lunedì 20 marzo 2023

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

DOSSIER - ACQUA E AGRICOLTURA

Occorre ridurre i fabbisogni estivi e le colture più idroesigenti, a partire dal mais. La falda, grande trascurata: le acque invernali in canali e marcite e quelle primaverili di prati e risaie sono una risorsa da non sottovalutare

Milano, 20 Marzo 2023 - In occasione dell’equinozio di primavera, che anticipa la prossima stagione irrigua, Legambiente Lombardia ha analizzato la situazione delle scorte idriche da cui dipende il rifornimento di canali e campi coltivati della regione, utilizzando i dati di ARPA e dei gestori dei laghi lombardi. La situazione del 2023 non è diversa, anzi semmai peggiore, di quella di un anno fa: la neve in montagna è meno di un terzo di quella attesa, ed in quantità perfino inferiore a quella presente 12 mesi fa. Anche per gli invasi idroelettrici la situazione non è affatto rosea, mentre tra i grandi laghi si fa notare il Garda che, a differenza dello scorso anno, non dispone di volumi di riserva ed il suo livello è anzi al minimo storico ormai da mesi. A peggiorare i pronostici, c’è la situazione dei ghiacciai che hanno subito un duro colpo nell’estate scorsa: in prospettiva, occorrerà fare i conti anche con la riduzione degli apporti di acque estive di fusione glaciale.

«Il cambiamento climatico ha allungato di un mese la durata della stagione estiva – commenta Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia – tra anticipo del disgelo, aumento dell’evaporazione per il caldo e riduzione delle masse glaciali, la siccità ci costringe a rivedere gli ordinamenti agricoli regionali: è sempre più evidente la difficoltà ad irrigare le colture estive, il mais in particolare, mentre dovremmo rivalutare, per l’alimentazione del bestiame, colture alternative, a partire da quelle di erbai, prati stabili e marcite, irrigate nella stagione fredda e in primavera».

Le premesse, dunque, ci sono tutte per una nuova stagione agraria in cui fare i conti con la scarsità idrica: nel 2022 le piogge cadute sono state il 36% in meno della media, un ‘buco’ d’acqua che per la Lombardia vale ben 10 miliardi di metri cubi, ma anche nei primi due mesi del 2023 il bilancio è negativo, sono venuti a mancare altri 2 miliardi di metri cubi di acqua sotto forma di pioggia e di neve. Un dato che si riflette nelle scorte idriche, che sono ai minimi della storia delle misurazioni di ARPA, su valori perfino minori rispetto alla situazione fotografata un anno fa: in tutto, considerando sia la copertura nevosa che le acque di invasi idroelettrici e grandi regolazioni lacustri, abbiamo 1,4 miliardi di mc di acqua ‘accantonata’ nella fascia alpina e prealpina, 2,2 miliardi in meno rispetto al volume medio misurato in questo periodo dell’anno. Unica nota di timida speranza è quella relativa alla situazione del Lago Maggiore, che può fare affidamento su una scorta idrica maggiore rispetto a quella dell’anno scorso, che dovrebbe consentire di allagare gran parte delle risaie alimentate dalle acque prelevate dall’emissario. Ma il prosieguo della stagione resterà incerto, alla luce della carenza di scorte nella vasta porzione montana del bacino.

«Gli effetti di questa nuova annata di siccità, sull’agricoltura e sugli ecosistemi fluviali, possono essere fortemente attenuati solo attuando misure di adattamento climatico, che riducano i fabbisogni estivi e favoriscano la ritenzione di acque, nei bacini e nei suoli agricoli, in tutte le altre stagioni – prosegue Di Simine – la pianura lombarda deve poter funzionare come una spugna, in grado di assorbire grandi quantità di acqua e di rilasciarle all’occorrenza. Ma per questo dobbiamo smettere di cementificare il territorio e tornare ad occuparci delle acque sotterranee, che non si vedono ma da cui dipendiamo per la gran parte dei nostri bisogni».

L’associazione ambientalista paventa il rischio che, anziché perseguire l’adattamento al nuovo contesto climatico, si inseguano modelli finalizzati a mantenere quelle colture che promettono di aumentare la produttività, ma a costo di aumentare la vulnerabilità della falda acquifera, in termini sia di quantità che di qualità. La falda, infatti, è la più grande tra le scorte idriche di cui beneficia la nostra regione, e da essa dipendono anche gli usi civili e industriali delle acque. Ma deve continuare ad essere alimentata per poter garantire i propri indispensabili servizi. Purtroppo, quello della falda acquifera è un argomento che fatica a trovare lo spazio che merita, quando si parla di scorte idriche quasi mai tra queste si considera l’acquifero sotterraneo, su cui non vengono forniti dati utili a conoscere e gestire le situazioni di carenza.

«Da sempre le forme tradizionali di agricoltura hanno governato il delicato equilibrio della falda, utilizzandone le acque per l’irrigazione, ad esempio attraverso i fontanili, ma anche preoccupandosi di restituirle attraverso l’irrigazione a scorrimento, le risaie e i prati allagati – ricorda Lorenzo Baio, responsabile settore Acqua di Legambiente Lombardia –. Oggi vediamo i canali tenuti in asciutta per l’intero inverno, quando invece sarebbe possibile riversarvi una parte delle acque che, diversamente, raggiungono troppo rapidamente il mare, mentre per le risaie si fa sempre più ricorso a tecniche di coltivazione in asciutta e le marcite sarebbero già scomparse dal paesaggio agricolo, non fosse stato per le attività e i progetti di sostegno attivati nei parchi regionali per mantenere viva quella che oggi si scopre essere sempre di più una infrastruttura agricola fondamentale per l’equilibrio della falda».

Nei parchi regionali dell’Adda, Agricolo Sud Milano, e del Ticino sono in corso da anni progetti per la conservazione di questi particolari prati allagati con tecniche adatte alla produzione di fieno invernale. Il progetto Aretè, in corso nei parchi del Ticino Piemontese e Lombardo con il sostegno di Fondazione Cariplo, si sta ad esempio occupando non solo di affiancare gli agricoltori nella conduzione delle marcite, ma anche di quantificare i servizi che questo agroecosistema produce, per il rifornimento della falda e il mantenimento della biodiversità nelle aree agricole.

La discussione sulle misure da attuare per affrontare la siccità difficilmente fa i conti con la complessità del ciclo dell’acqua nel sistema della pianura irrigua: quelli che altrove possono apparire sprechi d’acqua, come l’irrigazione a scorrimento, le risaie allagate e la circolazione invernale nei canali, sono invece, a certe condizioni, modalità per rallentare il deflusso delle acque verso il mare, mantenendo imbevuti i terreni e assicurando la restituzione di acqua in falda. Ma oltre a questi fondamentali accorgimenti, molte sono le azioni che possono permettere di migliorare la ‘resilienza’ del sistema irriguo, il più esposto agli effetti della siccità: dalla gestione coordinata dei bacini di monte, inclusa la ‘diplomazia dell’acqua’ nei rapporti con i territori elvetici del bacino del Po, all’estensione del riutilizzo irriguo delle acque di scarico, al miglioramento dei suoli e dei paesaggi agricoli per limitarvi le perdite d’acqua dovute a evaporazione o infiltrazione profonda, alla pianificazione e riduzione degli emungimenti da pozzo, al ripristino della permeabilità dei suoli urbani, con il ricorso ai sistemi di drenaggio sostenibile, che alimentano le falde, anziché aumentare il rischio idrogeologico.


 


lunedì 30 gennaio 2023

Grandi laghi già allo stremo: nel Garda mancano 220 milioni di metri cubi per l’irrigazione.

 

COMUNICATO STAMPA

SICCITA'

Grandi laghi già allo stremo: nel Garda mancano 220 milioni di metri cubi per l’irrigazione.
Senza precipitazioni la crisi idrica nel 2023 sarà durissima

 

Legambiente: “Il deficit idrico è critico e non si intravedono soluzioni semplici: la Pianura Padana deve utilizzare meno acqua, occorre modificare le coltivazioni”


Milano, 26 Gennaio 2023 - Il 2023 comincia con i grandi laghi prealpini tutti semivuoti, e questa è una pessima premessa per l’annata agraria che verrà, per gli agricoltori come per tutti gli utilizzatori della risorsa idrica lombarda, a partire dagli energetici.
I cinque grandi laghi che orlano l’arco prealpino lombardo costituiscono, infatti, un immenso serbatoio idrico utilizzato soprattutto per usi irrigui, grazie alle grandi opere di sbarramento degli emissari che ne regolano i deflussi, consentendo di stoccare un volume complessivo di 1,3 miliardi di metri cubi di acqua. L’acqua però scarseggia negli immissari e, per quanto gli enti regolatori si stiano già sforzando di limitare i deflussi, gli invasi sono vuoti per tre quarti: secondo i dati pubblicati dal servizio idrologico di ARPA Lombardia, infatti, il volume di acqua invasata, e quindi effettivamente utilizzabile per far fronte ai fabbisogni, è pari a circa 350 milioni di metri cubi, quando un anno fa, dopo un inizio inverno anche allora avaro di precipitazioni, c’erano comunque circa 200 milioni di mc di acqua in più nei grandi laghi. Purtroppo le prospettive, almeno per il momento, appaiono pessime: non solo il meteo non offre previsioni di precipitazioni importanti, ma anche i serbatoi che sovrastano i grandi laghi sono in pessima salute. In rapporto alle medie degli ultimi 15 anni, nei bacini idroelettrici alpini manca oltre il 25% dell’acqua normalmente presente in questa stagione, e anche la neve scarseggia: secondo i modelli di ARPA, in montagna manca l’equivalente sotto forma di neve di 700 milioni di mc di acqua, ovvero oltre il 40% della neve che si dovrebbe trovare sulle Alpi in questa stagione.

Quest’anno ad essere in sofferenza è anche il Garda, che nella siccità dell’anno scorso poté intervenire a soccorso delle portate del Po per impedire che andasse completamente in asciutta, mentre gli altri affluenti venivano letteralmente ‘tirati a secco’ per alimentare le reti irrigue. La provvista idrica del Garda nel 2023 non sarà disponibile, e quindi in caso di siccità si potrà prelevare molta meno acqua dagli altri fiumi, Ticino, Adda e Oglio in particolare, a meno di scegliere di desertificare il Polesine.

 

“Diciamo subito che non vogliamo guerre dell’acqua a spese dei fiumi. E questo non soltanto per difendere la biodiversità acquatica, ma anche perché eccessivi prelievi idrici da monte comporterebbero un danno gravissimo per gli utilizzatori di valle, e una espansione smisurata del cuneo salino che comprometterebbe la fertilità di centinaia di migliaia di ettari coltivati lungo il tratto terminale del corso del Po – dichiara Damiano Di Simine, coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia - L’agricoltura lombarda deve fare affidamento su risorse idriche sempre più limitate e incerte, perché ormai il cambiamento climatico è tra noi, e non ci abbandonerà per qualche secolo”.


Legambiente è anche molto perplessa sulle soluzioni ingegneristiche che si prospettano e che dovrebbero attingere dalle risorse economiche del PNRR. Si tratterebbe di realizzare una miriade di laghetti per trattenere acque piovane da redistribuire nel momento del bisogno. “Per quanti laghetti si possano fare in Lombardia, si tratterebbe di volumi irrisori in rapporto ai miliardi di mc degli invasi già presenti. In Lombardia non mancano i volumi di invaso, ma l’acqua con cui riempirli! Occorre avere il coraggio di affrontare un cambiamento profondo dell’agricoltura, non solo modificando le tecniche irrigue, ma soprattutto gli ordinamenti colturali. Non si può pensare di affrontare il cambiamento climatico senza cambiare le colture, anche se ciò significherà ridimensionare le produzioni che afferiscono alla filiera zootecnica” conclude Di Simine.

 

 

 

Capacità invaso, Mmc

Riempimento, Mmc 2022

Riempimento 2022, %

Riempimento, Mmc 2023

Riempimento 2023, %

Verbano

420

101

24%

109

26%

Lario

250

26

11%

52

21%

Sebino

85

24

29%

17

20%

Eridio

35

8

23%

7

20%

Benaco

515

385

75%

165

32%

Totale

1305

544

42%

350

27%

 

Fonte dei dati: elaborazione Legambiente su dati ARPA Lombardia – servizio idrologico sui dati della seconda decade di gennaio

giovedì 1 dicembre 2022

Gallarate-Malpensa: Legambiente Lombardia al presidio di protesta per il collegamento ferroviario T2

 

Gallarate-Malpensa: Legambiente Lombardia al presidio di protesta per il collegamento ferroviario T2

 


Milano, 30 Novembre 2022 – È ancora un no, secco e deciso, quello delle associazioni ambientaliste di cui Legambiente Lombardia è parte e dei comitati locali al collegamento ferroviario Gallarate-Malpensa per il terminal 2 dell’aeroporto. Il raccordo Malpensa T2 – Linea RFI del Sempione eliminerà l’unico bosco esistente a nord-est di Malpensa oltre all’abbattimento di circa 100 tigli nel viale storico del Sempione. Non sono servite a fermare il progetto segnalazioni, opposizioni e il ricorso da parte di Legambiente Lombardia e del circolo Legambiente di Gallarate al Tar della Lombardia.


«Regione Lombardia non ha mai valutato né considerato il potenziamento del servizio sul raccordo che da Nord già esiste attraverso il passante di Busto Arsizio – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –. Solo 10 minuti abbreviano il tempo dei viaggiatori verso l’aeroporto, in compenso si spendono 210 milioni di euro, 37 milioni a km. Non solo non sappiamo ancora se davvero sarà utile ai passeggeri ma sicuramente non servirà alle merci, visto che non è prevista un’area dedicata allo scalo merci trasportate su ferro».


Un aggravio, secondo Legambiente Lombardia, per il territorio che già sconta la realizzazione di numerose altre infrastrutture di collegamento a Malpensa, previste da tempo: il collegamento Pedemontana-336, la tangenziale di Samarate, la tangenziale di Arsago e Somma, interventi definiti di “compensazione” donati ai Comuni dell’intorno aeroportuale per l’ampliamento di Malpensa, quando essi stessi richiederebbero una compensazione ambientale. 


«Tutte opere mai valutate nel loro devastante insieme, tranne che dalla VAS volontaria e partecipata, pagata da tutti i Comuni del Parco Ticino e realizzata a metà degli anni 2000. Già allora il giudizio fu negativo, sebbene lo studio non comprendesse tutte le opere oggi in programma" – prosegue Meggetto –. Perché Regione Lombardia ha consentito che venissero approvate un’opera alla volta, nel loro limitato ambito particolare senza avere un piano d’area complessivo?»


Alle opere infrastrutturali, si aggiunge anche un ulteriore consumo di suolo con i grandi capannoni previsti a Ferno e a Lonate Pozzolo, aree di estrema importanza per la mitigazione ambientale, oggi in fase d’approvazione presso gli stessi comuni. Uno sfruttamento del territorio che pare non avere mai fine, sottolineano dall’associazione ambientalista. 

 


Ufficio stampa Legambiente Lombardia 

Silvia Valenti

ufficiostampa@legambientelombardia.it

3498172191

lunedì 21 novembre 2022

DOSSIER CITTA’ E CLIMA 2022

 

DOSSIER CITTA’ E CLIMA 2022:

 

Legambiente: “Periodi prolungati di siccità, ondate di calore, violente piogge ed esondazioni, black out sono tutti effetti del cambiamento climatico ma anche delle errate gestioni del territorio troppo urbanizzato e impermeabilizzato”

 


Milano, 18 Novembre 2022 – Il 2022 è stato uno degli anni più siccitosi degli ultimi decenni, a partire già dall’inverno, durante il quale sono caduti in Lombardia mediamente meno di 50 millimetri di pioggia, oltre l’85% in meno rispetto al 2021, con conseguenze sull’agricoltura, incendi e livelli minimi di fiumi, laghi e riserve idriche. In valore assoluto, secondo i dati di Arpa Lombardia, nel primo trimestre 2022 sono mancati tre miliardi di metri cubi d’acqua rispetto al 2021. A giugno la neve sulle Alpi era già totalmente esaurita, con oltre 40 giorni di anticipo rispetto alle annate medie. I laghi e gli invasi alpini, risultavano ai minimi storici del periodo, con accumuli di riserva idrica insufficienti a sostenere i fabbisogni irrigui delle campagne lombarde e la generazione idroelettrica. Quando la pioggia è scesa, in maniera copiosa, i terreni si sono dimostrati incapaci di gestire la portata, dando luogo ad alluvioni e smottamenti, come accaduto nella notte tra il 27 e il 28 luglio in Val Camonica, dove è caduta in poche ore la stessa quantità di pioggia caduta sulla provincia di Brescia nei sette mesi precedenti, causando l’esondazione dei torrenti Re e Corbello.
La siccità si è accompagnata anche ad un’ondata di calore. A luglio si sono registrate temperature record in diverse città lombarde: a Brescia e Cremona 39,5°C, a Pavia 38,9°C e a Milano 38,5°C, con una crescita della domanda di energia, e di conseguenza la pressione sulla rete elettrica, del 35% in poche settimane.
 
È il quadro dipinto dall’Osservatorio CittàClima di Legambiente, nel cui dossier annuale vengono analizzati i dati riguardanti gli eventi avversi che le aree urbane italiane devono fronteggiare a causa dei cambiamenti climatici.
 
«Periodi prolungati di siccità, ondate di calore, violente piogge ed esondazioni, black out sono tutti effetti del cambiamento climatico in atto, ma anche delle errate gestioni del territorio troppo urbanizzato – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – In particolare nell’area della Città Metropolitana di Milano (32% del suolo impermeabilizzato secondo i dati Ispra), come in Brianza e nel Varesotto, si è modificata in maniera importante la risposta idrologica e climatica del territorio, generando fenomeni di surriscaldamento estivo e eventi alluvionali più intensi e frequenti».
 
Nel rapporto trovano spazio le descrizioni di interventi infrastrutturali importanti per la messa in sicurezza del territorio, come il programma di sistemazione idraulica del Seveso a protezione del territorio di Milano dalle inondazioni. La storia della metropoli lombarda ci dice che l’impermeabilizzazione del territorio, se non ver­rà fermata o invertita, finirà col rendere obsoleta ogni soluzione ingegneristica messa a punto per governare gli estremi climatici. «Per evitare di inseguire le emergenze con nuove opere ingegneristiche che artificializzano sempre di più il territorio, siano esse canali scolmatori o vasche impermeabili, occorre un cambiamento di approccio: bisogna puntare a ripristinare la piena funzionalità del sistema idrografico, eliminando le strozzature artificiali e le tombinature dei corsi d’acqua, restituendo ai fiumi gli spazi di loro pertinenza e al suolo la propria permeabilità. Per questo Legambiente Lombardia sta lavorando a progetti con diversi partner proprio per estendere il ricorso alle cosiddette nature based solution nell’ambito degli interventi infrastrutturali» conclude Meggetto.


Nel dossier spazio anche alle buone pratiche con la segnalazione del progetto Bicocca Lab. L’Ateneo milanese ha presentato il piano di transizione ecologica e digitale del campus basato sulla rigenerazione dello spazio urbano valorizzando gli edifici esistenti. Piazze smart e sempre più verdi per la didattica all’aperto, aree relax e velostazioni per favorire la mobilità dolce, installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia pulita, depavimentazione delle piazze del campus per mitigare l’isola di calore e cinque ettari di verde e 450 nuovi alberi, grazie ai quali si prevede di assorbire più di 100mila kg all’anno di CO2.


MAPPA INTERATTIVA DEL RISCHIO: WWW.CITTACLIMA.IT

 


SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA DOSSIER - ACQUA E AGRICOLTURA Occorre ridurre i fabbiso...