MILANO — In due anni il costo della bolletta dell’acqua è cresciuto tre volte di più dell’inflazione. Un aumento medio del 12,5%, quasi 30 euro in più all’anno a famiglia. Con punte che arrivano però anche al 42%. Come è successo ad Aosta dove le tariffe dell’acqua hanno corso a una velocità dieci volte superiore all’aumento dell’inflazione e dove oggi i cittadini pagano per il servizio 249 euro l’anno. Con una sola consolazione, quella di sapere che la loro bolletta è la più rincarata d’Italia ma non la più cara in assoluto: a Firenze, a fronte di un aumento del 12%, una famiglia spende in media 506 euro l’anno. Il doppio di chi abita ad Aosta ma addirittura quasi quattro volte di più di chi vive a Milano e, malgrado un rincaro del 17%, paga 129 euro.
SENZA REGOLE - Solo a Campobasso, Catanzaro e Salerno le tariffe sono rimaste invariate. Sabato i movimenti dell’acqua sono tornati in piazza per ribadire il loro «giù le mani dall’esito del referendum». Quello di giugno con il quale i cittadini hanno detto «sì» all’abrogazione del provvedimento con il quale si voleva privatizzare l’acqua. Ma la fotografia scattata dall’indagine dell’associazione dei consumatori Altroconsumo è quella di un settore senza regole e programmazione. Dove ognuno fa quello che vuole. Dove i rincari non sempre corrispondono a un reale miglioramento del servizio. Talvolta, al contrario, nascono da inefficienze. «Un’anarchia generalizzata. Perché passato il referendum non è che tutto vada bene. Anzi», afferma il presidente di Altroconsumo Paolo Martinello. «A prescindere che l’acqua sia pubblica o privata, serve subito una regolamentazione a livello nazionale. E quindi che la neonata Agenzia, con tutti i suoi handicap (dal nome alla nomina politica, fino a alla mancanza di mezzi che la fa partire zoppa rispetto a un’Authority come quella per l’energia e il gas), inizi quanto prima a lavorare. Per vigilare sull’applicazione di tariffe e piani di investimento, quindi stabilire standard omogenei di qualità».
L'INCHIESTA - L’inchiesta di Altroconsumo è stata condotta raffrontando le tariffe in vigore lo scorso agosto in 46 città (tariffe del servizio idrico integrato che comprende erogazione dell’acqua potabile, fognature e depurazione) con quelle raccolte due anni fa attraverso un’analoga indagine. «Dal momento che molte voci tra quelle che compongono la tariffa dell’acqua sono diverse in proporzione al consumo — spiegano dall’associazione — per raffrontare i costi abbiamo calcolato l’importo della bolletta ipotizzando un consumo di acqua di 200 metri cubi l’anno, il consumo più diffuso in Italia tipico di una famiglia di tre persone».
MILANO E BERGAMO A BUON MERCATO - «Le tariffe sono aumentate in media del 12,5% con il record di Aosta, che nel 2009 era risultata una delle città meno care». Rincari a due cifre in 13 città: da Palermo (35%) a Trieste (25), da Roma (21) a Milano, Pescara e Genova (17). Rincari minimi a Catania (1%), Brescia e Potenza (3). In media l’acqua costa di più al Centro (371 euro l’anno), un po’ meno al Nord (271 euro) e meno ancora al Sud (254 euro). Divise le città in cinque gruppi, ecco le «supercare»: «Dove la spesa è molto più alta della media: dai 450 euro di Parma ai 503 di Firenze, passando dai 445 di Ravenna e i 478 di Pesaro». Le «piuttosto care»: «Dove si superano i 330 euro (Palermo) e si arriva a 391 (Genova)». Le «città nella media»: «Sei dove si arriva ai 312 euro: da Cagliari a Bologna». Quelle con tariffe «più basse della media»: «Sotto i 225 euro, con città anche grandi come Roma, Napoli e Venezia». Quindi quelle dove l’acqua è ancora decisamente «a buon mercato»: «Sotto i 200 euro: dai 129 di Milano ai 198 di Bergamo».
TARIFFE E INFRASTRUTTURE - Luciano Baggiani, presidente dell’Associazione dei gestori del servizio idrico (Anea) prova a spiegare il perché di tante differenze: «Il vero problema è la disomogeneità del territorio nei servizi che si riflette in un differente trattamento degli utenti. Vi sono aree del Paese che soffrono di un’arretratezza infrastrutturale inconcepibile. Quanto alle tariffe sono più elevate dove le condizioni strutturali lo impongono, perché sono stati fatti in passato meno investimenti, perché le fonti sono lontane dai centri abitati, perché l’orografia influisce sulla qualità dell’acqua come risorsa». Poi aggiunge: «Non si può escludere che ci siano inefficienze, ma è difficile accertarlo per i ritardi nella raccolta dati. Il presupposto per il rilancio del settore è una forte regolazione pubblica, autorevole e credibile. Da attuare in modo che sia competente, indipendente e senza conflitti di interesse».
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