giovedì 10 aprile 2014

Pedalambro 2014 I paesaggi mutanti e la lentezza del pedale

di Gianni Dapri, consulente Comune di Milano
foto di Alessandro Giacomel, Laura Zamprogno, Lorenzo Baio e Circolo Crescenzago

Per vedere il video:
https://www.youtube.com/watch?v=SuGa6DFAUbI
Clicca qui per ingrandire l'immagine

Nell’immaginario un fiume è un oggetto semplice. Un fiume è composto da un alveo, dove scorre l’acqua e da rive, lievi e abitate da vegetazione ripariale oppure con argini, massicci e dall’aspetto rassicurante. Rive e argini sono spesso un manufatto umano, un luogo antropizzato che “modella” gli elementi naturali, soprattutto quando i fiumi sono all’origine e matrice della formazione di una città. Qui gli uomini hanno utilizzato il fiume come strumento del trasporto, forza motrice o per alimentare le colture agricole. Fiume e sponde sono stati trasformati in componenti tecniche del lavoro e quindi del territorio industriale, il fiume genera la città e questa ne “addomestica” la sua struttura. Il Lambro non è fiume navigabile ma ha fornito energia e acqua per le colture sino alla metà del novecento e le testimonianze di mulini agricoli o di generazione meccanica della prima industria, oltre ai manufatti di convogliamento delle acque irrigue ne sono prova della memoria e identità.
L’idea del fiume urbano è che dovrebbe essere percorribile, artificiale e percorribile, un segno di storia della città con atmosfera desueta. Così non è per il fiume Lambro. Il processo di crescita ed esplosione urbana della metà del secolo scorso con il modello di sviluppo industriale ha invaso il territorio e sopravanzato i principi insediativi generativi del tratto urbano del Lambro: il modello agricolo o di produzione dell’energia. Il nuovo sviluppo ha utilizzato tutto il territorio con estrema indifferenza per il fiume, trattandolo con vero e proprio fastidio per l’intralcio che procurava, come per lo scalo ferroviario di Lambrate o per l’insediamento industriale dell’Innocenti, che ne hanno fagocitato o rettificato il corso dell’alveo.
Domenica 6 aprile abbiamo provato a percorrere il fiume Lambro.
Dotati di biciclette, abbiamo individuato due percorsi, da nord e da sud per convergere poi al parco Lambro. Il primo percorso da nord è partito da Monza ed ha percorso un itinerario che ha toccato l’ambito della Cascinazza, il ponte di San Maurizio al Lambro, le colline degli scarti industriali Falck e le cave Melzi alla Parpagliona,  gli orti della Bergamella, piazza Costantino a Crescenzago e infine il Mulino san Gregorio nel parco Lambro. Il percorso da sud è partito dal’Oasi Levandina di San Donato M.se per toccare il parco Vittorini a Ponte Lambro, la risiera Panigada e la cascina Cavriana dentro il parco Forlanini, il parco Rubattino per convergere anch’esso al Mulino san Gregorio nel parco Lambro.
Abbiamo provato a testare la percorribilità del corso del fiume, delle sue sponde ed anche dei tracciati limitrofi riuscendoci in parte. Il fiume è densissimo di fatti urbani, una complessità territoriale ed eterogenea, sedimentata senza coerenza e che genera concrezioni edificate difficili da conquistare e domare in senso coerente con i contesti territoriali e nel rispetto per il fiume.
I paesaggi che si attraversano con la lentezza della pedalata, diventano contemporaneamente quadri mutanti e fatti concreti, estremamente condizionanti nella modalità di approcciare il fiume.
La nostra tesi sul fiume non esige una condizione di piena e artificiosa percorribilità delle sponde, ma ricerca una sequenza intermittente di occasioni e fatti lungo il tracciato dove la percorribilità si alterna alla densificazione ambientale. Un approccio al fiume che permette di avvicinarlo ma anche di staccarsene, per poterlo meglio vedere e capire. Adesione e distacco devono essere condizioni territorialmente coerenti e con sequenze progettate.
Durante il nostro viaggio, il distacco dal fiume è risultato spesso un fatto violento, un dover tornare sui propri passi e ricominciare il viaggio più in la’.

Da sud trenta ciclisti al nastro di partenza alla stazione delle biciclette di San Donato M.se. Dopo le formalità e una spiegazione dei motivi che hanno spinto gli organizzatori a ipotizzare un itinerario quantomeno “non convenzionale”, il gruppo parte alla volta dell’Oasi Levadina. I primi chilometri risultano già impegnativi, dati alcuni incroci improbabili e l’attraversamento della Paullese. Ma l’oasi si dimostra all’altezza delle aspettative. Si tratta di un’area lambita dal fiume e gestita dai volontari del WWF che, aerei permettendo, è realmente un posto speciale, dove si ritrovano natura e acqua.
Di nuovo in marcia lungo via Fiume Lambro, tra capannoni, centri commerciali e strane piste ciclabili che finiscono nel nulla. In un battibaleno siamo in via Camaldoli dove pochi mesi fa alcuni volontari hanno lavorato parecchio durante l’iniziativa “Puliamo il Mondo”. Area che adesso in parte è abusivamente recintata.
Nella parte a sud, dove la densità urbana lascia ampie tracce di territorio agricolo, il fiume è ampiamente percorribile. Il tracciato è anche particolarmente tortuoso, con anse e contro anse e l’urbanizzato ha dovuto tenere una distanza necessaria. Il primo ostacolo è la strada Paullese, densa di snodi viabilistici con la tangenziale Est. Quest’ultima è una presenza costante del disegno metropolitano, come se la sua realizzazione avesse cercato il fiume Lambro, l’avesse inseguito alla caccia di un sedime libero su cui appoggiare piloni e massicciate, la vicinanza e sovrapposizione di autostrada e fiume è un elemento costante.
Seguendo il fiume verso nord si entra in un ambito territoriale dalle caratteristiche agricole residuali, compreso tra l’aeroporto di Linate ad est e gli insediamenti terziari sul confine tra San Donato M.se e Milano. Questa condizione di area interclusa ma sostanzialmente ancora poco edificata e di conservazione dell’attività agricola arriva sino al quartiere di Ponte Lambro con il nuovo parco Vittorini e l’ambito recuperato con la demolizione del famoso “ecomostro” e qui si pedala sull’argine stretto e sterrato sino quasi alla cascina Monluè. Arriviamo dunque con una buona mezzora di ritardo all’appuntamento presso i giardini di Via Vittorini a Ponte Lambro dove ci attendono Pierangelo Tosi del Consiglio di Zona 4 e il sig. Claudio, memoria storica del quartiere.
Da qui il fiume non è avvicinabile, ostruito lo si intuisce oltre gli orti abusivi e aree dove la natura si è ripresa intensamente la riva. In questa parte, il fiume, lo si scopre arrivando dal parco Monluè.
Poi nel parco Forlanini il fiume lo si avvicina a tratti. Occorre zigzagare con le biciclette, come mosche nella stanza per provare ad affacciarsi. Il fiume lo si raggiunge dal villaggio dove esiste ancora il mulino di una risiera e la ruota del mulino di un’ex  fucinatura dei metalli oppure quando il Lambro sottopassa via Corelli per scomparire sotto il grande scalo ferroviario. Qui il fiume scompare.
A questo punto occorre pedalare per raggiungere la città entro la cinta ferroviaria,  aggirare lo scalo e poter poi ritrovare il fiume solo nel nuovo quartiere Rubattino, sorto sulla sede della fabbrica Innocenti e qui il fiume è diventato una parte di un piccolo parco.
Dopo il parco Rubattino il fiume non è più risalibile, l’alveo è stato chiuso entro uno stretto percorso artificiale dalla realizzazione delle fabbriche di Lambrate, con i capannoni costruiti sino al bordo.
Si torna nella città densa sino al quartiere Feltre, qui il fiume è visibile in distanza ma non raggiungibile, una presenza con pochi condizionamenti ma comunque senza rapporti stabili con la città attorno.
Il fiume torna ad essere avvicinabile e percorribile solo nel parco Lambro. Una presenza non dirompente, discreta, percepita più dall’odore che non dal suo tracciato, ma forse questa dimensione è la sua più connaturata in questa fase storica, un elemento di scenario del paesaggio.
Di questo e altro abbiamo chiacchierato amabilmente alla cascina Mulino San Gregorio, ricongiunti con il gruppo che ha percorso il tracciato nord.


Gazebo presso Molino Cascina San Gregorio


 Arrivo in volata


 Un piccolo break nel percorso Nord presso la sede di Legambiente Crescenzago


 C'è chi discute...


Arrivo al Parco Lambro del gruppo Sud (con mezz'ora di ritardo!)


 Visita all'Oasi Levadina


 Il pergolato con glicine in fiore


 Parco Forlanini, si discute sul campo da Golf


 Il "gruppone" degli eroici


 Alla partenza Sud 1


 Alla partenza Sud 2


Arrivo all'oasi Levadina


Avvistamenti?


 Fabio del WWF Sud Milano 


 Verso Cascina Cavriano


I mezzi meccanici


 Lungo il Lambro a Peschiera


Il Ponte Azzurro del Forlanini


 Parco Forlanini


La vecchia pala della Riseria Panigada, un tempo alimentata dalle acque del Lambro


 Riseria Panigada


 Scorci di Lambro


 Il verde e il blu


                                                               I tecnici del Politecnico e di Irs


 Ritrovo a Monza


 Lungo il canale Villoresi


 Ingresso al Parco Media Valle Lambro


 Impegno...


 In mezzo scorre il fiume...Lambro


Gli orti della Bergamella


 Momenti felici


 In visione le tavole del progetto Lambro Metropolitano



Parlano gli esperti

Nessun commento:

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA DOSSIER - ACQUA E AGRICOLTURA Occorre ridurre i fabbiso...