Secondo Legambiente ogni 62 km di costa un punto è fuori norma: 100 dei 205 campioni portati in laboratorio hanno concentrazioni batteriche doppie rispetto ai limiti consentiti. Situazione lievemente migliorata rispetto al 2011. Tra le peggiori anche regioni che contano il maggior numero di Bandiere Blu
ROMA - Acque sporche ma litorali certificati. Lungo le coste italiane sono ben 120 i punti altamente inquinati 1: uno ogni 62 chilometri. Il triste primato va a Calabria, Liguria e Campania, mentre al primo posto c'è la Sardegna, seguita dalla Toscana e dall'Emilia Romagna. La classifica è stata stilata da Goletta Verde, la campagna Legambiente che ogni anno analizza le acque italiane. Eppure la Liguria è la regione che, sempre quest'anno, ha collezionato il maggior numero di Bandiere Blu per le sue spiagge 2. Una contraddizione dovuta ai diversi paramentri di analisi utilizzati da Legambiente e dalla Foundation for environmental education (Fee), l'ente che certifica litorali puliti e di qualità dal 1987.Quello tracciato da Legambiente è dunque un quadro a tinte fosche, anche se la situazione è lievemente migliorata rispetto a un anno fa, quando i punti critici erano 146 3, uno ogni 51 chilometri di costa.
Sulle coste liguri la Fee ha piantato ben 18 bandiere 4, il triplo rispetto alla Sardegna, ma l'analisi microbiologica di Legambiente assegna alla regione l'argento per il mare più inquinato: ben 15 punti, uno ogni 23 chilometri di litorale. Mentre l'isola conta una sola località contaminata ogni 433 chilometri della sua costa. Stesso paradosso per la Campania, con 14 campioni di acqua non a norma ma 13 certificazioni Fee. Situazione rovesciata per Toscana e Veneto, che contano una sola zona inquinata ma soltanto sei Bandiere Blu. Le stesse che si contano anche in Calabria, la più sporca per Legambiente con 19 punti in cui l'acqua presenta valori preoccupanti.
Per il monitoraggio Goletta verde, a cui hanno collaborato attivamente i bagnanti grazie al servizio Sos Goletta, Legambiente ha analizzato 205 campioni prelevati alle foci di fiumi, torrenti e canali, e nelle vicinanze di scarichi di depuratori mal funzionanti in tutta Italia. I risultati hanno rilevato un totale di 100 zone fortemente inquinate, con concentrazioni di batteri di origine fecale pari ad almeno il doppio dei limiti di legge.
Colpevoli gli impianti di depurazione, assenti o malfunzionanti. Come denuncia Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale dell'associazione ambientalista: "Alla mancanza cronica, soprattutto da parte dei comuni dell'entroterra, si aggiunge il carico inquinante dei reflui non adeguatamente trattati dagli impianti in attività: una situazione davvero imbarazzante che va sanata una volta per tutte". Anche perché, oltre che ambientale, il problema rischia di pesare sulle tasche del Paese. L'Italia è stata condannata a fine luglio dalla Corte di giustizia europea perché 109 agglomerati urbani medio grandi, soprattutto in Sicilia e Calabria, non si sono ancora adeguati alla direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue.
Fonte: La Repubblica - 14 agosto 2012
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