Una petizione per dire “Stop ai sacchetti di plastica”, in nome del rispetto per l'ambiente dell'Italia e del pianeta, e tutti i numeri sugli shopper e i loro danni alle specie viventi sono stati presentati questa mattina a Milano da Legambiente in una conferenza stampa.
“I primi 1.500 cittadini che hanno firmato sul web - ha dichiarato Andrea Poggio, vicedirettore di Legambiente - non chiedono solo a governo e negozi di decretare la fine dell'inutile orgia di plastica ‘a perdere’, ma si impegnano a farne individualmente a meno. Ci attendiamo ora l'adesione dei volontari di Puliamo il Mondo. Il sacchetto di plastica è l’emblema dell’economia dello spreco, la sporta o il sacchetto elegante riutilizzabili sono tornati di moda: milioni di tartarughe, pesci e uccelli marini ci ringrazieranno”.
La petizione - che può essere sottoscritta online su www.legambiente.ito www.puliamoilmondo.ite vede tra i primi firmatari anche l’attore Sergio Muñiz - chiede, infatti, al ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di impegnarsi a non prorogare ulteriormente, oltre il 31 dicembre 2010, il divieto di commercializzazione di sacchi non biodegradabili non rispondenti ai criteri fissati dalla norma tecnica comunitaria EN 13432.
“Ci auguriamo fortemente che la messa al bando dei sacchetti non biodegradabili su tutto il territorio nazionale non venga ulteriormente prorogata – ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Già sarebbe dovuta scattare dal 1° gennaio 2010 ed è stata rimandata di un anno, rallentando, tra l’altro, i progressi della raccolta differenziata dei rifiuti organici per la quale la biodegradabilità dei sacchetti è indispensabile. E’ fondamentale che i cittadini si sentano coinvolti e mandino segnali chiari alle amministrazioni pubbliche e private, scegliendo borse per la spesa diverse e accettando un piccolo cambiamento nelle proprie abitudini. Solo con la consapevolezza di ognuno di noi, si potrà, infatti, vincere in fretta la battaglia contro l’invasione delle buste di plastica”.
Il 24, il 25 e il 26 settembre per il fine settimana di Puliamo il Mondo Legambiente coinvolgerà tutti i volontari in un’opera d’informazione e le firme raccolte verranno poi presentate al ministro Prestigiacomo.
I sacchetti di plastica utilizzati nei negozi e nei supermercati costituiscono, infatti, un grave problema d’inquinamento ambientale diffuso in tutto il mondo. Consumiamo in Italia circa 20miliardi di buste all’anno, assicurando così al nostro paese la maglia nera europea. In Europa le buste consumate sono 100 miliardi e le stime parlano di una commercializzazione annua mondiale di 1000 miliardi di sacchetti. Anche se solo una frazione di questi viene dispersa nell’ambiente, provoca la morte di milioni di pesci, balene, delfini, tartarughe e altri animali. L'Unep stima in un milione il numero di uccelli marini uccisi. Si sono trovati frammenti di plastica perfino nei nidi degli albatros in remote isole dell'Oceano Pacifico. Non ultimo, il problema della tossicità: nella stampa dei sacchetti, specialmente nei paesi in via di sviluppo, sono spesso utilizzati coloranti cancerogeni e metalli come additivi che vengono rilasciati nell'ambiente per poi riconcentrarsi negli organi interni delle specie, esseri umani compresi.
Qualsiasi bilancio costi – benefici è sfavorevole agli shopper di plastica usa e getta: consumano petrolio e inquinano, sono utili solo per pochi minuti ma creano degrado e sporcizia per anni. Costa poco produrli e, talvolta, importarli dai paesi asiatici, mentre il costo per raccoglierli, smaltirli o riciclarli è molto consistente. Tutte le analisi, anche della spesa famigliare, sono a vantaggio della sporta riutilizzabile: molti negozi la offrono ormai a prezzi che vanno dai 50 centesimi all'euro. Dopo 10 o 20 utilizzi ci fanno risparmiare. Ma convertire milioni di consumatori e migliaia di negozi non sarà facile, non basterà un decreto del governo. Occorre l'azione congiunta dei consumatori più consapevoli, delle istituzioni locali a cominciare dai comuni che debbono raccogliere i rifiuti, dei negozi, in primis della grande distribuzione che deve dare l'esempio. Per fortuna il processo è iniziato: più di un centinaio di comuni - tra cui Torino, Amelia in Umbria e alcuni piccoli comuni campani – hanno diffuso ordinanze che mettono in mora i sacchetti di plastica e centinaia di supermercati già ne fanno a meno o promuovono azioni di sensibilizzazione per ridurne l’uso indiscriminato.
Il primo dei problemi legato ai sacchetti di plastica è l'enorme quantità prodotta e consumata mentre solo l'1% dei sacchetti di plastica viene riciclato a livello mondiale. Riciclarli costa, infatti, più che produrli. Sulla base dei sistemi e dei costi di recupero e riciclo statunitensi riciclare una tonnellata di sacchetti di plastica costa 4.000 dollari; una tonnellata di sacchetti da materia prima vergine costa sul mercato delle commodities, 32 dollari.
I sacchetti di plastica si usano solo per poche ore,anche se si riutilizzano per i rifiuti domestici, ma sono un danno quasi eterno: un sacchetto resta nell'ambiente anche per secoli, da un minimo di 15 anni a un massimo di 1000 anni secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente. I sacchetti di plastica sono aerodinamici, basta poco vento per trasportarli e disperderli nell'ambiente, nei fiumi, laghi, mari e sul territorio. Si frantumano in minuscoli pezzi ma non si distruggono e, a volte, formano vere e proprie “isole” come a 800 miglia a nord delle Hawaii, nell'Oceano Pacifico, il cosiddetto Pacific Vortex, con un estensione che varia a seconda delle stime tra i 700 mila e i 10 milioni di Km2 e con un peso stimato di 3 milioni di tonnellate. Concentrazioni variabili di plastica si trovano anche nel Mediterraneo e sulle sponde dei mari italiani.
Il problema non riguarda solo gli animali, anche agricoltura e pesca risultano danneggiate. Si stima che il costo per rimuovere a mano i rifiuti dalle reti da pesca e dai terreni agricoli sia superiore a quello dell’uscita di produzione dei sacchetti. Per non parlare dei danni al paesaggio e, dunque, al settore turistico del quale vivono spesso comunità fragili.
“I primi 1.500 cittadini che hanno firmato sul web - ha dichiarato Andrea Poggio, vicedirettore di Legambiente - non chiedono solo a governo e negozi di decretare la fine dell'inutile orgia di plastica ‘a perdere’, ma si impegnano a farne individualmente a meno. Ci attendiamo ora l'adesione dei volontari di Puliamo il Mondo. Il sacchetto di plastica è l’emblema dell’economia dello spreco, la sporta o il sacchetto elegante riutilizzabili sono tornati di moda: milioni di tartarughe, pesci e uccelli marini ci ringrazieranno”.
La petizione - che può essere sottoscritta online su www.legambiente.ito www.puliamoilmondo.ite vede tra i primi firmatari anche l’attore Sergio Muñiz - chiede, infatti, al ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di impegnarsi a non prorogare ulteriormente, oltre il 31 dicembre 2010, il divieto di commercializzazione di sacchi non biodegradabili non rispondenti ai criteri fissati dalla norma tecnica comunitaria EN 13432.
“Ci auguriamo fortemente che la messa al bando dei sacchetti non biodegradabili su tutto il territorio nazionale non venga ulteriormente prorogata – ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Già sarebbe dovuta scattare dal 1° gennaio 2010 ed è stata rimandata di un anno, rallentando, tra l’altro, i progressi della raccolta differenziata dei rifiuti organici per la quale la biodegradabilità dei sacchetti è indispensabile. E’ fondamentale che i cittadini si sentano coinvolti e mandino segnali chiari alle amministrazioni pubbliche e private, scegliendo borse per la spesa diverse e accettando un piccolo cambiamento nelle proprie abitudini. Solo con la consapevolezza di ognuno di noi, si potrà, infatti, vincere in fretta la battaglia contro l’invasione delle buste di plastica”.
Il 24, il 25 e il 26 settembre per il fine settimana di Puliamo il Mondo Legambiente coinvolgerà tutti i volontari in un’opera d’informazione e le firme raccolte verranno poi presentate al ministro Prestigiacomo.
I sacchetti di plastica utilizzati nei negozi e nei supermercati costituiscono, infatti, un grave problema d’inquinamento ambientale diffuso in tutto il mondo. Consumiamo in Italia circa 20miliardi di buste all’anno, assicurando così al nostro paese la maglia nera europea. In Europa le buste consumate sono 100 miliardi e le stime parlano di una commercializzazione annua mondiale di 1000 miliardi di sacchetti. Anche se solo una frazione di questi viene dispersa nell’ambiente, provoca la morte di milioni di pesci, balene, delfini, tartarughe e altri animali. L'Unep stima in un milione il numero di uccelli marini uccisi. Si sono trovati frammenti di plastica perfino nei nidi degli albatros in remote isole dell'Oceano Pacifico. Non ultimo, il problema della tossicità: nella stampa dei sacchetti, specialmente nei paesi in via di sviluppo, sono spesso utilizzati coloranti cancerogeni e metalli come additivi che vengono rilasciati nell'ambiente per poi riconcentrarsi negli organi interni delle specie, esseri umani compresi.
Qualsiasi bilancio costi – benefici è sfavorevole agli shopper di plastica usa e getta: consumano petrolio e inquinano, sono utili solo per pochi minuti ma creano degrado e sporcizia per anni. Costa poco produrli e, talvolta, importarli dai paesi asiatici, mentre il costo per raccoglierli, smaltirli o riciclarli è molto consistente. Tutte le analisi, anche della spesa famigliare, sono a vantaggio della sporta riutilizzabile: molti negozi la offrono ormai a prezzi che vanno dai 50 centesimi all'euro. Dopo 10 o 20 utilizzi ci fanno risparmiare. Ma convertire milioni di consumatori e migliaia di negozi non sarà facile, non basterà un decreto del governo. Occorre l'azione congiunta dei consumatori più consapevoli, delle istituzioni locali a cominciare dai comuni che debbono raccogliere i rifiuti, dei negozi, in primis della grande distribuzione che deve dare l'esempio. Per fortuna il processo è iniziato: più di un centinaio di comuni - tra cui Torino, Amelia in Umbria e alcuni piccoli comuni campani – hanno diffuso ordinanze che mettono in mora i sacchetti di plastica e centinaia di supermercati già ne fanno a meno o promuovono azioni di sensibilizzazione per ridurne l’uso indiscriminato.
Il primo dei problemi legato ai sacchetti di plastica è l'enorme quantità prodotta e consumata mentre solo l'1% dei sacchetti di plastica viene riciclato a livello mondiale. Riciclarli costa, infatti, più che produrli. Sulla base dei sistemi e dei costi di recupero e riciclo statunitensi riciclare una tonnellata di sacchetti di plastica costa 4.000 dollari; una tonnellata di sacchetti da materia prima vergine costa sul mercato delle commodities, 32 dollari.
I sacchetti di plastica si usano solo per poche ore,anche se si riutilizzano per i rifiuti domestici, ma sono un danno quasi eterno: un sacchetto resta nell'ambiente anche per secoli, da un minimo di 15 anni a un massimo di 1000 anni secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente. I sacchetti di plastica sono aerodinamici, basta poco vento per trasportarli e disperderli nell'ambiente, nei fiumi, laghi, mari e sul territorio. Si frantumano in minuscoli pezzi ma non si distruggono e, a volte, formano vere e proprie “isole” come a 800 miglia a nord delle Hawaii, nell'Oceano Pacifico, il cosiddetto Pacific Vortex, con un estensione che varia a seconda delle stime tra i 700 mila e i 10 milioni di Km2 e con un peso stimato di 3 milioni di tonnellate. Concentrazioni variabili di plastica si trovano anche nel Mediterraneo e sulle sponde dei mari italiani.
Il problema non riguarda solo gli animali, anche agricoltura e pesca risultano danneggiate. Si stima che il costo per rimuovere a mano i rifiuti dalle reti da pesca e dai terreni agricoli sia superiore a quello dell’uscita di produzione dei sacchetti. Per non parlare dei danni al paesaggio e, dunque, al settore turistico del quale vivono spesso comunità fragili.
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