"Sulla sua pelle scorreva acqua quasi a coprirlo come una veste intangibile e fresca".
mercoledì 30 aprile 2014
mercoledì 23 aprile 2014
Acqua e sanzioni comunitarie: Italia condannata per 23 anni di ritardi e inadempienze
Milano,
23 aprile 2014 Comunicato
stampa
L’ufficio
stampa Legambiente Lombardia 02 87386480
Link alla sentenza della Corte di Giustizia Europea
Anche
la
Lombardia si
avvia a pagare pesantissime sanzioni per la mancanza di
depurazione delle acque
“Basta con il balletto
sulla gestione idrica: è ora
di rimboccarsi le maniche e di sbloccare le risorse per la
depurazione e i
collettori”
L’Italia
rischia di pagare un conto salatissimo per la mancanza di
depuratori, reti e collettori fognari. L’Europa ha infatti
condannato il nostro
Paese perchè ancora troppi comuni non si sono dotati di
sistemi efficienti di recupero
e trattamento delle acque reflue,
così come prescrive la normativa europea. E la Lombardia è tra le
principali colpevoli
di quello che l’Europa ci contesta: nella nostra regione sono
fuorilegge ben 14
agglomerati, ovvero insiemi
di aree urbane in cui la popolazione e le attività economiche
sono
sufficientemente concentrate da rendere possibile la raccolta e
il
convogliamento delle acque reflue urbane verso un impianto di
trattamento delle
acque o verso un punto di scarico finale. Tutto
questo rischia
di tradursi in sanzioni per decine
di milioni di euro. Infatti
il 10 aprile di
quest’anno la Corte di
Giustizia europea ha depositato la sentenza con la quale ha
confermato
l’infrazione da parte dell’Italia della 91/271/CEE, la
Direttiva sulla gestione
delle acque reflue. Da ora abbiamo pochissimo tempo per
risolvere le
situazioni critiche: collaudo delle opere realizzate per
raggiungere la
conformità, completamento delle reti fognarie, collettamenti e/o
impianti
depurazione. Il tutto entro il 31 dicembre del 2015, data in cui
la Direttiva
2000/60/CEE prevede il raggiungimento di obiettivi di qualità
sulle acque.
Altrimenti scatterà la seconda fase del procedimento che porterà
l’Italia e la
Lombardia a pagare milioni di multa per ciascun agglomerato che
ancora non rispetti
le regole. E non è che l'inizio di
una situazione che rischia di
continuare e di ingigantirsi nei prossimi mesi o anni, per le centinaia di
comuni che, in tutta la
Lombardia e in Italia,
sono inadempienti agli obblighi di depurazione.
“La sentenza
della Corte Europea -
dichiara Damiano Di
Simine presidente di
Legambiente Lombardia - mette in luce il vero, e grave,
ritardo
infrastrutturale lombardo: a mancarci non sono strade ed
autostrade, ma fogne e
depuratori. Alla politica chiediamo di attivare gli investimenti
necessari a
sanare questo umiliante gap
infrastrutturale, anche mettendo a punto gli strumenti della
finanza di
progetto per mobilitare le notevoli risorse necessarie”.
Non
è piacevole per nessuno parlare di adeguamenti tariffari in un
momento di crisi
economica, ma dobbiamo fare i conti con il fatto che la
Lombardia ha accumulato
gravi ritardi sugli investimenti: paghiamo poco l'acqua non
perchè siamo più
bravi delle altre regioni Europee, ma perchè non abbiamo
sviluppato il
programma di investimenti necessario a raggiungere un
accettabile livello di
qualità delle acque di scarico. E ora le sanzioni non lasciano
scampo: meglio
fare investimenti piuttosto che pagare le multe comunitarie.
L’elenco
dei 14 agglomerati lombardi condannati dall’Europa per
mancanza di depuratori,
reti e collettori fognari:
Orzinuovi,
Calco,
Valle San
Martino,
Olona Nord,
Melegnano,
Olona Sud,
Robecco sul
Naviglio,
Rozzano,
San Giuliano
M.se EST,
Trezzano sul
Naviglio,
Broni,
Casteggio,
Mortara,
Vigevano.
Link alla sentenza della Corte di Giustizia Europea
martedì 22 aprile 2014
Programma attività zona Levadina: 2014 SECONDA VISITA GUIDATA 26 aprile, in pomeriggio
Dopo la prima apertura in occasione
della "PedalaLambro" di Legambiente il 6 aprile scorso, il Wwf Sud
Milano prosegue nella sua attività di difesa, conoscenza e
valorizzazione della zona naturalistica accanto al fiume Lambro
chiamata Levadina, in territorio comunale di San Donato Milanese, in
Parco Sud Milano, secondo la nuova convenzione triennale sancita l'anno
scorso tra la Amministrazione Comunale e la nostra Associazione.
Le caratteristiche della zona, la sua
ubicazione (Via Fiume Lambro), l'elenco completo delle iniziative e le
loro date per il 2014 sono descritte nel pieghevole allegato, frutto
anche degli enti e dalle associazioni che hanno
contribuito alla realizzazione dei progetti per Levadina a partire dai
primi anni 200.
Con l'arrivo della primavera si intende
proporre anche per quest'anno un nuovo calendario di attività e visite
guidate nell'oasi come previsto dalla attuale convenzione. Attualmente
le date stabilite, suscettibili di conferma
volta per volta in loro prossimità, sono almeno le seguenti:
Si chiede cortesemente di pubblicizzare le date in modo adeguato
6 aprile: Biciclettata Levadina Lambro, già effettuata
26 Aprile: Sabato pomeriggio Visita guidata e lavori di volontariato
11 maggio, Bimbimbici a Levadina con la Stazione delle Biciclette
1 giugno: visita guidata in occasione della Festa degli Orti Comunali
6 giugno: venerdi'sera, lucciolata a Levadina
una domenica pomeriggio in giugno: sos girini ?
29 giugno: domenica pomeriggio, Visita guidata e lavori di volontariato
mezza giornata in un fine settimana a Luglio e ad Agosto
13 settembre: sabato pomeriggio : apertura levadina
28 settembre domenica pomeriggio:
biciclettata a levadina
18 o 19 ottobre : apertura levadina
16 novembre: sabato ore 14.30:
Visita guidata
15 novembre sabato pomeriggio : apertura levadina
Si propone perciò la visita guidata dell'oasi per
sabato prossimo 26 Aprile, di pomeriggio, a partire dalle 14:45;
queste attività hanno lo scopo di far conoscere, ribadire la cura e
l'attenzione verso questo scampolo di natura rimasto a pochi chilometri
dalla metropoli, a ridosso del fiume
Lambro, per il quale la nostra associazione ha
anche sottoscritto il Contratto di Fiume in regione Lombardia
nel 2012 e ha seguito il progetto di valorizzazione della zona più a
Nord dell'Ecomostro PonteLambro – Moluè nel comune di Milano..
Si fa presente che in realtà la
frequentazione di Levadina da parte dei volontari del Wwf Sud Milano non
si limita a questi momenti definiti dal calendario ma invece c'è una
frequentazione dell'area, per mantenerla viva, quasi
settimanale, e si ricorda che l'associazione è disponibile ad accettare
nuovi volontari e a far visitare l'area ogni volta che ce ne sia
richiesta.
L'attività che l'associazione qui
svolge è descritta da una relazione annuale che si consegna
all'Amministrazione comunale, proprietaria, disponibile a chi ne facesse
richiesta.
Si ricorda che il Wwf Sud Milano ha in
cura anche altre aree nel sud est Milano, tra cui l'oasi di fronte al
municipio di San Giuliano Milanese, il bosco che sta crescendo a Zivido
di fianco alla Via Emilia, le oasi Parco Noci
e il Bosco di Montorfano, ancora sul Lambro, a Melegnano, queste ultime
due in collaborazione con l'associazione Il Bradipo.
Si ricorda a chi è interessato a
partecipare alla visita di sabato di vestire in modo adeguato,
calzature robusti ed eventualmente guanti.
per info 339 6441935
TAVOLO 100 FONTANILI 07 maggio 2014 ore 9:00
Provincia di Milano
Settore Agricoltura,Parchi, Caccia e Pesca
Obiettivi dell’incontro
- Presentazione del progetto 100 Fontanili
- Illustrazione dei primi risultati del progetto (inquadramento territoriale e analisi
ecologica del sistema dei fontanili dal Ticino all’Adda)
- Individuazione condivisa degli ambiti di connessione ecologica più idonei nel
territorio coinvolto dal progetto
Agenda
9:00 Registrazione
9:30 Saluti Autorità
9:45 Sessione 1 - Il progetto
Presentazione progetto 100 fontanili (Legambiente Lombardia)
Inquadramento del sistema fontanili dal Ticino all’Adda nel contesto
normativo e pianificatorio vigenti (Provincia di Milano)
Analisi ecologica del sistema fontanili dal Ticino all’Adda
(Università Agraria e IRSA-CNR). I primi risultati elaborati
11:00 Sessione 2 – Gli ambiti di connessione ecologica
Introduzione dell’attività di gruppo (definizione di ambito di connesione
ecologica, metodo, obiettivi e risultati)
Laboratori di co-progettazione
Risultati laboratori
12:30 Chiusura lavori
Settore Agricoltura,Parchi, Caccia e Pesca
Obiettivi dell’incontro
- Presentazione del progetto 100 Fontanili
- Illustrazione dei primi risultati del progetto (inquadramento territoriale e analisi
ecologica del sistema dei fontanili dal Ticino all’Adda)
- Individuazione condivisa degli ambiti di connessione ecologica più idonei nel
territorio coinvolto dal progetto
Agenda
9:00 Registrazione
9:30 Saluti Autorità
9:45 Sessione 1 - Il progetto
Presentazione progetto 100 fontanili (Legambiente Lombardia)
Inquadramento del sistema fontanili dal Ticino all’Adda nel contesto
normativo e pianificatorio vigenti (Provincia di Milano)
Analisi ecologica del sistema fontanili dal Ticino all’Adda
(Università Agraria e IRSA-CNR). I primi risultati elaborati
11:00 Sessione 2 – Gli ambiti di connessione ecologica
Introduzione dell’attività di gruppo (definizione di ambito di connesione
ecologica, metodo, obiettivi e risultati)
Laboratori di co-progettazione
Risultati laboratori
12:30 Chiusura lavori
lunedì 14 aprile 2014
“Su e Giù per il Lambro” - 4° edizione
Manifestazione ludico motoria a passo libero aperta a tutti
Di Km 6 -13-20
Valida per la vidimazione dei concorsi NAZIONALI PIEDE ALATO ed INTERNAZIONALI I.V.V.
Di Km 6 -13-20
Valida per la vidimazione dei concorsi NAZIONALI PIEDE ALATO ed INTERNAZIONALI I.V.V.
giovedì 10 aprile 2014
Pedalambro 2014 I paesaggi mutanti e la lentezza del pedale
di Gianni Dapri, consulente Comune di Milano
foto di Alessandro Giacomel, Laura Zamprogno, Lorenzo Baio e Circolo Crescenzago
Per vedere il video:
https://www.youtube.com/watch?v=SuGa6DFAUbI
Nell’immaginario un fiume è un oggetto semplice. Un fiume è composto da un alveo, dove scorre l’acqua e da rive, lievi e abitate da vegetazione ripariale oppure con argini, massicci e dall’aspetto rassicurante. Rive e argini sono spesso un manufatto umano, un luogo antropizzato che “modella” gli elementi naturali, soprattutto quando i fiumi sono all’origine e matrice della formazione di una città. Qui gli uomini hanno utilizzato il fiume come strumento del trasporto, forza motrice o per alimentare le colture agricole. Fiume e sponde sono stati trasformati in componenti tecniche del lavoro e quindi del territorio industriale, il fiume genera la città e questa ne “addomestica” la sua struttura. Il Lambro non è fiume navigabile ma ha fornito energia e acqua per le colture sino alla metà del novecento e le testimonianze di mulini agricoli o di generazione meccanica della prima industria, oltre ai manufatti di convogliamento delle acque irrigue ne sono prova della memoria e identità.
L’idea del fiume urbano è che dovrebbe essere percorribile, artificiale e percorribile, un segno di storia della città con atmosfera desueta. Così non è per il fiume Lambro. Il processo di crescita ed esplosione urbana della metà del secolo scorso con il modello di sviluppo industriale ha invaso il territorio e sopravanzato i principi insediativi generativi del tratto urbano del Lambro: il modello agricolo o di produzione dell’energia. Il nuovo sviluppo ha utilizzato tutto il territorio con estrema indifferenza per il fiume, trattandolo con vero e proprio fastidio per l’intralcio che procurava, come per lo scalo ferroviario di Lambrate o per l’insediamento industriale dell’Innocenti, che ne hanno fagocitato o rettificato il corso dell’alveo.
Domenica 6 aprile abbiamo provato a percorrere il fiume Lambro. Dotati di biciclette, abbiamo individuato due percorsi, da nord e da sud per convergere poi al parco Lambro. Il primo percorso da nord è partito da Monza ed ha percorso un itinerario che ha toccato l’ambito della Cascinazza, il ponte di San Maurizio al Lambro, le colline degli scarti industriali Falck e le cave Melzi alla Parpagliona, gli orti della Bergamella, piazza Costantino a Crescenzago e infine il Mulino san Gregorio nel parco Lambro. Il percorso da sud è partito dal’Oasi Levandina di San Donato M.se per toccare il parco Vittorini a Ponte Lambro, la risiera Panigada e la cascina Cavriana dentro il parco Forlanini, il parco Rubattino per convergere anch’esso al Mulino san Gregorio nel parco Lambro.
Abbiamo provato a testare la percorribilità del corso del fiume, delle sue sponde ed anche dei tracciati limitrofi riuscendoci in parte. Il fiume è densissimo di fatti urbani, una complessità territoriale ed eterogenea, sedimentata senza coerenza e che genera concrezioni edificate difficili da conquistare e domare in senso coerente con i contesti territoriali e nel rispetto per il fiume.
I paesaggi che si attraversano con la lentezza della pedalata, diventano contemporaneamente quadri mutanti e fatti concreti, estremamente condizionanti nella modalità di approcciare il fiume.
La nostra tesi sul fiume non esige una condizione di piena e artificiosa percorribilità delle sponde, ma ricerca una sequenza intermittente di occasioni e fatti lungo il tracciato dove la percorribilità si alterna alla densificazione ambientale. Un approccio al fiume che permette di avvicinarlo ma anche di staccarsene, per poterlo meglio vedere e capire. Adesione e distacco devono essere condizioni territorialmente coerenti e con sequenze progettate.
Durante il nostro viaggio, il distacco dal fiume è risultato spesso un fatto violento, un dover tornare sui propri passi e ricominciare il viaggio più in la’.
Da sud trenta ciclisti al nastro di partenza alla stazione delle biciclette di San Donato M.se. Dopo le formalità e una spiegazione dei motivi che hanno spinto gli organizzatori a ipotizzare un itinerario quantomeno “non convenzionale”, il gruppo parte alla volta dell’Oasi Levadina. I primi chilometri risultano già impegnativi, dati alcuni incroci improbabili e l’attraversamento della Paullese. Ma l’oasi si dimostra all’altezza delle aspettative. Si tratta di un’area lambita dal fiume e gestita dai volontari del WWF che, aerei permettendo, è realmente un posto speciale, dove si ritrovano natura e acqua.
Di nuovo in marcia lungo via Fiume Lambro, tra capannoni, centri commerciali e strane piste ciclabili che finiscono nel nulla. In un battibaleno siamo in via Camaldoli dove pochi mesi fa alcuni volontari hanno lavorato parecchio durante l’iniziativa “Puliamo il Mondo”. Area che adesso in parte è abusivamente recintata.
Nella parte a sud, dove la densità urbana lascia ampie tracce di territorio agricolo, il fiume è ampiamente percorribile. Il tracciato è anche particolarmente tortuoso, con anse e contro anse e l’urbanizzato ha dovuto tenere una distanza necessaria. Il primo ostacolo è la strada Paullese, densa di snodi viabilistici con la tangenziale Est. Quest’ultima è una presenza costante del disegno metropolitano, come se la sua realizzazione avesse cercato il fiume Lambro, l’avesse inseguito alla caccia di un sedime libero su cui appoggiare piloni e massicciate, la vicinanza e sovrapposizione di autostrada e fiume è un elemento costante.
Seguendo il fiume verso nord si entra in un ambito territoriale dalle caratteristiche agricole residuali, compreso tra l’aeroporto di Linate ad est e gli insediamenti terziari sul confine tra San Donato M.se e Milano. Questa condizione di area interclusa ma sostanzialmente ancora poco edificata e di conservazione dell’attività agricola arriva sino al quartiere di Ponte Lambro con il nuovo parco Vittorini e l’ambito recuperato con la demolizione del famoso “ecomostro” e qui si pedala sull’argine stretto e sterrato sino quasi alla cascina Monluè. Arriviamo dunque con una buona mezzora di ritardo all’appuntamento presso i giardini di Via Vittorini a Ponte Lambro dove ci attendono Pierangelo Tosi del Consiglio di Zona 4 e il sig. Claudio, memoria storica del quartiere.
Da qui il fiume non è avvicinabile, ostruito lo si intuisce oltre gli orti abusivi e aree dove la natura si è ripresa intensamente la riva. In questa parte, il fiume, lo si scopre arrivando dal parco Monluè.
Poi nel parco Forlanini il fiume lo si avvicina a tratti. Occorre zigzagare con le biciclette, come mosche nella stanza per provare ad affacciarsi. Il fiume lo si raggiunge dal villaggio dove esiste ancora il mulino di una risiera e la ruota del mulino di un’ex fucinatura dei metalli oppure quando il Lambro sottopassa via Corelli per scomparire sotto il grande scalo ferroviario. Qui il fiume scompare.
A questo punto occorre pedalare per raggiungere la città entro la cinta ferroviaria, aggirare lo scalo e poter poi ritrovare il fiume solo nel nuovo quartiere Rubattino, sorto sulla sede della fabbrica Innocenti e qui il fiume è diventato una parte di un piccolo parco.
Dopo il parco Rubattino il fiume non è più risalibile, l’alveo è stato chiuso entro uno stretto percorso artificiale dalla realizzazione delle fabbriche di Lambrate, con i capannoni costruiti sino al bordo.
Si torna nella città densa sino al quartiere Feltre, qui il fiume è visibile in distanza ma non raggiungibile, una presenza con pochi condizionamenti ma comunque senza rapporti stabili con la città attorno.
Il fiume torna ad essere avvicinabile e percorribile solo nel parco Lambro. Una presenza non dirompente, discreta, percepita più dall’odore che non dal suo tracciato, ma forse questa dimensione è la sua più connaturata in questa fase storica, un elemento di scenario del paesaggio.
Di questo e altro abbiamo chiacchierato amabilmente alla cascina Mulino San Gregorio, ricongiunti con il gruppo che ha percorso il tracciato nord.
I tecnici del Politecnico e di Irs
foto di Alessandro Giacomel, Laura Zamprogno, Lorenzo Baio e Circolo Crescenzago
Per vedere il video:
https://www.youtube.com/watch?v=SuGa6DFAUbI
Nell’immaginario un fiume è un oggetto semplice. Un fiume è composto da un alveo, dove scorre l’acqua e da rive, lievi e abitate da vegetazione ripariale oppure con argini, massicci e dall’aspetto rassicurante. Rive e argini sono spesso un manufatto umano, un luogo antropizzato che “modella” gli elementi naturali, soprattutto quando i fiumi sono all’origine e matrice della formazione di una città. Qui gli uomini hanno utilizzato il fiume come strumento del trasporto, forza motrice o per alimentare le colture agricole. Fiume e sponde sono stati trasformati in componenti tecniche del lavoro e quindi del territorio industriale, il fiume genera la città e questa ne “addomestica” la sua struttura. Il Lambro non è fiume navigabile ma ha fornito energia e acqua per le colture sino alla metà del novecento e le testimonianze di mulini agricoli o di generazione meccanica della prima industria, oltre ai manufatti di convogliamento delle acque irrigue ne sono prova della memoria e identità.
L’idea del fiume urbano è che dovrebbe essere percorribile, artificiale e percorribile, un segno di storia della città con atmosfera desueta. Così non è per il fiume Lambro. Il processo di crescita ed esplosione urbana della metà del secolo scorso con il modello di sviluppo industriale ha invaso il territorio e sopravanzato i principi insediativi generativi del tratto urbano del Lambro: il modello agricolo o di produzione dell’energia. Il nuovo sviluppo ha utilizzato tutto il territorio con estrema indifferenza per il fiume, trattandolo con vero e proprio fastidio per l’intralcio che procurava, come per lo scalo ferroviario di Lambrate o per l’insediamento industriale dell’Innocenti, che ne hanno fagocitato o rettificato il corso dell’alveo.
Domenica 6 aprile abbiamo provato a percorrere il fiume Lambro. Dotati di biciclette, abbiamo individuato due percorsi, da nord e da sud per convergere poi al parco Lambro. Il primo percorso da nord è partito da Monza ed ha percorso un itinerario che ha toccato l’ambito della Cascinazza, il ponte di San Maurizio al Lambro, le colline degli scarti industriali Falck e le cave Melzi alla Parpagliona, gli orti della Bergamella, piazza Costantino a Crescenzago e infine il Mulino san Gregorio nel parco Lambro. Il percorso da sud è partito dal’Oasi Levandina di San Donato M.se per toccare il parco Vittorini a Ponte Lambro, la risiera Panigada e la cascina Cavriana dentro il parco Forlanini, il parco Rubattino per convergere anch’esso al Mulino san Gregorio nel parco Lambro.
Abbiamo provato a testare la percorribilità del corso del fiume, delle sue sponde ed anche dei tracciati limitrofi riuscendoci in parte. Il fiume è densissimo di fatti urbani, una complessità territoriale ed eterogenea, sedimentata senza coerenza e che genera concrezioni edificate difficili da conquistare e domare in senso coerente con i contesti territoriali e nel rispetto per il fiume.
I paesaggi che si attraversano con la lentezza della pedalata, diventano contemporaneamente quadri mutanti e fatti concreti, estremamente condizionanti nella modalità di approcciare il fiume.
La nostra tesi sul fiume non esige una condizione di piena e artificiosa percorribilità delle sponde, ma ricerca una sequenza intermittente di occasioni e fatti lungo il tracciato dove la percorribilità si alterna alla densificazione ambientale. Un approccio al fiume che permette di avvicinarlo ma anche di staccarsene, per poterlo meglio vedere e capire. Adesione e distacco devono essere condizioni territorialmente coerenti e con sequenze progettate.
Durante il nostro viaggio, il distacco dal fiume è risultato spesso un fatto violento, un dover tornare sui propri passi e ricominciare il viaggio più in la’.
Da sud trenta ciclisti al nastro di partenza alla stazione delle biciclette di San Donato M.se. Dopo le formalità e una spiegazione dei motivi che hanno spinto gli organizzatori a ipotizzare un itinerario quantomeno “non convenzionale”, il gruppo parte alla volta dell’Oasi Levadina. I primi chilometri risultano già impegnativi, dati alcuni incroci improbabili e l’attraversamento della Paullese. Ma l’oasi si dimostra all’altezza delle aspettative. Si tratta di un’area lambita dal fiume e gestita dai volontari del WWF che, aerei permettendo, è realmente un posto speciale, dove si ritrovano natura e acqua.
Di nuovo in marcia lungo via Fiume Lambro, tra capannoni, centri commerciali e strane piste ciclabili che finiscono nel nulla. In un battibaleno siamo in via Camaldoli dove pochi mesi fa alcuni volontari hanno lavorato parecchio durante l’iniziativa “Puliamo il Mondo”. Area che adesso in parte è abusivamente recintata.
Nella parte a sud, dove la densità urbana lascia ampie tracce di territorio agricolo, il fiume è ampiamente percorribile. Il tracciato è anche particolarmente tortuoso, con anse e contro anse e l’urbanizzato ha dovuto tenere una distanza necessaria. Il primo ostacolo è la strada Paullese, densa di snodi viabilistici con la tangenziale Est. Quest’ultima è una presenza costante del disegno metropolitano, come se la sua realizzazione avesse cercato il fiume Lambro, l’avesse inseguito alla caccia di un sedime libero su cui appoggiare piloni e massicciate, la vicinanza e sovrapposizione di autostrada e fiume è un elemento costante.
Seguendo il fiume verso nord si entra in un ambito territoriale dalle caratteristiche agricole residuali, compreso tra l’aeroporto di Linate ad est e gli insediamenti terziari sul confine tra San Donato M.se e Milano. Questa condizione di area interclusa ma sostanzialmente ancora poco edificata e di conservazione dell’attività agricola arriva sino al quartiere di Ponte Lambro con il nuovo parco Vittorini e l’ambito recuperato con la demolizione del famoso “ecomostro” e qui si pedala sull’argine stretto e sterrato sino quasi alla cascina Monluè. Arriviamo dunque con una buona mezzora di ritardo all’appuntamento presso i giardini di Via Vittorini a Ponte Lambro dove ci attendono Pierangelo Tosi del Consiglio di Zona 4 e il sig. Claudio, memoria storica del quartiere.
Da qui il fiume non è avvicinabile, ostruito lo si intuisce oltre gli orti abusivi e aree dove la natura si è ripresa intensamente la riva. In questa parte, il fiume, lo si scopre arrivando dal parco Monluè.
Poi nel parco Forlanini il fiume lo si avvicina a tratti. Occorre zigzagare con le biciclette, come mosche nella stanza per provare ad affacciarsi. Il fiume lo si raggiunge dal villaggio dove esiste ancora il mulino di una risiera e la ruota del mulino di un’ex fucinatura dei metalli oppure quando il Lambro sottopassa via Corelli per scomparire sotto il grande scalo ferroviario. Qui il fiume scompare.
A questo punto occorre pedalare per raggiungere la città entro la cinta ferroviaria, aggirare lo scalo e poter poi ritrovare il fiume solo nel nuovo quartiere Rubattino, sorto sulla sede della fabbrica Innocenti e qui il fiume è diventato una parte di un piccolo parco.
Dopo il parco Rubattino il fiume non è più risalibile, l’alveo è stato chiuso entro uno stretto percorso artificiale dalla realizzazione delle fabbriche di Lambrate, con i capannoni costruiti sino al bordo.
Si torna nella città densa sino al quartiere Feltre, qui il fiume è visibile in distanza ma non raggiungibile, una presenza con pochi condizionamenti ma comunque senza rapporti stabili con la città attorno.
Il fiume torna ad essere avvicinabile e percorribile solo nel parco Lambro. Una presenza non dirompente, discreta, percepita più dall’odore che non dal suo tracciato, ma forse questa dimensione è la sua più connaturata in questa fase storica, un elemento di scenario del paesaggio.
Di questo e altro abbiamo chiacchierato amabilmente alla cascina Mulino San Gregorio, ricongiunti con il gruppo che ha percorso il tracciato nord.
Gazebo presso Molino Cascina San Gregorio
Arrivo in volata
Un piccolo break nel percorso Nord presso la sede di Legambiente Crescenzago
C'è chi discute...
Arrivo al Parco Lambro del gruppo Sud (con mezz'ora di ritardo!)
Visita all'Oasi Levadina
Il pergolato con glicine in fiore
Parco Forlanini, si discute sul campo da Golf
Il "gruppone" degli eroici
Alla partenza Sud 1
Alla partenza Sud 2
Arrivo all'oasi Levadina
Avvistamenti?
Fabio del WWF Sud Milano
Verso Cascina Cavriano
I mezzi meccanici
Lungo il Lambro a Peschiera
Il Ponte Azzurro del Forlanini
Parco Forlanini
La vecchia pala della Riseria Panigada, un tempo alimentata dalle acque del Lambro
Riseria Panigada
Scorci di Lambro
Il verde e il blu
I tecnici del Politecnico e di Irs
Ritrovo a Monza
Lungo il canale Villoresi
Ingresso al Parco Media Valle Lambro
Impegno...
In mezzo scorre il fiume...Lambro
Gli orti della Bergamella
Momenti felici
In visione le tavole del progetto Lambro Metropolitano
Parlano gli esperti
martedì 8 aprile 2014
Risposta del Consorzio Villoresi alle critiche pervenuti da cittadini e associazioni sulle asciutte della Martesana Prot. n. 3028 del 1 aprile 2014
La stagione delle asciutte primaverili sta volgendo al termine. Il Consorzio Villoresi è stato duramente impegnato a far fronte a tutte le necessità e le emergenze che comportano la gestione delle asciutte, che quest'anno hanno interessato tutti i canali di pertinenza consortile: l'allestimento dei cantieri negli alvei, la manutenzione delle sponde, il recupero dei rifiuti e della fauna ittica presente, il taglio di piante pericolanti.
Le asciutte sono necessarie, anzi indispensabili, dettate dalla necessità di mantenere efficiente un reticolo di canali artificiali utile all'agricoltura, alla bonifica del territorio, all'ambiente, al paesaggio; ma non sempre l'opinione pubblica percepisce la necessità di questi interventi.
Un canale asciutto è brutto da vedere perchè rende evidente tutto ciò che l'acqua nasconde: rifiuti, degrado, scarichi abusivi e sponde malridotte, ma è solo con le asciutte che si possono rimuovere e risolvere questi problemi.
Il Consorzio è stato bersaglio di critiche anche pesanti di cittadini e associazioni, a difesa dell'ambiente, del verde, del paesaggio, dell'avifauna e dei pesci, nel nome di una sensibilità che non può essere ignorata, ma che spesso, anche per poca conoscenza dei fatti, non tiene conto delle reali problematiche e di anni di amministrazioni che hanno permesso il degrado del reticolo idrico vecchio di secoli, ignorando l'abusivismo e le conseguenze nefaste di scelte che hanno dato priorità alla cementificazione a discapito di un patrimonio che, solo con grandi sforzi e con la collaborazione di tutti, potrà essere recuperato.
Le acque del Martesana giungono a Milano dopo aver percorso oltre 30 km, un percorso a ostacoli dove incontrano sponde malridotte, rifiuti, scarichi e soprattutto le acque delle Trobbie. I germani e le gallinelle di Cernusco e Cassina de' Pecchi hanno trovato subito difensori tra gli animalisti locali, ma nessuno si domanda quale percorso faccia l'acqua, in quali sponde venga incanalata. Gli anatidi di Cernusco hanno potuto nidificare nel Martesana anche grazie ai nostri operai, che quotidianamente sono impegnati a regimarne le acque, a recuperare rifiuti; gli stessi operai che oggi sono oggetto di critiche e non di rado ricevono insulti per l'asciutta del canale.
Riceviamo anche da molti solerti cittadini, con cadenza quasi quotidiana, segnalazioni di rifiuti presenti nell' alveo dei navigli, che puntualmente si ripresentano appena dopo le operazioni di pulizia; l'auspicio è quello che si possa diffondere una coscienza civica che imponga il rispetto di questi canali per evitare che vengano ridotti a discarica.
L'impegno del Consorzio è anche su questo fronte e spesso si è trovato in sintonia con diversi amministratori, che hanno saputo guardare oltre e con i quali il nostro ente ha concordato ottime iniziative per valorizzare il Martesana, iniziative che però hanno in diverse occasioni riscontrato scarsa partecipazione.
Chiedere ora di interrompere l'asciutta del Martesana significa non avere una visione completa su quello che stiamo facendo. I lavori di sistemazione delle sponde costano milioni di euro alla comunità e sono indispensabili per curare il malato Martesana; il cedimento della sponda sinistra a Trezzo sarebbe la fine per il Naviglio e di conseguenza anche per i germani e le gallinelle di Cernusco e Cassina de' Pecchi.
Siamo sempre disponibili a collaborare e a dare supporto al volontariato e alle associazioni locali per far fronte all'emergenza anatidi, con lo stesso spirito e le stesse modalità collaudate con il recupero della fauna ittica, aperti a cogliere suggerimenti e consigli, ma non a raccogliere le intimazioni per interrompere l'asciutta in corso, che in ogni caso potrà terminare solo il prossimo 17 aprile.
Solamente in questo modo si potrà evitare di compromettere le attività dei cantieri aperti e l'esito finale dei lavori.
A fronte delle proteste di Comuni nei quali al momento non sono previsti interventi - ritenuti invece essenziali dagli amministratori degli stessi enti locali - desta particolare meraviglia che sollecitazioni contro l'asciutta e i lavori provengano invece da Amministrazioni che presto verranno interessate da questo tipo di opere.
Si ricorda che a Cernusco sul Naviglio inizieranno nel settembre 2014 alcuni interventi, che renderanno possibili, tra le altre cose, la ristrutturazione di quasi 700 metri di sponde ammalorate.
Cordiali saluti
Consorzio Est Ticino Villoresi
Via Lodovico Ariosto, 30 - 20145 Milano - Italia
Tel. +39 02 48561301 - Fax +39 02 48013031
Sito web www.etvilloresi.it - E-mail info@etvilloresi.it
Le asciutte sono necessarie, anzi indispensabili, dettate dalla necessità di mantenere efficiente un reticolo di canali artificiali utile all'agricoltura, alla bonifica del territorio, all'ambiente, al paesaggio; ma non sempre l'opinione pubblica percepisce la necessità di questi interventi.
Un canale asciutto è brutto da vedere perchè rende evidente tutto ciò che l'acqua nasconde: rifiuti, degrado, scarichi abusivi e sponde malridotte, ma è solo con le asciutte che si possono rimuovere e risolvere questi problemi.
Il Consorzio è stato bersaglio di critiche anche pesanti di cittadini e associazioni, a difesa dell'ambiente, del verde, del paesaggio, dell'avifauna e dei pesci, nel nome di una sensibilità che non può essere ignorata, ma che spesso, anche per poca conoscenza dei fatti, non tiene conto delle reali problematiche e di anni di amministrazioni che hanno permesso il degrado del reticolo idrico vecchio di secoli, ignorando l'abusivismo e le conseguenze nefaste di scelte che hanno dato priorità alla cementificazione a discapito di un patrimonio che, solo con grandi sforzi e con la collaborazione di tutti, potrà essere recuperato.
Le acque del Martesana giungono a Milano dopo aver percorso oltre 30 km, un percorso a ostacoli dove incontrano sponde malridotte, rifiuti, scarichi e soprattutto le acque delle Trobbie. I germani e le gallinelle di Cernusco e Cassina de' Pecchi hanno trovato subito difensori tra gli animalisti locali, ma nessuno si domanda quale percorso faccia l'acqua, in quali sponde venga incanalata. Gli anatidi di Cernusco hanno potuto nidificare nel Martesana anche grazie ai nostri operai, che quotidianamente sono impegnati a regimarne le acque, a recuperare rifiuti; gli stessi operai che oggi sono oggetto di critiche e non di rado ricevono insulti per l'asciutta del canale.
Riceviamo anche da molti solerti cittadini, con cadenza quasi quotidiana, segnalazioni di rifiuti presenti nell' alveo dei navigli, che puntualmente si ripresentano appena dopo le operazioni di pulizia; l'auspicio è quello che si possa diffondere una coscienza civica che imponga il rispetto di questi canali per evitare che vengano ridotti a discarica.
L'impegno del Consorzio è anche su questo fronte e spesso si è trovato in sintonia con diversi amministratori, che hanno saputo guardare oltre e con i quali il nostro ente ha concordato ottime iniziative per valorizzare il Martesana, iniziative che però hanno in diverse occasioni riscontrato scarsa partecipazione.
Chiedere ora di interrompere l'asciutta del Martesana significa non avere una visione completa su quello che stiamo facendo. I lavori di sistemazione delle sponde costano milioni di euro alla comunità e sono indispensabili per curare il malato Martesana; il cedimento della sponda sinistra a Trezzo sarebbe la fine per il Naviglio e di conseguenza anche per i germani e le gallinelle di Cernusco e Cassina de' Pecchi.
Siamo sempre disponibili a collaborare e a dare supporto al volontariato e alle associazioni locali per far fronte all'emergenza anatidi, con lo stesso spirito e le stesse modalità collaudate con il recupero della fauna ittica, aperti a cogliere suggerimenti e consigli, ma non a raccogliere le intimazioni per interrompere l'asciutta in corso, che in ogni caso potrà terminare solo il prossimo 17 aprile.
Solamente in questo modo si potrà evitare di compromettere le attività dei cantieri aperti e l'esito finale dei lavori.
A fronte delle proteste di Comuni nei quali al momento non sono previsti interventi - ritenuti invece essenziali dagli amministratori degli stessi enti locali - desta particolare meraviglia che sollecitazioni contro l'asciutta e i lavori provengano invece da Amministrazioni che presto verranno interessate da questo tipo di opere.
Si ricorda che a Cernusco sul Naviglio inizieranno nel settembre 2014 alcuni interventi, che renderanno possibili, tra le altre cose, la ristrutturazione di quasi 700 metri di sponde ammalorate.
Cordiali saluti
Consorzio Est Ticino Villoresi
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La legge “ammazza foreste” bloccata in Consiglio, almeno per ora Esultano gli ambientalisti: “Le foreste sono una grande risorsa ambientale e produttiva della Lombardia”
Milano, 8 aprile 2014
Comunicato stampa
Dopo le raccolte di firme e gli appelli ai Consiglieri regionali, firmati da gran parte delle associazioni di protezione ambientale della Lombardia (tra queste Legambiente, WWF, Italia Nostra, CAI, FAI, LIPU), il Consiglio Regionale retrocede dal proposito di approvare quella che era già stata battezzata legge “ammazza foreste”: un provvedimento di modifiche e deroghe alla legislazione forestale regionale che avrebbe consentito di radere al suolo molti boschi di pianura per farci capannoni industriali, di realizzare edifici e infrastrutture stradali sui versanti montani, di liberalizzare manomissioni del patrimonio boschivo escludendo le autorizzazioni paesaggistiche e le valutazioni idrogeologiche, e che conteneva per di più un'intollerabile deroga per consentire lo svolgimento di competizioni motoristiche su sentieri e mulattiere di montagna. La legge, che avrebbe dovuto essere votata oggi, è stata restituita dall'Assemblea Legislativa alle Commissioni Consiliare per approfondire i punti oggetto delle forti critiche degli ambientalisti.
“Siamo
soddisfatti del risultato raggiunto dalla nostra mobilitazione - dichiara
Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - sappiamo che il voto
per ora è solo rimandato, ma lavoreremo affinché l'istruttoria sulla legge
serva a farne un provvedimento utile alla piena valorizzazione dei boschi di
Lombardia, che sono una risorsa ambientale troppo preziosa per essere
trascurata o abbandonata, e che deve invece fornire opportunità di sviluppo
locale per i territori montani, oltre che di prelievo sostenibile di legname di
qualità, che oggi la Lombardia importa dall'estero”.
lunedì 7 aprile 2014
domenica 6 aprile 2014
Comunicato congiunto di Associazione Parco Sud, CAI, FAI, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, WWF, Orobie Vive e Società Botanica Italiana Arriva la legge Ammazza foreste?
Milano, 5 aprile
2014
Comunicato stampa
La denuncia degli ambientalisti: quella che approda martedì in Consiglio Regionale è una legge che potrebbe scrivere la parola 'fine' a trent'anni di tutela dei boschi di Lombardia e che apre a speculazioni edilizie e abuso di pascoli e sentieri trasformandoli in rodei per moto e fuoristrada
Una legge inutile per l'economia forestale, e dannosa per la tutela di territorio e paesaggio
Una compilazione chirurgica di eccezioni, deroghe, esclusioni: è questo il senso del disegno di legge, di iniziativa del Consiglio Regionale, che andrà in votazione martedì prossimo nell'assemblea legislativa lombarda. Una norma di cui si fatica a cogliere il senso se non andando pazientemente a confrontarla con le leggi vigenti, e solo allora si scopre quanto sia dirompente: il nuovo disegno di legge, 'modifiche e integrazioni alla legge regionale 31/2008', sotto un titolo che appare innocuamente burocratico, contiene le chiavi per aprire i boschi alla speculazione edilizia, al diboscamento con il pretesto dell'interesse pubblico, ai capannoni laddove fino ad oggi sarebbe stato illegale, affida alla discrezionalità di uffici tecnici comunali il compito di autorizzare interventi per la cui valutazione sarebbero richieste adeguate competenze geologiche e forestali. Per non dire della norma gravissima che sancisce e generalizza l'istituto della deroga per la circolazione di moto e mezzi fuori strada ovunque, perfino su sentieri storici e pascoli, deroga contro cui il CAI ha lanciato un appello (#sentierisenzamoto), che in pochissimi giorni ha già superato le 20.000 adesioni di cittadini, turisti, appassionati i quali, giustamente, non apprezzano i 'facili costumi' di molte valli lombarde in cui gli escursionisti sono costretti a condividere i sentieri con motocrossisti e fuoristradisti.
“Non c'è nessuna ragione per la Lombardia di interrompere una produzione di buone norme che aveva reso fino ad oggi possibile la tutela del proprio ingente patrimonio forestale. Questa legge è stata sicuramente dettata da interessi molto localistici e di carattere speculativo, sarebbe inaccettabile che l'assemblea legislativa della più grande regione italiana si piegasse a chi vuole semplicemente avere mano libera per azioni di diboscamento e danneggiamento delle coperture forestali; per questo nelle prossime ore scriveremo a tutti i consiglieri regionali, chiedendo di desistere dall'approvazione della legge ammazza foreste”.
L’Ufficio
stampa Legambiente Lombardia Mario Petitto 02 87386480
La denuncia degli ambientalisti: quella che approda martedì in Consiglio Regionale è una legge che potrebbe scrivere la parola 'fine' a trent'anni di tutela dei boschi di Lombardia e che apre a speculazioni edilizie e abuso di pascoli e sentieri trasformandoli in rodei per moto e fuoristrada
Una legge inutile per l'economia forestale, e dannosa per la tutela di territorio e paesaggio
Dalle associazioni un
appello ai gruppi
politici: "Non approvatela"
Una compilazione chirurgica di eccezioni, deroghe, esclusioni: è questo il senso del disegno di legge, di iniziativa del Consiglio Regionale, che andrà in votazione martedì prossimo nell'assemblea legislativa lombarda. Una norma di cui si fatica a cogliere il senso se non andando pazientemente a confrontarla con le leggi vigenti, e solo allora si scopre quanto sia dirompente: il nuovo disegno di legge, 'modifiche e integrazioni alla legge regionale 31/2008', sotto un titolo che appare innocuamente burocratico, contiene le chiavi per aprire i boschi alla speculazione edilizia, al diboscamento con il pretesto dell'interesse pubblico, ai capannoni laddove fino ad oggi sarebbe stato illegale, affida alla discrezionalità di uffici tecnici comunali il compito di autorizzare interventi per la cui valutazione sarebbero richieste adeguate competenze geologiche e forestali. Per non dire della norma gravissima che sancisce e generalizza l'istituto della deroga per la circolazione di moto e mezzi fuori strada ovunque, perfino su sentieri storici e pascoli, deroga contro cui il CAI ha lanciato un appello (#sentierisenzamoto), che in pochissimi giorni ha già superato le 20.000 adesioni di cittadini, turisti, appassionati i quali, giustamente, non apprezzano i 'facili costumi' di molte valli lombarde in cui gli escursionisti sono costretti a condividere i sentieri con motocrossisti e fuoristradisti.
Gli
ambientalisti annunciano battaglia
contro questa legge: Associazione Parco Sud, CAI, FAI, Italia Nostra, Legambiente,
LIPU WWF, Orobie Vive e Società Botanica Italiana, hanno già
assunto una
posizione netta: “Da sempre riteniamo che il patrimonio
forestale debba essere
amministrato per la sua molteplicità di funzioni, che sono
ecologiche ma anche
produttive, e che si debbano consolidare le condizioni in cui
un'economia locale
possa svilupparsi a partire dalla buona gestione delle risorse
forestali. Ma
questa legge non dice nulla di utile in tal senso. Si limita ad
aprire un vasto
campionario di possibilità per eccepire a norme, anche
nazionali, di tutela del
bosco, della sua funzione ambientale e di quella protettiva nei
confronti del
dissesto idrogeologico”.
La legge infatti
modifica in modo
sostanziale la consolidata definizione di bosco, stabilendo che
una vasta
fattispecie di aree forestali in realtà non sono boschi: non lo
sono ad esempio
gran parte dei boschi di pianura, se si vogliono costruire
capannoni, e non lo
sono nemmeno i boschi dei versanti montani, se si vogliono
realizzare opere
pubbliche o d'interesse pubblico, dalle palestre agli ostelli ai
non meglio identificati
edifici connessi con l'attività agricola. Vengono meno così
anche gli obblighi
di compensazione per il taglio dei boschi, se si vogliono fare
strade o altre
infrastrutture, perchè un bosco, per essere tale, deve
dimostrare di essersi
sviluppato da almeno trent'anni: peccato che a trent'anni d'età
un bosco è già
maturo, ed è quindi praticamente impossibile distinguerlo da
altri boschi. Ma
sono proprio 'chicche' come questa che fanno dire agli
ambientalisti che si
tratta di una legge 'ammazzaforeste'. E gli ambientalisti non
sono i soli:
anche l'avvocatura del Consiglio Regionale e la stessa Giunta
Regionale, dai
propri uffici, ha espresso pareri preoccupati circa il chiaro
contrasto tra la
legge e le normative nazionali di tutela paesaggistica e
forestale.
“Non c'è nessuna ragione per la Lombardia di interrompere una produzione di buone norme che aveva reso fino ad oggi possibile la tutela del proprio ingente patrimonio forestale. Questa legge è stata sicuramente dettata da interessi molto localistici e di carattere speculativo, sarebbe inaccettabile che l'assemblea legislativa della più grande regione italiana si piegasse a chi vuole semplicemente avere mano libera per azioni di diboscamento e danneggiamento delle coperture forestali; per questo nelle prossime ore scriveremo a tutti i consiglieri regionali, chiedendo di desistere dall'approvazione della legge ammazza foreste”.
venerdì 4 aprile 2014
Prima edizione della PedaLambro 2014
Milano, 3 aprile 2014 Comunicato stampa
Domenica si tenta l’eroica:
un’escursione in bici
alla scoperta della valle del Lambro a Milano
“Un grande Parco del Lambro a
Milano è possibile”
E’ tempo d’imprese eroiche lungo
le rive del Lambro.
Domenica i volontari di Legambiente, Parco Media Valle Lambro e
Ciclobby,
insieme a ERSAF, Comune di Milano e Dipartimento di Architettura
e Studi Urbani
del Politecnico di Milano e a quanti vorranno partecipare,
tenteranno
un’avventura mai provata prima: percorrere in bicicletta i 30
chilometri di
territorio che da Monza a San Donato M.se vengono bagnati dal
fiume, un
tracciato mai pensato per il cicloturismo che si vuole invece
promuovere spina
dorsale di un grande Parco Lambro metropolitano che unisce il
Parco di Monza al
Parco Sud Milano. L’escursione in bici si chiama PedaLambro ed è
una delle
iniziative che si inseriscono nel progetto: “Gli spazi aperti e
gli ambiti agro
naturalistici, il fiume Lambro, l'area metropolitana milanese
esempio di attivazione
di Rete Ecologica”, che ha come obiettivo la riqualificazione e
il ripristino
della funzionalità ecologica della porzione di territorio al
confine Est di
Milano. Il progetto, portato avanti dai
promotori della pedalata, è realizzato grazie al contributo di
Fondazione
Cariplo.
“Vogliamo portare i cittadini, le
istituzioni e
le associazioni – dichiara Elisabetta Parravicini, presidente di
ERSAF, capofila
del progetto – a vedere di persona il territorio bagnato dal
Lambro, con le sue
luci e ombre, per toccare con mano quanto vada preservato e
migliorato, e
vorremmo fare in modo che il fiume non sia più un “retro” di
qualcos’altro,
permettendo di ristabilire un equilibrio fra il fiume, le aree
verdi, la città
e chi la abita. Ci sono buoni segnali in questa direzione: tra
questi
l’approvazione da parte dei comuni di Monza e di Milano
dell’ampliamento del
Parco Media Valle Lambro, ma anche il progetto di fattibilità
per riattivare
una rete ecologica fluviale che stiamo sviluppando passo dopo
passo, grazie al
contributo di Fondazione Cariplo e con la partecipazione di un
ampio
partenariato, che si arricchisce via via e che colgo
l’occasione, ancora una
volta, di ringraziare”.
Lo staff del progetto invita
dunque tutti gli
amanti delle due ruote a trascorrere una domenica un po’
originale,
attraversando paesaggi insoliti a due passi da casa, alla
scoperta della valle
del Lambro. Il programma prevede due biciclettate che, al motto
“in bicicletta
per sognare un grande Parco Lambro, cuore della rete ecologica
regionale”,
partiranno di buon mattino viaggiando in senso opposto: una
prenderà il via
dalla Stazione delle Biciclette presso la metropolitana di San
Donato e l’altra
dal Teatro Binario 7 di Monza, per ritrovarsi poi tutti insieme
al Parco Lambro
a Milano verso le 12.30, ospiti della Cascina Molino San
Gregorio dove, agli “eroici”
partecipanti, verrà offerto un rinfresco finale.
“Ci aspettiamo ora - commenta
Barbara Meggetto,
direttrice di Legambiente Lombardia - che i comuni di Milano,
Monza e tutti gli
altri toccati dal fiume sappiano presidiare scelte urbanistiche
che permettano
di rendere questo collegamento vitale e visibile anche sotto il
profilo della
fruizione. La prossima sfida, ovviamente, deve essere il
risanamento delle
acque, e la riuscita dipenderà in gran parte dall'impegno e
dagli investimenti
dei comuni e dei gestori della rete dei collettori e dei
depuratori della
Brianza”.
“Il Lambro può e deve essere
riscoperto come fiume
della città, per la città - conclude Antonio Longo, DASTU
Politecnico di Milano
-. Non più periferia
interna, non solo
fiume negletto che porta allagamenti da cui difendersi ma nuova
spina dorsale
verde della metropoli dell’Est Milanese. E’ un progetto
possibile. Il futuro
che immaginiamo in parte esiste già, è la collana di parchi che
si sviluppa dal
Parco Media Valle del Lambro a San Donato attraverso il Parco
Lambro di Milano,
i Parchi Rubattino, Forlanini e Monluè e il nuovo parco di Ponte
Lambro esito
della demolizione dell’ecomostro”.
Hanno
collaborato
all’organizzazione della PedaLambro:
Ciclobby,
Cascina Molino San
Gregorio, WWF Sud Milano, Laboratorio di Quartiere di Ponte
Lambro, Comitato
Vivere in Zona 2, Gruppo di Mobilità Sostenibile Zona 2, Gorla
Domani,
Associazione Difesa Lambro, Cascina Cavriano e riseria
Panigada. Con il
patrocinio dei Consigli di Zona 2-3-4, Comuni di Sesto San
Giovanni, Monza e
San Donato M.se.
giovedì 3 aprile 2014
Contratto di Fiume Incontro a San Polo di Piave per il fiume Lia
Oggi
03 Aprile ore 20.45 appuntamento a San Polo di Piave per un momento di
disseminazione culturale sulla natura del Contratto di Fiume. Il Cambiamento è in atto.
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