martedì 17 dicembre 2019

Conclusa COP25 di Madrid

Roma, 15 dicembre 2019                                                                                                          

Legambiente: “A Madrid nessuna risposta concreta dei governi alla grande mobilitazione dei cittadini per fronteggiare l’emergenza climatica.  I prossimi anni saranno crucialiL’Europa può e deve ridurre le sue emissioni di almeno il 65% entro il 2030

Madrid ai governi è  mancato il coraggio di rispondere con impegni concreti ai milioni di cittadini, soprattutto giovani, scesi nelle piazze di tutto il mondo per chiedere un’azione forte e immediata per fronteggiare l’emergenza climatica. Lassenza di una forte leadership dell’Europa non ha consentito un accordo tra le maggiori economie del pianeta per aumentare entro il 2020 gli attuali impegni di riduzione delle emissioni al 2030, in coerenza con la soglia critica di 1.5°C prevista dall’Accordo di Parigi. I prossimi mesi saranno cruciali. L’emergenza climatica non consente ulteriori rinvii. L’Europa deve subito avviare il processo di revisione degli attuali impegni di riduzione al 2030. La Commissione entro la primavera del 2020 deve presentare la proposta di aumento dell’obiettivo al 2030, in modo che i governi  possano raggiungere un accordo non oltre il Consiglio Europeo di giugno 2020. Solo così l’Europa può arrivare al Vertice Ue-Cina, in programma il prossimo settembre a Lipsia e per la prima volta a livello di capi di stato e di governo, con una proposta in grado di spingere la Cina a sottoscrivere un accordo ambizioso in vista della COP26 di Glasgow, così  Edoardo Zanchini vicepresidente  di Legambienteche ha seguito  in questi giorni  da Madrid il vertice sul clima, commenta  la conclusione  della COP25

Per quanto riguarda la COP25, Legambiente sottolinea che i pochi passi in avanti sono stati fatti sulla revisione del sistema di aiuti (Warsaw International Mechanism for Loss and Damage – WIM) per le comunità dei paesi poveri colpite da disastri climatici. Nessun impegno chiaro dei Paesi industrializzati a mettere a disposizione di queste comunità le risorse necessarie (almeno 50 miliardi di dollari entro il 2022) per una rapida ricostruzione e ripresa economica dei territori colpiti, evitando così anche il preoccupante aumento dei profughi climatici. Risorse queste aggiuntive ai 100 miliardi di dollari l’anno per il sostegno alle azioni di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici, già previsti per il 2020 e da estendere al 2025 in attesa della revisione complessiva del sistema di aiuti. Inoltre, non è stato raggiunto l’accordo sulle linee-guida riguardanti il ricorso ai meccanismi di mercato previsti dall’Accordo di ParigiRimangono forti divisioni, in particolare per quanto riguarda il phasing-out dei meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto e l’introduzione di criteri stringenti per evitare qualsiasi forma di “doppio conteggio” delle riduzioni di emissioni, in modo da garantire la necessaria ambizione ed integrità ambientale di tutti i meccanismi di mercato, nel pieno rispetto dei diritti umani.

Per fronteggiare l’emergenza climatica – aggiunge da Madrid Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente - si deve andare ben oltre il 55% già proposto da diversi governi europei, dall’Europarlamento e dalla Presidente della nuova Commissione Ursula van der Leyen. L’Europa può e deve ridurre le sue emissioni di almeno il 65% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, in coerenza con le indicazioni del recente Emissions Gap Report delle Nazioni Unite. Secondo il rapporto, per contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C, dal 2020 al 2030 le emissioni dovranno essere ridotte del 7.6% l’anno. Si tratta di un drastico cambio di passo se paragonato al trend attuale. In Europa, ad esempio, negli ultimi cinque anni le emissioni sono diminuite appena dello 0.25% annuo. L’Europa potrà così non solo contribuire al successo di Glasgow, ma soprattutto creare le necessarie condizioni politiche per accelerare la decarbonizzazione della nostra economia e dare gambe ad un vero Green New Deal Europeo”.

Per Legambiente in questo modo sarà possibile affrontare con determinazione l’emergenza climatica, accrescere la competitività della nostra economia, creare nuovi posti di lavoro e mettere in campo un’Europa leader nella transizione verso un’economia globale libera da fonti fossili, circolare e a zero emissioni. 

L'ufficio  stampa di Legambiente: 3496546593

giovedì 5 dicembre 2019

Giornata Mondiale del Suolo. Flashmob a Milano: fiori al posto del cemento - FOTO e VIDEO

Giornata Mondiale del Suolo. Flashmob a Milano: fiori al posto del cemento - FOTO e VIDEO

Milano, 5 Dicembre 2019                                                                             Comunicato stampa
GIORNATA MONDIALE DEL SUOLO
MILANO “DEPAVIMENTA” IL SUOLO PUBBLICO: PICCONI IN AZIONE IN VIALE SUZZANI PER GENERARE UNA NUOVA AREA VERDE AL POSTO DELL'ASFALTO
Con un’azione simbolica, promossa insieme a Legambiente dall'Amministrazione Comunale in viale Suzzani, Milano celebra il World Soil Day, la giornata mondiale del suolo indetta per il 5 Dicembre dalle Nazioni Unite, “depavimentando” uno spazio stradale per riportare alla luce il suolo. Si tratta di un ampio, doppio spartitraffico da sempre inutilmente lastricato d'asfalto, che diventerà una aiuola di prato all'ingresso del Parco Nord Milano: 900 mq di superficie resa impermeabile, che sarà restituita a suolo e vegetazione. 
«Nei recenti decenni, soprattutto nelle aree urbane e metropolitane, con troppa disinvoltura si sono impermeabilizzate grandi superfici di territorio, sottraendole al suolo e alle vegetazioni– spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia–. Oggi ne paghiamo le conseguenze, in termini di crescita del malessere urbano, di perdita di aree verdi, di aumento delle isole di calore, di crescente difficoltà a gestire le acque delle precipitazioni più intense. Fermare il consumo di suolo e ripristinare la permeabilità delle superfici urbane non è affatto un gesto simbolico, ma un'azione capace di portare notevoli benefici alla comunità urbana».
La contabilità ecologica dell'intervento di depavimentazione attuato oggi è significativa. Nonostante si tratti di soli 900 mq restituiti al suolo, corrispondono al ripristino della capacità digestire un volume di acque di pioggia corrispondente ad oltre un milione di litri d'acqua: vale a dire quanta ne piove in un anno, mediamente, su una simile superficie di suolo milanese. In altri termini rappresenta la quantità di consumi idrici annui di 5 famiglie, formata da acque pulite piovane costrette ad infilarsi nei condotti fognari, diluendo le acque sporche e gravando inutilmente sui costi della loro depurazione. Inoltre il suolo che verrà ripristinato in questi due nuovi fazzoletti di terra, nel suo strato fertile, potrà accumulare sostanza organica equivalente a 15 tonnellate di CO2, tanta quanta ne emette una utilitaria che percorra 10.000 km all'anno per 15 anni: un suolo che riacquista la propria fertilità si comporta come una vera e propria 'spugna' di gas climalteranti.
«Ci auguriamo che quella di oggi non resti un’iniziativa estemporanea – commenta Meggetto– ma che prenda realmente il via un programma di rivitalizzazione urbana da parte dell’amministrazione comunale, mettendo in campo cospicue risorse nel Bilancio 2020 per decementificare aree che vengano riportate alla naturalità e collaborino quindi alla mitigazione del disagio termico legato all'isola di calore urbana, aiutino a migliorare il bilancio delle emissioni climalteranti prodotte dalla città e restituiscano spazi alla vita pubblica e al verde fruibile, riducendo quelli occupati da usi impropri e inefficienti».
L'iniziativa è stata inserita da Legambiente nel repertorio di buone pratiche e azioni per il suolo prospettate nella campagna europea Soil4Life, sviluppata nell'ambito di un progetto internazionale sulla governance del suolo e la prevenzione del suo degrado in Europa.

Foto e Video in HD scaricabili QUI con interviste a Damiano Di Simine - Coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia, Barbara Meggetto - Presidente di Legambiente Lombardia, Pierfrancesco Maran - Assessore all'Ambiente del Comune di Milano

mercoledì 4 dicembre 2019

iornata Mondiale del Suolo 5 Dicembre: dissesto idrogeologico, infrastrutture e agricoltura intensiva responsabili di degrado, erosione e consumo del suolo fertile in Lombardia

Milano, 4 Dicembre 2019                                                                            Comunicato stampa

5 DICEMBRE GIORNATA MONDIALE DEL SUOLO
Legambiente: “Nuove infrastrutture stradali, piastre commerciali e logistiche: sono le protagoniste della nuova fase di consumo e degrado del suolo in Lombardia insieme alle pratiche agricole aggressive, che causano erosione e perdita di sostanza organica”

Il 5 Dicembre ricorre la Giornata Mondiale del Suolo indetta dalla FAO per richiamare l'attenzione della comunità internazionale sull'importanza di fermare il degrado dei suoli coltivati e promuovere una loro gestione sostenibile. Quest’anno il focus della giornata è sull'erosione del suolo, una minaccia a cui sono sottoposti i territori agricoli europei, ad un ritmo medio di 2,5 tonnellate di suolo eroso per ogni ettaro all’anno, che però in Italia è 4 volte maggiore: il nostro Paese è infatti campione europeo di suolo che viene perso per effetto di eventi meteorici, vento e pioggia, e che porta ad una progressiva e incessante perdita di fertilità.
Tra le minacce al suolo agricolo, tuttavia, in Lombardia resta protagonista l’aggressione del cemento e dell'asfalto. In un territorio già saturo di strade, centri commerciali, capannoni sono in fase di progettazione altre infrastrutture che rischiano di essere più impattanti che utili alla mobilità, come la Vigevano-Malpensa, la bretella Bergamo-Treviglio e l'autostrada Cremona-Mantova. Ma a preoccupare sono anche le nuove minacce da parte dell'edilizia del grande commercio, sia tradizionale, come nel caso del previsto nuovo polo commerciale di Abbiategrasso, sia, soprattutto, del nuovo e-commerce e delle sue piattaforme logistiche, come il nuovo polo logistico di Cividate nella Bassa Bergamasca, Calcio, Covo e Cortenuova per oltre 1milione di mq di superfici destinate alla logistica. 
«Per effetto dell’aumento vertiginoso della movimentazione delle merci legate al commercio digitale, lungo la direttrice della BreBeMi nella bassa bergamasca e bresciana e quella della Via Emilia tra lodigiano e piacentino assistiamo al proliferare di progetti che rischiano di rimettere in marcia il trend negativo del consumo di suolo che negli ultimi anni di crisi in Lombardia aveva rallentato la sua corsa distruttiva, dopo l'eccesso di offerta alimentato dalla speculazione immobiliare degli anni scorsi» commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia.
La Regione Lombardia negli ultimi tre anni ha pesato per il 12,4% sulla crescita delle aree urbanizzate avvenuta in tutta Italia, seconda solo al Veneto quanto a superfici cementificate di suoli agricoli. Un fenomeno che ha rallentato la sua corsa nel capoluogo regionale e nelle principali città, ma che torna a farsi sentire nelle campagne e nei centri minori presi d'assalto da speculazioni a caccia di terreni a basso costo e di amministratori locali compiacenti.
 «La conservazione della fertilità del suolo richiede l'adozione di pratiche agricole diverse da quelle sviluppate dall'agricoltura industriale – spiega Damiamo Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia –. Per limitare l'erosione e la perdita di sostanza organica occorre evitare le arature profonde, abbandonare il diserbo chimico e garantire la copertura vegetale del suolo, evitando di lasciare la terra nuda esposta agli eventi meteorici che sono sempre più frequenti, intensi ed erosivi. Per questo motivo è indispensabile una corretta allocazione delle risorse della Politica Agricola Comunitaria, affinché non produca semplici sussidi agli agricoltori, ma veri e propri incentivi per modificare macchinari e tecniche agricole, in chiave di sostenibilità». 
Per contrastare l’erosione, il degrado e il consumo di suolo, Legambiente è partner del progetto europeo Soil4Life che coinvolge partner francesi, croati italiani, quali Ersaf, ISPRA, il Politecnico di Milano, il Comune di Roma e il CREA-Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi in economia agraria, con l’obiettivo di promuovere l’uso sostenibile del suolo in quanto risorsa strategica, limitata e non rinnovabile. Un obiettivo in linea con l’impegno

martedì 26 novembre 2019

ECOFORUM: L’ECONOMIA CIRCOLARE DEI RIFIUTI IN LOMBARDIA RIDURRE I RIFIUTI, RICICLARE DI PIU' E MEGLIO, PER UNA REGIONE SOSTENIBILE


Presentato il dossier Comuni Ricicloni 2019
Premiati 308 Comuni Rifiuti Free, il 16,5% della popolazione Iombarda

oltre a differenziare riduce anche di più

Milano, 26 Novembre 2019 –Una Lombardia protagonista nella gestione dei rifiuti. È questo il quadro che emerge dalla XXVI edizione del dossier Comuni Ricicloniredatto da Legambiente in base ai dati messi a disposizione dal sistema O.r.s.o di Arpa Lombardia. Si moltiplicano, infatti, le esperienze virtuose e cresce la raccolta differenziata. Nonostante questo, ancora molto rimane da fare per la riduzione dei rifiuti in tutta la Lombardia. 
Anche di questo si è discusso nella terza edizione di Ecoforum: l’economia circolare dei rifiuti in Lombardia. Organizzato da Legambiente Lombardia, l’annuale appuntamento si prefigge di promuovere progetti multidisciplinari con i diversi stakeholder nazionali e internazionali (istituzioni, imprese, università, istituti di ricerca) mettendo in relazione diverse realtà, farle dialogare e dare una spinta ai processi di innovazione in corso, spesso isolati e disaggregati. Diverse le aziende che hanno partecipato e che si collocano nel campo dell’innovazione, sia per la produzione sia per il recupero di materia; utile e necessaria la presenza delle istituzioni pubbliche, che devono fornire un quadro di pianificazione e normativo al passo con i tempi.
Sono 308 su 1507 i Comuni Rifiuti Free che hanno raggiunto il traguardo dei 75 kg/abitante anno di residuo secco indifferenziato e che entrano nella classifica di Comuni Ricicloni 2019. Questi, rappresentano il 20,3% dei comuni lombardi e vedono coinvolti 1 milione e 660 mila abitanti cioè il 16,5% della popolazione regionale che concorre altresì al raggiungimento del 70,8% di raccolta differenziata. In vetta alla classifica Rifiuti Free si collocano le province di Bergamo con 59 e Mantova con 57 comuni, seguite da Cremona con 43 e Brescia con 41. In Città Metropolitana di Milano sono 40, a Varese 38 e 18 in Monza Brianza. Chiudono la classifica la provincia di Como con 6 comuni, Lodi con 4, Pavia e Sondriocon solo un comune.Emblematico il caso della provincia di Lecco che nonostante il 70,8% di raccolta differenziata, non ha alcun comune presente in classifica.
«La Lombardia rappresenta una regione virtuosa nell’ambito della gestione della raccolta differenziata. Ora però deve agire con azioni concrete di prevenzione della produzione di rifiuti, presupposto essenziale per alimentare un circuito virtuosoe mettere in campo impianti innovativi di economia circolare– dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. Pur essendo tra le regioni più significative nella gestione della risorsa rifiuto, vi sono ancora territori che superano di il 50% di raccolta differenziata o province in cui non vi è nemmeno un comune che rientra nella nostra classifica che monitora proprio la propensione alla riduzione della produzione di rifiuti pro-capite».
Abbiamo di fronte una grande sfida invertendo la rotta nel consumo indiscriminato di risorse, ripensando criticamente la cultura della produzione fondata sull’egemonia dell’usa e getta e dello scarto. Lo spreco di materie prime ed energia non solo depaupera il capitale naturale e contribuisce tutt’ora ad alimentare i cambiamenti climatici, ma crea sperequazioni ed emarginazione sociali profonde.
È necessario, dunque, lavorare su processi che sempre più siano in grado di garantire da un lato l’uso efficiente delle risorse, dall’altro il prolungamento del ciclo di vita dei prodotti.
«Abbiamo scelto di mettere in rete esempi d’innovazione industriale, aziende, enti pubblici e imprese sociali, tutte già impegnate con successo nella gestione sostenibile dei rifiuti, nel riuso e nel riciclaggio investendo su un nuovo modello produttivo che dimostra come il passaggio dall’economia lineare a quella circolare sia una strada non solo percorribile, ma già in atto – spiega Andrea Causo, direttore di Legambiente Lombardia–. Attraverso Ecoforum abbiamo messo in luce le migliori, ma non le uniche, esperienze di economia circolare operanti sul nostro territorio, quali esempi di una filiera che potrebbe portare la Lombardia a liberarsi dai rifiuti, arricchendosi invece di materie da riciclare, rigenerare e riutilizzare».
Se vogliamo continuare a migliorare l'economia, la qualità della nostra vita e l’ambiente, non abbiamo altra strada che porre traguardi ambiziosi. Come quelli richiesti dal pacchetto europeo dell’economia circolare alla differenziazione dei rifiuti pericolosi domestici entro il 2022, della raccolta della frazione biodegradabile da estendere a tutti i comuni entro il 2023, del riciclo del 70% degli imballaggi entro il 2030 o, ancora, la raccolta separata degli indumenti usati. Azioni ed attività che in Lombardia si stanno già concretizzando e che hanno bisogno di continuità, innovazioni, sperimentazioni e nuove responsabilità condivise tra i diversi attori in campo. 
La terza edizione di Ecoforum, promossa da Legambiente Lombardia, si è svolta questa mattina a Palazzo Reale a Milano, con un ricco programma di interventi, coordinato dalla presidente di Legambiente Lombardia Barbara Meggettoe dal Presidente di Legambiente Stefano Ciafani, con la presenza dell’Assessore Ambiente e Clima di Regione Lombardia Raffaele Cattaneo. Tra i relatori sono intervenuti: la Dirigente dell’Ufficio economia circolare, usi della materia e bonifiche di Regione Lombardia Elisabetta Confalonieri, il Direttore di produzione di Utiliteam Paolo Pagani, il Coordinatore nazionale ufficio economia civile di Legambiente Lorenzo Barucca, l’Amministratore Delegato di Eurosintex Annalisa Lazzari, la portavoce di Nespresso Marta Schiraldi, il Business Development manager di FaterSMART Guido Poliseno, il Responsabile impianti FORSU di A2A Ambiente Paolo Masserdotti, Direttore tecnico di Gruppo Cap Andrea Lanuzza, il market developer waste management di Novamont Stefano Mambretti, i docenti del Politecnico di Milano Eleonora PerottoChristan Buurstee, il responsabile dell’Area Ambiente di Fondazione Cariplo Matteo Barbato, il Direttore di Arpa Lombardia Fabio Carella, l’Amministratore Delegato di Ars Ambiente Michele Giavini. Nel pomeriggio il forum si concentrato sull’analisi del sistema di tariffazione puntuale nel servizio di gestione dei rifiuti e gli strumenti di comunicazione illustrando l’esperienza europea del progetto Waste4Think, con il workshop sull'impatto sul sistema delle nuove delibere Arerarivolto a amministratori di enti pubblici, tecnici, società di gestione di rifiuti, esperti del settore.
Ecoforum Lombardia è reso possibile grazie al patrocinio di Regione Lombardia e Comune di Milano, il sostegno di Nespresso, Novamont, FaterSmart, Eurosintex, A2A Ambiente e il supporto tecnico di Ars Ambiente.

Il Dossier Comuni Ricicloni è scaricabili QUI
Foto e video QUI
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Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Silvia Valenti
Tel. 02 87386480
Mob. 3498172191

mercoledì 20 novembre 2019

Il clima è già cambiato


Roma, 19 novembre 2019                                                                                            Comunicato stampa


Presentato il rapporto 2019 dell’Osservatorio di Legambiente: è emergenza città
Roma, Milano, Genova, Napoli, Palermo, Catania, Bari, Reggio Calabria e Torino le più colpite

Dal 2010 a inizio novembre 2019 danni rilevanti in 350 Comuni dovuti al maltempo, 73 giorni di stop a metro e treni, 72 giorni di blackout elettrici. Aumentano frequenza e impatti delle ondate di calore

Legambiente: “Siamo l’unico grande Paese europeo senza un piano di adattamento al clima. Invertire il rapporto di spesa tra la riparazione dei danni e la prevenzione, oggi 4 a 1”


Aree urbane al centro del rapporto 2019 dell’Osservatorio di Legambiente sull’impatto dei mutamenti climatici in Italia, un dossier presentato questa mattina a Roma presso la rappresentanza in Italia della Commissione europea e intitolato Il clima è già cambiato, come purtroppo dimostrano le inondazioni dei giorni scorsi a Venezia, Matera e Pisa e gli eventi meteorologici estremi che si sono abbattuti su molti territori e che colpiscono la penisola con sempre maggiore frequenza.
L’appuntamento, che precede quello dell’XI Congresso di Legambiente che si terrà a Napoli nel fine settimana,  è stato l’occasione per fare il punto sul quadro delle informazioni disponibili e sulle politiche europee di adattamento e i piani per le aree urbane italiane con esperti del settore; tra i partecipanti Roberto Morassut, sottosegretario Ministero dell’Ambiente, Valentina Orioli, assessore all’Urbanistica e ambiente del Comune di Bologna, Maria Luisa Parmigiani, responsabile sostenibilità Gruppo Unipol, Erasmo D’Angelis, segretario Autorità di bacino Appennino centrale, Fabrizio Curcio, capo Dipartimento Casa Italia, Edoardo Zanchini e Andrea Minutolo, rispettivamente vice presidente e coordinatore scientifico di Legambiente.
Le città sono l’ambito più a rischio per le conseguenze dei cambiamenti climatici, perché è lì che vive la maggior parte della popolazione mondiale e perché episodi di piogge, trombe d’aria e ondate di calore vi hanno ormai assunto proporzioni crescenti e destinate ad aumentare, insieme alle stime dei danni che possono provocare.
L’Osservatorio di Legambiente Cittàclima, realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol, ha l’obiettivo di raccogliere e mappare le informazioni sui danni provocati in Italia dai fenomeni climatici, di contribuire ad analisi e approfondimenti che riguardano le città e il territorio italiano, oltre a condividere analisi e studi internazionali e esperienze di piani e progetti di città, paesi, Regioni. L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio sia rispetto alle piogge che alle ondate di calore è fondamentale per salvare vite umane e limitare i danni. In modo da pianificare e ottimizzare gli interventi durante le emergenze e per indirizzare l’assistenza, ma anche per realizzare interventi di adattamento che favoriscano l’utilizzo dell’acqua, della biodiversità, delle ombre per ridurre l’impatto delle temperature estreme negli spazi pubblici e nelle abitazioni. Dal 2010 ad oggi, sono 563 gli eventi registrati sulla mappa del rischio climatico, con 350 Comuni in cui sono avvenuti impatti rilevanti. Nel 2018, il nostro paese è stato colpito da 148 eventi estremi, che hanno causato 32 vittime e oltre 4.500 sfollati, un bilancio di molto superiore alla media calcolata negli ultimi cinque anni. Dal 2014 al 2018 le sole inondazioni hanno provocato in Italia la morte di 68 persone.
Nelle nostre città la temperatura media è in continua crescita e a ritmi maggiori rispetto al resto del Paese. Secondo le elaborazioni dell'Osservatorio meteorologico Milano Duomo, è un fenomeno generale e rilevante che riguarda tutte le città con picchi a Milano con +1,5 gradi, a Bari (+1) e Bologna (+0,9) a fronte di una media nazionale delle aree urbane di +0,8 gradi centigradi nel periodo 2001-2018 rispetto alla media del periodo 1971-2000. Aumentano gli impatti del caldo in città, in particolare sono le ondate di calore il principale fattore di rischio con rilevanti conseguenze sulla salute delle persone. Uno studio epidemiologico realizzato su 21 città italiane ha evidenziato l’incremento percentuale della mortalità giornaliera associata alle ondate di calore con 23.880 morti tra il 2005 e il 2016, e mettono in evidenza impatti più rilevanti nella popolazione anziana e una riduzione negli ultimi anni attribuibile agli interventi di allerta attivati. Secondo una ricerca del progetto Copernicus european health su 9 città europee, nel periodo 2021-2050 vi sarà un incremento medio dei giorni di ondate di calore tra il 370 e il 400%, con un ulteriore aumento nel periodo 2050-2080 fino al 1100%. Questo porterà, ad esempio, a Roma da 2 a 28 giorni di ondate di calore in media all’anno. La conseguenza sul numero di decessi legati alle ondate di calore sarà molto rilevante: da una media di 18 si passerebbe a 47-85 al 2050 e a 135-388 al 2080.
L’accesso all’acqua è un altro tema rilevante che, in una prospettiva di lunghi periodi di siccità, rischia di diventare sempre più difficile da garantire. La situazione nel nostro paese, già oggi, è complicata, in particolare al Sud, per quanto riguarda la qualità del servizio idrico e nel 2017, nei quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige, Arno e Tevere) le portate medie annue hanno registrato una riduzione media complessiva del 39,6% rispetto alla media del trentennio 1981-2010. Preoccupante per le città italiane anche l’innalzamento del livello dei mari. Secondo le elaborazioni di Enea, sono 40 le aree a maggior rischio in Italia. A rischio sono anche città come Venezia, Trieste, Ravenna, la foce del Pescara, il golfo di Taranto, La Spezia, Cagliari, Oristano, Trapani, Marsala, Gioia Tauro. D’altronde, secondo un’indagine di Climate Central pubblicata sulla rivista Nature, se i ghiacciai continueranno a sciogliersi al ritmo attuale, 300 milioni di persone che vivono in aree costiere saranno sommerse dall’oceano almeno una volta l’anno entro il 2050, anche se le barriere fisiche che erigono contro il mare saranno potenziate.
“Di fronte a processi di questa dimensione in Italia e nel mondo abbiamo bisogno di un salto di scala nell’analisi e nelle politiche - dichiara il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini -  di sicuro è necessaria una forte accelerazione delle politiche di mitigazione del clima, per invertire la curva delle emissioni di gas serra come previsto dall’Accordo di Parigi. Ma in parallelo dobbiamo preparare i territori, le aree agricole e in particolare le città a impatti senza precedenti. Il problema è che il nostro Paese non è pronto e non ha ancora deciso di rendere questi interventi prioritari, fornendo strumenti e risorse alle città italiane”.
Purtroppo l’Italia è l’unico grande paese senza un piano di adattamento al clima, che permetterebbe di individuare le priorità di intervento e ripensare il modo in cui si interviene a partire dalle città. Nel 2014 è stata approvata la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e, per dargli attuazione, doveva essere approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Dopo cinque anni siamo ancora in attesa che si passi dal campo degli studi a uno strumento capace di fissare le priorità e orientare in modo efficace le politiche. Legambiente chiede al governo di approvare quanto prima il Piano di adattamento e di mettere le città al centro delle priorità di intervento. Inoltre occorre fermare le costruzioni in aree a rischio idrogeologico che continuano a mettere in pericolo la vita delle persone. Perché dai dati del Rapporto Ecosistema Rischio di Legambiente si conferma che i Comuni continuano a realizzare “tombamenti” di corsi d’acqua e a dare il via libera a edificazioni in aree a rischio. Per queste ragioni l’associazione ambientalista chiede di approvare una Legge che cambi le regole di intervento nei territori, mettendo in sicurezza le persone e i luoghi da nuove edificazioni, rivedendo il modo di intervenire nelle città in modo da adattare davvero gli spazi urbani alle piogge e alle ondate di calore.
Sul fronte dei costi: l’Italia dal 1998 al 2018 ha speso, secondo dati Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all’anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per “riparare” i danni del dissesto secondo dati del CNR e della Protezione civile (un miliardo all’anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro). Il rapporto tra prevenzione e riparazione è insomma di uno a quattro. Ad Agosto è stato approvato il Piano stralcio 2019 che individua e finanzia le opere immediatamente cantierabili nell’anno, scelte in base agli elenchi forniti in conferenza dei servizi dalle Regioni interessate. Il Piano lavora in continuità con gli anni precedenti riguardo il recepimento e la stabilizzazione delle risorse necessarie alla pianificazione contro il dissesto idrogeologico, ma ancora non è riuscito a uscire della logica di una visione puntuale ed emergenziale del problema: si conferma una programmazione per Regioni che solo per sommatoria diverrebbe di “bacino” e non il contrario. Inoltre, non viene mai menzionata la necessità che gli interventi di mitigazione del rischio debbano essere rivisti (specialmente se vecchi) in funzione del cambiamento climatico che stiamo vivendo e agli effetti che si manifestano sui territori. Così come non viene considerata, al di fuori delle opere strutturali, la necessità di imporre lo stop al consumo di suolo come misura efficace per mitigare gli effetti del rischio.
Sulla base delle informazioni raccolte dall’Osservatorio Cittàclima di Legambiente è stato possibile mappare le città che nel corso degli ultimi dieci anni hanno subito il maggior numero di eventi estremi che hanno, in un modo o nell’altro, messo in ginocchio la città: Roma, Milano, Genova, Napoli, Palermo, Catania, Bari, Reggio Calabria e Torino.
“Tutte città, molte delle quali metropolitane - commenta Andrea Minutolo, coordinatore scientifico di Legambiente - da cui bisogna ripartire con un nuovo approccio culturale e progettuale che garantisca al tempo stesso la riduzione del rischio idraulico e l’adattamento al cambiamento climatico. Per parlare veramente di mitigazione del rischio idrogeologico l’approccio meramente strutturale messo in campo negli ultimi venti anni basati su concetti come ‘tempo di ritorno’ o ‘evento duecentennale’ non basta più. Gli interventi programmati e che si stanno per finanziare non sono quindi più adatti perché rispondono esattamente a quelle logiche ormai superate e rivelatesi poco efficaci”.
Occorre considerare che anche il non intervento per fermare gli impatti del clima è una scelta, le cui conseguenze oggi si iniziano a conoscere. Secondo alcune stime, in Italia, se l’Accordo di Parigi non sarà rispettato, i danni economici potrebbero far calare del 7% il PIL pro-capite. Mentre in Russia potrebbe scendere dell’8,93%, negli Stati Uniti del 10,52% e in Canada circa del 13%. A livello europeo, le conseguenze degli impatti climatici rischiano di essere drammatiche, con stime che parlano, in assenza di azioni di adattamento, di ondate di calore che potrebbero provocare entro la fine del secolo circa 200mila morti all’anno nella sola Europa, mentre i costi delle alluvioni fluviali potrebbero superare i 10 miliardi di euro all’anno.
L'impatto sarà maggiore sulle fasce di popolazione più povere che non dispongono di sistemi di raffrescamento. In Italia il fenomeno della povertà energetica riguarda già oggi oltre 4 milioni di famiglie. Le elaborazioni su immagini satellitari realizzate da e-Geos per Legambiente relative alle città di Milano e di Roma hanno messo in evidenza come disponiamo di tutte le informazioni per capire i quartieri a maggior rischio durante le ondate di calore e incrociando i dati con analisi sullo stato di salute e le condizioni economiche delle famiglie, degli strumenti per prevenire e ridurre gli impatti sulle famiglie.



martedì 12 novembre 2019

LEGAMBIENTE CHIEDE AL CONSIGLIO REGIONALE DI RINVIARE LE NORME SULLA RIGENERAZIONE DEGLI EDIFICI AGRICOLI

Milano, 11 novembre 2019                                                     Comunicato stampa

“Operazioni di riqualificazione low cost in città e una campagna disseminata di sexy shop, spa, uffici e residenze. A chi serve una legge così?”
Domani il Consiglio Regionale della Lombardia voterà il progetto di Legge 83 “Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonché per il recupero del patrimonio edilizio esistente”, che certamente si prefigge finalità condivisibili: sempre meglio riqualificare aree urbane abbandonate, piuttosto che consumare nuovo suolo per realizzare nuovi quartieri e insediamenti. Peccato, però, che la Regione lasci il conto da pagare ai comuni, che dovranno mettere a disposizione i benefit in termini di riduzione di oneri urbanistici. Ovviamente c'è una controindicazione: ridurre la fiscalità edilizia, che farà felici i costruttori, certo non darà beneficio alle casse dei Comuni, sempre carenti delle risorse necessarie a migliorare lo spazio e i servizi delle città. Purtroppo la legge ha dimenticato di farsi carico delle competenze che maggiormente afferiscono alla Regione, quelle che hanno a che fare con i costi delle bonifiche: così i suoli contaminati, presenti in molte città ed aree ex-industriali, continueranno ad essere una problema di cui nessuno vuole farsi carico.
Ma il punto più controverso della norma è quello relativo alle aree ed edifici agricoli dismessi: sono migliaia le cascine in mezzo ai campi o su colli e versanti montani che potranno essere convertiti a qualsiasi altra funzione, senza limiti di volume, anzi con facoltà di incremento delle superfici (fino al 20%), e anche senza una valutazione della compatibilità tra il nuovo uso urbanistico e la struttura rurale e aziendale del territorio agricolo, a parte l'esclusione di grandi centri commerciali e industrie. E, paradossalmente, anche per il riuso degli edifici agricoli è previsto lo sconto fiscale: ma sono proprio i complessi urbanistici isolati e distanti dai centri urbani quelli che richiedono maggiori costi per la dotazione di standard e servizi.
L'aspetto più grave della norma è la previsione della dichiarazione di interesse pubblico per ogni riuso di edifici agricoli. «Così si mettono comuni e province con le spalle al muro – dichiara Damiano Di Simine, coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia –. Si potrà fare qualsiasi trasformazione di immobili agricoli, infischiandosene dei Piani di Governo del Territorio e perfino dei Piani Territoriali Provinciali: nessuna disciplina potrà sindacare i capricci di operatori che intendessero trasformare un nucleo cascinale in un centro massaggi, o in un complesso residenziale di pregio, o in una sede di uffici. Si tratta di una norma del tutto ingiustificata e da rivedere in modo sostanziale».
La rigenerazione urbana diviene pretesto per intervenire senza limiti sull'edilizia rurale: basta che gli immobili siano dismessi da almeno tre anni. Possiamo già immaginare le ondate di sfratti e mancati rinnovi di contratti ad agricoltori che non sono proprietari delle strutture entro cui operano, non appena la proprietà fondiaria fiuterà un business. La norma rischia di spalancare le porte alla speculazione edilizia e finanziaria: basterà avere un rudere per poter vantare diritti che poi, nella pratica, faranno a pugni con la possibilità reale di operare le trasformazioni previste in contesti agricoli.
«Per noi la rigenerazione urbana e il recupero degli edifici in ambito agricolo sono cose serie e importanti, per questo chiediamo al Consiglio Regionale di rinviare le parti della legge che, al contrario, mettono a repentaglio la conduzione agricola e forestale del territorio agricolo: non si può confondere il recupero dell'edilizia rurale con la promozione di interventi che ne snaturano le funzioni» Damiano Di Simine, coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia.
Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Silvia Valenti
Mob. 3498172191

lunedì 11 novembre 2019

L’architettura della nuova mobilità

Milano 11 novembre 2019                                                                                                           Comunicato stampa

Da Helsinki a Milano, da Firenze a Delft passando per Napoli dove si trova la stazione Toledo premiata come la più bella d’Europa alla green station di Potenza, ecco alcuni esempi internazionali ed europei
che fanno scuola ridisegnando e riqualificando spazi urbani, vie e piazze delle città

Legambiente Lombardia: “Le stazioni hanno un ruolo sempre più centrale nella riqualificazione urbana, per questo è necessario recuperare l’aspetto sociale di luoghi vissuti ogni giorno da migliaia di persone, rendendo l’esperienza della loro fruizione più piacevole, sostenibile, sicura non solo nei grandi snodi centrali delle città, ma soprattutto nelle periferie, troppo spesso divenute luoghi di degrado abbandonati”


Milano, Helsinki (Finlandia), Delft (Paesi Bassi), Firenze, ma anche Napoli e Potenza, solo per citarne alcune, ma cosa hanno in comune queste città così diverse tra di loro per storia e geografia? Il fatto di ripensare e ridisegnare le proprie città partendo dagli spazi pubblici legati alla mobilità. Una sfida sempre più importante per rendere i centri urbani non solo aree più sostenibili e smart, ma anche luoghi più accoglienti, vivibili, più sicuri e belli e per Legambiente ciò rappresenta uno step importante anche per fronteggiare i cambiamenti climatici che proprio sulle aree urbane hanno forti impatti. In questa partita legata alla sostenibilità e al ripensare le città, l’architettura può dare un importante contributo accompagnando questi processi in forme originali e articolate, attraverso progetti che trasformano in primis le stazioni superando il concetto di semplici luoghi di transito, ma anche quartieri, strade, piazze e che contribuiscono a un cambio diffuso degli stili di vita e di spostamento delle persone. 

A dimostrarlo sono già diverse città sparse per il mondo che hanno raccolto questa sfida che unisce ambiente, mobilità e architettura: da Milano dove si stanno, ad esempio, ripensando interi quartieri intorno a nodi strategici della mobilità urbana scelti attraverso concorsi  e dove la mobilità è sempre più sharing e sostenibile a Delft, città dei Paesi Bassi, dove nel 2015 è stata inaugurata la nuova stazione ferroviaria firmata Mecanoo Architecten che unisce passato, presente e futuro regalando ai viaggiatori un “piccolo viaggio nella storia”. Tra le sue peculiarità c’è il soffitto della stazione composto da una fitta sequenza di strisce ondulate su cui è riportata un'enorme mappa antica della città, risalente al 1877, nei colori del bianco e del celebre 'azzurro di Delft'. Per passare in Filandia, a Helsinki, dove il quartiere Pasila è pronto ad assumere un nuovo importante ruolo nella nuova dimensione territoriale della città. Il progetto presentato nel 2009 da Cino Zucchi Architetti è un piano dettagliato dell’area, della stazione ferroviaria di Pasila (che si trova a pochi chilometri dal centro della città, in un punto accessibile sia al trasporto ferroviario che a quello stradale) che mette al centro della progettazione il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale e che può essere considerato come il più importante per la trasformazione della capitale finlandese.
Dall’Italia arriva l’esperienza di Firenze dove il sistema dei tram, in particolare quello tramvia (Linea T1 e T2), sta cambiando il modo di vivere la città, con un successo crescente di passeggeri e attraverso spazi sottratti alle auto. Lo descrivono anche stazioni e piazze che si riempiono di persone, perché accoglienti, belle e quindi sicure come Napoli con il successo internazionale della sua metropolitana per la capacità di coinvolgere artisti e architetti nei progetti di inserimento urbano, e con la stazione di Toledo premiata come la più bella d’Europa. Come in Trentino, dove la rete di piste ciclabili realizzata in questi anni sta diventando uno straordinario volano per il turismo, che ha permesso di rilanciare l’accessibilità. E poi ci sono le tante stazioni e spazi urbani dove, grazie a nuovi progetti di stazioni scelti attraverso concorsi internazionali e interventi di street art, si sta realizzando una rigenerazione diffusa di edifici e quartieri. Tra le nuove stazioni quella di Napoli Afragola disegnata da Zaha Hadid.

Storie internazionali ed europee che Legambiente ha raccontato oggi da Milano nel corso del convegno internazionale “L’architettura della nuova mobilità” organizzato insieme a Ferrovie dello Stato Italiane, main sponsor dell’evento, e che ha visto confrontarsi esperti del settore, del mondo politico e istituzionale, architetti e progettisti. Tra le persone che, oltre al Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, a Carlo De Vito Presidente di FS Sistemi Urbani (Gruppo FS Italiane) e a Roberto Morassut Sottosegretario Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono intervenute nella prima sessione coordinata da Leopoldo Freyrie Presidente Fondazione Riuso: anche Carlo Ratti MIT, Director Senseable city lab, Fedele Canosa Mecanoo architecten, Cino Zucchi Architetto Politecnico di Milano.
Nella seconda sessione della giornata, coordinata da Edoardo Zanchini vicepresidente nazionale di Legambiente, sono intervenuti: Nicola Russi OMA Laboratorio permanente, Sara Venturoni Direttore Stazioni di RFI, Stefano Giorgetti Assessore mobilità Comune di Firenze, Roberta De Risi e Alessia De Michele, architetti, autrici della guida Napoli metro per metro. Sergio Deromedis della Provincia di Trento, Paola Bafile Nuova Acropoli CosiMIpiace.it la Street art, Marco Caffi Direttore GBC Italia e Marco De Biasi ScamBioLoGiCo.

Legambiente ricorda che oggi le città stanno vedendo cambiamenti enormi e sempre più ne vedranno in un Pianeta impegnato per fermare i cambiamenti climatici. Per questo le aree urbane devono diventare le protagoniste di un cambiamento che le veda sempre più protagoniste trasformandosi in veri e propri laboratori innovativi mettendo al centro l’architettura, la rigenerazione urbana, la mobilità sostenibile creando un nuovo sistema di spazi pubblici ma anche reti ciclabili in grado di garantire una quota crescente di spostamenti pedonali e in bici fortemente integrati con il trasporto pubblico e con le diverse forme della sharing mobility. L’architettura della nuova mobilità, la rigenerazione urbana, gli ecoquartieri, la riqualificazione energetica degli edifici, soni gli ingredienti indispensabili per avviare una trasformazione sostenibile delle città.

Città e stili di mobilità – In molte capitali europee l’automobile non è il mezzo preferito per andare al lavoro. In 17 delle 31 città riportate nella tabella ricavata dai dati Eurostat pubblicata su Ecosistema Urbano 2019  (PAG.67), ad esempio, meno della metà degli abitanti si serve della macchina come veicolo principale degli spostamenti quotidiani casa-lavoro. Si guida pochissimo a Copenaghen, Parigi, Budapest, Amsterdam, Vienna, Helsinki, Stoccolma e Oslo. Quasi ovunque è molto diffuso l’uso del trasporto pubblico: è la modalità prescelta da 16 città su 31 e si muove così oltre la metà dei residenti a Berlino, Madrid, Parigi, Vienna. Si pedala moltissimo com’è noto a Copenaghen e Amsterdam. Pochissimo a Sofia, Tallin, Atene, Bucarest e Roma. In Italia, invece, l’auto rimane il mezzo prediletto per gli spostamenti.
Nel nostro Paese ci sono ancora 38 milioni di auto private (corrispondenti al 17% dell’intero parco circolante continentale) che soddisfano complessivamente il 65,3% degli spostamenti. Eppure il 75% degli spostamenti sono inferiori a dieci chilometri e il 25% è addirittura più breve di due chilometri. Moltissimi abitanti dei centri urbani, in pratica, potrebbero rinunciare all’automobile per i loro tragitti di tutti i giorni come avviene in molte città europee dove si guida pochissimo. L’Italia è, quindi, uno dei Paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione (con una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti). Una delle sfide da mettere in campo è quella di rendere l’auto privata l’ultima delle soluzioni possibili per gli spostamenti dei cittadini, per far ciò per Legambiente è indispensabile che in Italia vi sia un cambio di passo veloce e decisivo che sappia guardare anche a quelle buone pratiche già in atto nel Paese ma anche nelle altre città del mondo in termini di mobilità sostenibile, architettura ecosostenibile, efficienza energetica e verde urbano.

“Il nostro Paese – dichiara Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente - con il suo patrimonio di città storiche può diventare protagonista di una rivoluzione diffusa e di un rinascimento urbano sempre più moderno, sostenibile e all'avanguardia. Una rivoluzione in parte già in atto e che sta consentendo di raggiungere risultati fino ad oggi impensabili. La rigenerazione urbana e l’architettura sono due strumenti importanti attraverso le quali le città, dove si concentra gran parte della popolazione, possono migliorare e riqualificarsi contrastando allo stesso tempo lo smog. Per questo oggi abbiamo voluto raccontare storie ed esperienze internazionali che indicano la strada da percorrere”.

“Le nuove stazioni ferroviarie sono e saranno uno dei fulcri dello sviluppo urbanistico delle città”, ha sottolineato Carlo De Vito Presidente di FS Sistemi Urbani (Gruppo FS Italiane). “Cuore delle smart city, le stazioni favoriscono sempre più accessibilità e multi-modalità. Sono hub intermodali per le persone, non più luoghi solo di transito, di arrivo e di partenza, ma piazze urbane, con le diverse attività, centri di aggregazione che esprimono valore culturale, sociale ed economico a basso impatto ambientale. In questo contesto le stazioni dell’alta velocità hanno segnato il ritorno, dopo 50 anni, della grande architettura ferroviaria. Progettate da importanti architetti vincitori di Concorsi internazionali indetti da FS Italiane sono tornate a essere un elemento trainante per la riqualificazione architettonica del tessuto urbano circostante. Dalla stazione Roma Tiburtina progettata da ABDR Architetti Associati e Paolo Desideri, a quelle di Napoli Afragola disegnata da Zaha Hadid, Reggio Emila AV Mediopadana di Santiago Calatrava, Torino Porta Susa ideata dal Gruppo francese Arep (di Jean-Marie Duthilleul e Etienne Tricaud) con Silvio D’Ascia e Agostino Magnaghi, Bologna Centrale AV di Arata Isozaky. Al Sud, in attesa di realizzazione, la stazione di Striano progettata da Philippe Samyn”.

Se come dimostrato le stazioni hanno un ruolo sempre più centrale nella rigenerazione urbana, diventa necessario recuperare l’aspetto sociale di questi luoghi vissuti ogni giorno da migliaia di persone: “La riqualificazione delle stazioni deve avere lo scopo non solo di migliorare l’aspetto funzionale della mobilità – sottolinea Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – ma anche di rendere l’esperienza della fruizione più piacevole, sostenibile e sicura, non solo nei grandi snodi centrali delle città, ma soprattutto nelle periferie, troppo spesso divenute luoghi di degrado abbandonati. Le stazione dunque potrebbero avere nuove funzioni di coordinamento della mobilità grazie alla promozione di servizi integrati, come per esempio le velostazioni, punti nevralgici per migliorare la mobilità a 360 gradi”.

Tra le altre storie presentate oggi c’è quella del progetto COSIMIPIACE, patrocinato negli anni dal Comune di Milano, è frutto di una collaborazione storica di Nuova Acropoli con Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS Italiane) iniziata nel 2011 con la finalità di trasformare spazi urbani anonimi e grigi, in spazi colorati nei quali l’arte pittorica possa essere veicolo di valori e spunto di riflessione, trasformandoli in vere gallerie d’arte e rendendoli così luoghi di bellezza e di incontro nel contesto cittadino.
E poi c’è il progetto per il recupero e la riqualificazione degli scali ferroviari di Milano Farini (468.301 m²) e San Cristoforo (140.199 m²). Nell’ottobre del 2018 è stato lanciato il “Concorso Farini” che si inserisce nell’Accordo di Programma sottoscritto nel 2017 dal Comune di Milano, Regione Lombardia, Ferrovie dello Stato Italiane (con Rete Ferroviaria Italiana e FS Sistemi Urbani) e COIMA SGR. Il concorso è stato vinto da OMA e Laboratorio Permanente. Verde e sostenibilità sono il cuore del progetto. 
Da Potenza, infine, l’esperienza di Scambiologico, la prima green station italiana nata grazie all’intesa sottoscritta da Legambiente, Ferrovie dello Stato Italiane e Rete Ferroviaria Italiana per il recupero delle stazioni impresenziate in diversi territori in Italia. LoGiCo sta per “locale”, “giusto” e “condiviso”: i tre pilastri che costituiscono la così detta sharing economy e che ben sintetizzano i principi su cui è stato trasformato questo “non luogo” in luogo.

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