta dei Laghi, la campagna per il monitoraggio e l’informazione dei bacini lacustri, quest’anno alla ricerca dei punti critici sulla qualità delle acque, realizzata in collaborazione con il COOU (Consorzio Obbligatorio Oli Usati). I dati sono stati comunicati oggi durante una conferenza stampa a cui hanno partecipato Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente e Barbara Meggetto, direttrice di Legambiente Lombardia.

Riflettori accesi dunque sul più grande bacino italiano che si estende in tre differenti regioni: Lombardia, Veneto e Trentino. Tre i punti risultati fortemente inquinati sulla sponda lombarda. Di questi, due sono “vecchie conoscenze” della Goletta dei Laghi, Desenzano e Limone del Garda, a cui quest’anno si aggiunge la new entry di Tignale, frutto delle segnalazioni al servizio “SOS Goletta” di Legambiente. Inquinati invece i punti a Moniga, Salò e Toscolano Maderno.

“Anche sul Garda c’è bisogno di urgenti interventi infrastrutturali, a partire dal basso lago - dichiara Barbara Meggetto, direttrice di Legambiente Lombardia -. Occorre adeguare il sistema di depurazione, anche alla luce dei nuovi sciagurati piani di sviluppo urbanistico, basati molto spesso sulla costruzione di seconde case. Bisogna risolvere il problema dei 130 sfioratori che scaricano a lago reflui non depurati durante le piogge, separando laddove possibile la rete delle acque bianche da quelle nere. E’ solo con questi interventi che si migliora la salute dei laghi e non cambiando ‘frettolosamente’ la normativa, così come ha fatto la Regione Lombardia”.

Il Pirellone ha infatti cambiato le regole del gioco anticipando l’entrata in vigore della nuova normativa sulla balneazione, il d.lgs. 116/2008, nonostante il decreto mille proroghe e una successiva circolare del ministero della Salute prevedessero anche per l’estate 2009 il monitoraggio delle acque secondo la vecchia legge del 1982, utilizzata da tutte le altre regioni italiane e dai tecnici della Goletta dei Laghi. Nel fare questo la Regione Lombardia non ha aspettato il completamento dell’iter del Ministero della Salute con l’approvazione del decreto attuativo senza il quale la nuova normativa non è pienamente applicabile, oltre a risultare più permissiva.

Con il cambio della normativa lombarda sulla balneazione, che Legambiente ha definito una “magia alla Houdini”, a diventare puliti “per decreto” sul lago di Garda sono ben 4 punti sui 6 riscontrati inquinati dall’associazione: Moniga, Salò, Toscolano Maderno e Limone del Garda.

Ma la Goletta ha analizzato tutto il lago di Garda. Sulla sponda veneta sono risultati fuori dai limiti 6 campioni. In particolare fortemente inquinati sono i 4 punti di Peschiera del Garda, Castelnuovo del Garda, Lazise e Bardolino. Inquinati invece i due campioni prelevati a Garda e a Torri del Benaco. In Trentino off limits invece i punti campionati a Torbole del Garda, risultato fortemente inquinato, e a Riva del Garda, dove ad essere inquinata è la foce dei fiumi Albore e Varone.

Si conclude dunque sul Garda il lungo viaggio della Goletta dei Laghi. I tecnici del laboratorio mobile hanno monitorato, in un mese, ben 14 laghi in 6 regioni (Lazio, Umbria, Piemonte, Lombardia, Veneto e Trentino). Alla fine sono 65 i punti critici rilevati da Legambiente, di cui 35 fortemente inquinati. Dal bilancio complessivo della campagna ambientalista emerge un dato significativo: è allarme foci sui laghi italiani. Infatti oltre la metà dei campioni risultati fuori dai limiti (35) è stata prelevata allo sbocco di torrenti e fiumi che scaricano a lago anche i reflui non depurati dei centri abitati delle aree interne. Dieci le foci trovate inquinate sul Garda, 6 sull’Iseo e sul Maggiore, 5 sul lago di Como, tre sul lago di Fondi nel Lazio e 2 sul Trasimeno in Umbria.

I dati di Goletta dei laghi confermano quanto emerso recentemente a proposito della mancata depurazione dei reflui fognari. È di qualche settimana fa la notizia dell’imminente avvio della procedura d’infrazione europea per la mancata applicazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue in ben 525 comuni con oltre 15mila abitanti. Dati confermati dal Rapporto Blue Book 2009 di Utilitatis e Anea secondo il quale l’85% degli italiani è servito dalla rete di fognatura e solo il 70% da un impianto di depurazione.

“I numeri sulla mancata depurazione delle acque reflue sono da vera e propria emergenza nazionale - dichiara Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente -. Siamo stanchi di sentir parlare di grandi e inutili infrastrutture, come il ponte sullo Stretto di Messina o le nuove autostrade del Nord Italia, quando si potrebbero utilizzare quelle risorse per opere pubbliche meno visibili ma più utili, come ad esempio i sistemi di fognatura e trattamento dei reflui fognari, evitando di pagare le sanzioni europee. Per garantire la salute dei bagnanti e la tutela dell’ambiente è necessario che entro la fine dell’anno il Ministero della Salute approvi il decreto attuativo, completando la normativa di recepimento della direttiva sulla balneazione. Solo così manterremo quel primato europeo che il nostro paese detiene dal 1982”.

Per il quarto anno consecutivo Goletta dei Laghi si è svolta anche grazie al contributo di COOU, il consorzio che in Italia ha l’importante compito di recuperare gli oli usati: grave minaccia per l’ambiente, specie se versati nelle acque dei nostri laghi. “L’olio lubrificante usato - ha detto Paolo Tomasi, Presidente del Consorzio Obbligatorio Oli Usati - è un rifiuto pericoloso. Basti pensare che, se versati in un lago, 4 kg di olio usato - pari al cambio d’olio di una sola auto - inquinano una superficie grande quanto sei piscine olimpiche. Ma se correttamente recuperato l’olio usato può trasformarsi in una preziosa risorsa economica. In 25 anni di attività, attraverso la rigenerazione, il COOU ha consentito all’Italia di risparmiare 1 miliardo di euro sulle importazioni di petrolio. Risultati del genere sono resi possibili anche grazie alla collaborazione di tutti. Partecipare a “Goletta dei laghi” ci consente di rafforzare questa alleanza con il nostro interlocutore più importante: il cittadino”.

Comunicato stampa Legambiente 30/7/2009

mercoledì 15 luglio 2009

Clostridium perfringens (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera)


I casi

Nell'ultimo mese sono stati due i casi assurti all'onore delle cronache per malori e problemi legati ad una cattiva gestione della rete acquedottistica con molti casi di intossicazione da Clostridium: San Felice del Benaco sul Lago di Garda e Vello sul Lago d'Iseo. In entrambi i casi l'ente gestore pesca dalle acque dei laghi, ma evidentemente sia lo stesso ente che l'Asl non dispongono opportuni controlli.

Chi è?

Il Clostridium perfringens (noto in precedenza come Clostridium welchii) è un batterio gram-positivo, a forma di bastoncello, anaerobico e sporigeno, appartenente al genere Clostridium. C. perfringens è ubiquitario in natura è può essere trovato come un normale componente di vegetali in decomposizione, nel sedimento marino, nel tratto intestinale degli esseri umani e di altri vertebrati, negli insetti e nel suolo. Virtualmente ogni campione di suolo che sia esaminato, ad eccezione delle sabbie del Sahara, contiene C. perfringens.

Caratteristiche di infezione

Il C. perfringens si incontra normalmente nelle infezioni come componente benigna della normale flora. In questi casi, il ruolo giocato nella malattia è minore. Infezioni a carico di C. perfringens mostrano evidenza di necrosi dei tessuti, batteremia, enfisema colecistiti, e cancrena gassosa, conosciuta anche come mionecrosi. La tossina coinvolta nella cancrena gassosa è nota con il nome di α-tossina, che produce alterazioni nella membrana cellulare, interferendo con le sue normali funzioni. La gangrena gassosa è un processo che ha inizio con l'ingresso di spore in una ferita scarsamente ossigenata, queste una volta germinate se produrranno specifiche tossine (alfa e teta) indurranno la degenerazione del tessuto molle adiacente con relativa produzione di gas. Il gas conferirà alla zona un caratteristico crepitio.

L'azione del C. perfringens sui cadaveri è nota al personale cimiteriale come gas tissutale e può essere evitata solo dall'imbalsamazione.

Avvelenamento da cibo

Alcuni ceppi di C. perfringens producono una tossina che causa l'avvelenamento da cibo se ingerita. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti sono la terza causa più comune di malattie derivate dagli alimenti, con carne e pollame non ben cucinati come principali colpevoli di albergare il batterio. L'enterotossina clostridiale che media la malattia è spesso resistente al calore e può essere ritrovata nei cibi contaminati e nelle feci.

L'incubazione è tra le 8 e le 16 ore dopo l'ingestione del cibo contaminato. Manifestazioni tipiche sono crampi addominali e diarrea - vomito e febbre sono più rari. L'intero corso della malattia si risolve in circa 24 ore. Rarissimi sono i casi fatali da enterite clostridiale necrotizzante in cui si sa essere convolto il "Tipo C" dell'organismo, che produce la β-tossina, che è potenzialmente ulcerante. Pare che molti casi di avvelenamento da cibo a carico di C. perfringens rimangano sub clinici, dato che anticorpi contro la tossina sono diffusi nella popolazione. Questo porta alla conclusione che, se non tutta, almeno la maggioranza della popolazione ha sperimentato un avvelenamento da cibo dovuta a C. perfringens.


lunedì 13 luglio 2009

LEGAMBIENTE – CONTRATTO DI FIUME OLONA, LURA, BOZZENTE

SULL'OLONA LA SFIDA PIU' IMPEGNATIVA: APPUNTAMENTO AI MULINI DI GURONE (Malnate, VA) PER UN BAGNO NEL FIUME DEI VARESINI

La qualità delle acque dell'Olona rimane estremamente preoccupante in vista delle scadenze imposte dalla direttiva 2000/60 che richiede, entro il 2015, il raggiungimento di un giudizio di qualità "buono" per tutti i fiumi d'Europa. Una sfida che sembra impossibile per alcuni corsi d'acqua del bacino del Po, che attraversano zone ad alta densità di popolazione e industrie, e sicuramente l'Olona è quello su cui si concentrano le preoccupazioni: il quadro ambientale del bacino di questo fiume è gravissimo, per i ritardi accumulati e le insufficienze delle reti di fognatura e collettori, che fanno sì che gran parte degli insediamenti assiepati lungo le sponde del fiume continui tutt'ora a scaricare acque luride che non hanno subito alcun trattamento depurativo.

'Siamo pienamente consapevoli della gravità della situazione e delle responsabilità che ne derivano – dichiara Massimo Buscemi, Assessore alle Reti e Servizi di Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile di Regione Lombardia – per questo dal 2004, con la sottoscrizione del Contratto di Fiume dell'Olona-Lura-Bozzente, abbiamo avviato una modalità di lavoro che coinvolge i 78 comuni del bacino, le tre province coinvolte e gli organismi regionali e del bacino del Po, imponendoci una serie di impegni e scadenze a tutti i livelli di responsabilità, affinchè ciascuno faccia la propria parte per arrivare insieme all'obiettivo del risanamento'

Dal monitoraggio effettuato dalla Regione Lombardia nell'ambito degli impegni assunti dal Contratto di Fiume, emerge che nell’intero bacino del fiume e dei suoi affluenti Bozzente e Lura ben il 67% degli scarichi civili non viene trattato. Per il solo tratto di fiume in provincia di Varese, il carico inquinante dell'Olona deriva per oltre il 75% da scarichi fognari diretti, a cui andrebbero sommati quelli, sempre non trattati, dispersi nel vasto bacino formato dagli affluenti minori e per i quali non esiste un censimento. Lungo le sponde dell'Olona varesino si aprono ben 1400 scarichi, la maggior parte dei quali sono immissioni di acque meteoriche o sfioratori di piena, ma si contanto anche 33 scarichi di collettori di acque fognarie non depurate, a cui si sommano 20 scarichi diretti di acque reflue domestiche, in gran parte non autorizzati, e 32 scarichi di acque industriali. Una situazione assurda che denota di quanta poca considerazione abbia goduto fino ad oggi il corso d'acqua che negli scorsi secoli è stato protagonista dello sviluppo di uno dei territori più ricchi e popolati della nostra regione. I ritardi per di più espongono la Lombardia al serio rischio di pesanti sanzioni comunitarie, come già in parte accaduto nel caso della mancata realizzazione del depuratore del Medio Olona.

'La nostra azione è sempre stata di denuncia degli inquinamenti e delle gravi omissioni che li hanno resi possibili – dichiara Dino De Simone, presidente di Legambiente Varese – e tale continuerà ad essere, ma oggi inauguriamo un nuovo corso delle politiche e dei progetti per il nostro fiume: vogliamo veder tornare i pesci, la vegetazione lungo le sponde, i lidi in cui bagnarsi. Sembra un sogno, e invece è una possibilità che dipende dalla determinazione con cui ogni ente, impresa e cittadino farà la propria parte nell'ambito del Contratto dell'Olona: il 2015 è vicino e non c'è tempo da perdere se vogliamo conquistarci un posto nell'Europa dei fiumi puliti'

Qualcosa si muove, ed infatti il sistema di collettamento che interessa i comuni di Gornate Olona, Castiglione Olona, Vedano Olona, Venegono, Lozza, Malnate e Gazzada è in via di completamento, ed entro la fine del 2009 il depuratore di Gornate Olona dovrebbe ultimare tutti i collaudi ed entrare in funzione. Un passo avanti importante, ma insufficiente: occorre realizzare molti chilometri di collettori per portare le acque luride ai depuratori, aumentare le potenzialità e migliorare le prestazioni dei depuratori stessi, riqualificare i corsi d'acqua per riportare la natura lungo le sponde e negli alvei. Per mantenere viva l'attenzione, Legambiente è scesa in campo al fianco di Regione Lombardia e degli attori istituzionali del Contratto di Fiume, per contribuire a divulgare i dati sulla qualità delle acque e dell'ambiente fluviale e monitorare i miglioramenti. La prima iniziativa pubblica si è svolta oggi, ai Molini di Gurone in comune di Malnate con il “grande salto” nell’Olona organizzato dai volontari varesini di Legambiente. L’evento si svolge in contemporanea a centinaia di tuffi organizzati lungo tutti i fiumi del continente dall'European River Network con la manifestazione 'Big Jump', ed è stata assunta come simbolo dalla campagna 'Operazione Po' di Legambiente.


Il Big Jump (www.bigjump.org) è una grande campagna nel corso della quale, in tutta Europa, migliaia di persone si tufferanno nei fiumi della loro città per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla qualità delle acque e sul recupero della balneabilità: il grande salto rappresenta la sfida alla quale i cittadini chiamano le loro istituzioni affinchè siano raggiunti gli obiettivi di qualità imposti dalla direttiva europea sulle acque: con l'impegno di tutti, anche l'Olona tornerà ad essere un fiume pulito!



Foto Big Jump Olona: http://picasaweb.google.com/lorenzo.baio/BigJumpOlona#

lunedì 6 luglio 2009

Italia nel mirino dell'UE per rifiuti e acque reflue



La Commissione Europea precisa che, nel caso del trattamento dei rifiuti, “ha deciso di inviare all'Italia l'ultimo avvertimento scritto sulle penalità che potrebbero colpirla se non intraprenderà azioni tempestive per chiudere e bonificare migliaia di siti illegali e incontrollati di smaltimento dei rifiuti nell'intero paese". L’Italia era già stata condannata nel 2007 dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ma nonostante l’invito del commissario per l'ambiente, Stavros Dimas, ad attuare rapidamente le iniziative occorrenti per ovviare alla situazione e dare piena attuazione alla normativa comunitaria in materia di ambiente, le autorità italiane non hanno ancora adottato le misure occorrenti per conformarsi alla sentenza. La seconda procedura messa in atto fa riferimento al mancato rispetto degli obblighi in materia di trattamento delle acque reflue. "Sono circa 325 i centri urbani – si legge nel testo della Commissione europea - che non possiedono un impianto di trattamento delle acque reflue conforme alle norme comunitarie".


Ecosportello News - Anno 8 Nr. 171 - 02 07 2009

venerdì 3 luglio 2009

L' acqua fai da te


MILANO «Mille litri, un euro». Un sorriso sotto i baffi, i soliti capelli un po' ribelli e una caraffa in mano, Massimo Cacciari - primo cittadino di Venezia - si è messo in affari. Siamo in recessione, gli italiani (e i Comuni) hanno in tasca pochi soldi. E lui ha fiutato il business: vende acqua. «Acqua Veritas, l' acqua del sindaco - dice riempiendosi un bicchierone nella pubblicità finita persino sulle pagine del New York Times - . Buona, sicura e controllata ogni giorno». Oro blu che parte da sorgenti vicine ai pozzi della concorrente San Benedetto (butta lì il quotidiano Usa) e sgorga nei rubinetti di tutte le case della laguna. Dopo una sbornia di minerale lunga quasi vent' anni, con i consumi di gasata e naturale cresciuti da 65 a 192 litri pro capite, l' Italia - Cacciari in testa - è tornata all' acqua fai-da-te. Basta bottiglie di plastica (smaltirle a Venezia costa quasi 250 euro a tonnellata). Basta spese inutili. Il Belpaese ha rispolverato le brocche, scoperto le caraffe filtranti - «le vendite sono decollate», dicono alla Laica, numero uno del settore - ed è riapprodato all' autarchia idrica. Venezia - dove la campagna di Veritas (la municipalizzata locale) ha fatto aumentare del 4% il numero dei cittadini che bevono acqua di rubinetto - non è sola. L' Acea a Roma, l' Acquedotto Pugliese e quello lucano hanno "etichettato" il loro prodotto come fosse una "griffe" da ristorante due stelle Michelin. Presentando sui propri siti le analisi organolettiche e il contenuto in minerali garantito da migliaia (350mila nella capitale) controlli l' anno. L' acqua naturale è riapparsa dopo un decennio sui tavoli delle mense scolastiche di Roma, Milano, Firenze e Bologna. Perugia, Abbiategrasso, Monterotondo, Cusano Milanino e tanti altri piccoli centri d' Italia hanno installato fontanelle pubbliche d' acqua gasata per placare la sete dei loro cittadini. A Torino e in Piemonte è partita la campagna Tvb. Non il melenso e abusato «ti voglio bene» da sms, ma «ti voglio bere», lo slogan che ha portato in centinaia di asili ed elementari della regione le borracce griffate e gli opuscoli che hanno accompagnato il ritorno della bevanda più vecchia del mondo a pranzo, evitando di riempire le discariche sabaude di 22 mila bottiglie di plastica al giorno. Economia ed ecologia, in effetti, in questo ritorno al passato della tavola nazionale, vanno a braccetto. «L' acqua del rubinetto costa 500 volte in meno della concorrente industriale - dice Luca Martinelli di Altraeconomia, autore della fortunatissima "Piccola guida al consumo critico dell' acqua" - . Ma come ha capito bene Cacciari garantisce anche un enorme risparmio ambientale». L' Italia produce 12,4 miliardi di bottiglie l' anno consumando 655 mila tonnellate di petrolio, scaricando in aria 910 mila tonnellate di CO2 e in pattumiera 200 mila tonnellate di polietilene, il cui smaltimento (solo un terzo viene riciclato) «è a carico di cittadini ed enti locali». Non solo. Otto litri di minerale su 10 percorrono in camion centinaia di chilometri per arrivare dalla sorgente agli scaffali dei supermercati e sui tavoli dei ristoranti. Bruciando ettolitri di gasolio. La qualità? «L' acqua del rubinetto non ha niente da invidiare a quella industriale - assicura Martinelli - . Ogni pozzo che garantisce da 100 a 10 mila litri, il fabbisogno di un piccolo capoluogo, è sottoposto a 70 controlli l' anno. Nelle grandi città le verifiche sono decine di migliaia. E una recente sentenza del Tar, ma non ce n' era bisogno, obbliga gli acquedotti pubblici alla trasparenza, pubblicando i risultati di tutti gli esami». I limiti di legge sono rigidi e valgono per tutti. E non a caso oltre 1.500 ristoranti nel Belpaese hanno aderito senza alcuna remora alla campagna "Imbrocchiamola" di Legambiente, offrendo esplicitamente in menù l' acqua del rubinetto. Liscia e gasata. A garantire le bolle d' anidride carbonica fai-da-te del terzo millennio non sono più Idriz e Frizzina - le magiche polverine degli anni ' 60 - ma i nuovi gasificatori, diabolici marchingegni che stanno iniziando a conquistare a ritmi vertiginosi le cucine degli italiani. «Noi abbiamo iniziato a proporli un anno fa - conferma Claudio Tagliapietra, direttore commerciale di Sodastream, uno dei leader sul mercato nazionale -. Ci eravamo posti un obiettivo di vendite che credevano molto ambizioso per il 2009 e l' abbiamo già raggiunto a maggio, viaggiando a 15 mila pezzi al mese». Merito di un mercato immaturo (in Svezia ci sono gasificatori nel 30% delle famiglie, da noi siamo a percentuali da prefisso telefonico) ma anche di una serie di accordi con le amministrazioni locali che si stanno tuffando nel business dell' acqua del sindaco. «A Venezia la Veritas vende a sconto i nostri modelli - conclude Tagliapietra - imputando a rate il costo in bolletta». L' industria della minerale, 321 marchi, 3,5 miliardi di giro d' affari e 8 mila addetti, ha accusato - com' era inevitabile - l' uno-due della crisi e del revival del rubinetto. «Le nostre vendite sono calate l' anno scorso (-1,7%) per la prima volta in dieci anni - ammette Ettore Fortuna, numero uno di Mineracqua, l' organizzazione di settore - anche perché la gente al supermercato privilegia le etichette meno care, snobbando quelle di fascia alta». La concorrenza degli acquedotti? «L' acqua di rubinetto e la nostra sono due cose completamente diverse - dice - : noi la recuperiamo in un giacimento sotterraneo profondo, protetto e incontaminato e la imbottigliamo alla fonte. Quella delle municipalizzate ha le provenienze più disparate. Torino la prende in parte dal Po, Firenze dall' Arno, poi la devono trattare, disinfettare e potabilizzare». Uno studio (ancora non pubblicato) commissionato dall' industria e contestato da Legambiente, sostiene Fortuna, «conferma che da un rubinetto su quattro esce acqua con tracce batteriologiche e "contaminanti di origine antropica"». Tutti in valori ben sotto i limiti massimi previsti dalla legge, però. E nella maggior parte dei casi - dice Martinelli - per colpa della mancata manutenzione degli impianti condominiali: «Le municipalizzate garantiscono un' acqua pura fino al contatore, poi troppo spesso gli amministratori si dimenticano di trattare le cisterne e le autoclavi». La riscossa del rubinetto non è un fenomeno solo italiano. Michael Bloomberg, sindaco di New York (forte di un acquedotto che attinge a 13 riserve e 3 laghi cristallini), ha impostato buona parte della sua campagna elettorale vincente proprio sull' addio alle minerali (negli Usa se ne beve un po' meno che da noi, anche per la concorrenza delle micidiali bevande zuccherate). Anche se nella patria di Wall Street e del business sono riusciti a mettere in commercio un' etichetta, "Tap' d NY" che vende a 2 dollari a bottiglia l' acqua del rubinetto imbottigliata (e c' è gente che la compra!). Parigi, che aveva ceduto ai privati i suoi acquedotti, ha fatto marcia indietro pochi mesi fa. La gestione di Veolia e Suez - per il primo cittadino Bertrand Delanoe - aveva peggiorato la qualità idrica e fatto decollare i prezzi. E così il Comune ha ripreso il controllo del servizio. Tutto il mondo è paese, insomma. L' autarchia idrica, complice la recessione, dilaga. Dalla Tour Eiffel all' Empire State Building, dalle case scandinave alla provincia italiana. Ultimo caso: l' apertura poche settimane fa di un distributore di H20 (si chiama proprio così) sulla strada Regina, due passi dalla villa di George Clooney sul lago di Como. Eroga, gratis, acqua limpida e purissima, liscia o gasata. Tutta prodotta della municipalizzata locale. Quella del comune di Acquaseria. Più di così... -

Repubblica — 13 giugno 2009 Articolo di Ettore Livini


SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA DOSSIER - ACQUA E AGRICOLTURA Occorre ridurre i fabbiso...