lunedì 20 settembre 2010

Lambro il colpevole forse è dipendente della Lombarda Petroli

Sono stati interrogati di nuovo dai carabinieri i dipendenti dell'ex raffineria, sabotata a febbraio. A far nascere il sospetto, un ammanco di idrocarburi, di cui si voleva far sparire le tracce

Monza, 16 settembre 2010 - Una persona interna alla Lombarda Petroli. Una persona che conosceva bene l’azienda, che sapeva come muoversi al suo interno, quali cisterne fossero piene di idrocarburi e soprattutto come aprirle. Sembrano prossime a una svolta le indagini riguardo a uno dei disastri ambientali italiani più gravi degli ultimi anni, con tonnellate di gasolio e olio combustibile che avevano invaso il fiume Lambro percorrendone tutta l’asta fino a riversarsi addirittura nel Po.

I carabinieri della Compagnia di Monza, che da più di sei mesi indagano sulla vicenda coordinati dalla Procura di Monza, sembrebbero aver imboccato una pista ben precisa. E stanno stringendo il cerchio attorno al colpevole. O ai colpevoli. Solo così si possono interpretare alcune notizie trapelate negli ultimi giorni. I carabinieri sin dal primo momento avevano interrogato le persone che gravitavano per motivi professionali attorno all’ex raffineria: dipendenti ed ex dipendenti, fornitori, autotrasportatori, addetti alla manutenzione. In particolare, gli inquirenti avevano sentito gli ultimi dieci dipendenti ancora in servizio nell’azienda, dal 1984 trasformata in un sito di stoccaggio di idrocarburi e ormai prossima alla chiusura definitiva. Nelle ultime settimane - ed è questa la clamorosa notizia - gli inquirenti sono tornati ancora una volta su di loro. Con una variante: questa volta i dieci dipendenti della Lombarda Petroli sono stati convocati, uno alla volta, negli uffici del Noe di Milano, il Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri, per essere sentiti a proposito degli eventi di quella terribile notte.

Perché ormai i carabinieri sembrano aver accertato alcuni fatti: chi ha sabotato nella notte fra il 22 e il 23 febbraio scorsi le cisterne dell’ex raffineria di Villasanta sapeva dove andare a mettere le mani. Eppure, allo stesso tempo, non immaginava di provocare un disastro di tali proporzioni. Una sorpresa potrebbe essere rappresentata dal movente: da scartare le piste più oscure e immaginifiche ipotizzate nell’immediatezza del disastro, dalla ’ndrangheta alla speculazione immobiliare, sembra che la vera motivazione di chi ha agito fosse molto più banale. Dai controlli effettuati con l’ausilio della Guardia di Finanza, sembrerebbe essere emerso uno strano ammanco di carburante.

Un ammanco - fra quanto ufficialmente dichiarato e quanto effettivamente stivato nel deposito - che potrebbe rappresentare la molla per il sabotaggio. Il vero obiettivo di chi ha agito potrebbe dunque essere stato quello di fare confusione svuotando tutto il contenuto delle cisterne in modo da coprire le tracce di quell’ammanco e dei movimenti che si nascondevano alle sue spalle. I sabotatori confidavano però che la massa di idrocarburi (2.600 tonnellate) si fermasse nel piazzale dell’azienda senza penetrare nelle fognature dai tombini. O, comunque, credevano che le tonnellate di idrocarburi venissero intercettate in tempo dai tecnici di Brianzacque, la società che gestisce il depuratore di Monza, senza finire nell’alveo del fiume. Da chiarire, a questo punto, anche cosa si volesse esattamente nascondere con il sabotaggio del 23 febbraio.

Rimane però un fatto difficile da spiegare: come è stato possibile, qualora una pista simile trovasse conferma, che ad agire sia stato proprio qualcuno dei dipendenti della Lombarda Petroli? Un’azienda che, nella sua lunga storia, e soprattutto in vista dell’ormai imminente chiusura definitiva dell’azienda, era nota per essere riuscita a guadagnarsi l’assoluta fedeltà da parte dei propri dipendenti.

Fonte: Il Giorno di Monza e Brianza 20/o9/2010 articolo di Dario Crippa

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