Gli ecosistemi d'acqua dolce ricoprono appena l'1% della superficie del Pianeta e ospitano il 7% delle 1,8 milioni di specie oggi descritte dalla scienza. Su un totale di 1,4 miliardi km³ di acqua disponibile sul Pianeta solo il 2,5% (35 milioni di km³) è costituito da acqua dolce (fiumi, laghi, ghiacciai ecc.), di cui solo meno dell'1% è potenzialmente utilizzabile dall'uomo per le proprie necessità.
Gli ecosistemi di acqua dolce, pur ricoprendo solo l'1% della superficie terrestre, ospitano il 7% (126.000 specie) delle 1,8 milioni di specie a oggi descritte. Gli effetti dell'azione umana su questi ambienti sono devastanti: solo in Europa, negli ultimi 50-100 anni il 60% delle zone umide è andato perso perché convertito a usi più "redditizi" o perché non tutelato.
Come documenta il rapporto WWF "Living Planet Report 2012" fornendo i dati sull'Indice del pianeta vivente (Living Planet Index) il declino di questo indice per quanto riguarda gli ecosistemi delle acque dolci è stato superiore a quello di tutti gli altri biomi. Complessivamente, l'Indice delle acque dolci globale è diminuito del 37% fra il 1970 e il 2008 e quello delle acque dolci tropicali, in particolare, è diminuito in maniera più drammatica, del 70%.
Il WWF Italia da sempre attraverso le proprie Oasi protegge alcuni dei più importanti ecosistemi d'acqua dolce: sono 50 le Oasi WWF, su un totale di 120, che tutelano ecosistemi d'acqua dolce e le loro specie, come ad esempio le Oasi di Burano (Toscana), Orbetello (Toscana), Le Bine (Lombardia), le Saline di Trapani (Sicilia), e Valle Averto (Veneto).
La fotografia scattata dal WWF Italia sull'approvvigionamento idrico è purtroppo destinata ad assumere sempre di più i caratteri di un'emergenza sia per l'uomo che per la Natura: gli ecosistemi d'acqua dolce, infatti, non solo forniscono l'habitat per la sopravvivenza di numerosissime specie ma consentono anche lo stoccaggio e la fornitura di acqua potabile per soddisfare i bisogni fondamentali della popolazione umana.
L'industria utilizza in media il 20% delle risorse idriche della Terra, ma la percentuale è molto più elevata nei paesi "avanzati": in media il 59% contro l'8% dei paesi a basso reddito . Secondo le stime dell'UNESCO, il volume d'acqua impiegato a scopi industriali passerà dai 752 km3 l'anno del 1995 ai 1.170 km3 nel 2025, arrivando a rappresentare circa il 24% del prelievo totale di acqua dolce. Non solo consumi diretti, l'industria è responsabile ogni anno dell'accumulo dalle 300 alle 500 tonnellate tra metalli pesanti, solventi, fanghi tossici e di altri rifiuti. Il contributo più significativo al carico di inquinanti proviene dalle industrie che utilizzano materie prime organiche e tra queste primeggia il settore alimentare come quello maggiormente inquinante.
Il settore agro-alimentare dei paesi ad alto reddito è responsabile del 40% dell'inquinamento organico in ecosistemi di acqua dolce, mentre per i paesi a basso reddito il contributo sale al 54%. In questi paesi, il 70% dei rifiuti industriali viene scaricato non trattato, inquinando anche l'approvvigionamento di acqua potabile. Utilizzare una minor quantità d'acqua riuscendo al tempo stesso a produrre più cibo o prodotti sarà cruciale per affrontare i problemi legati alla scarsità delle risorse idriche.
Cittadini, imprese, investitori ed istituzioni possono ridurre la propria impronta idrica (un indicatore di utilizzo dell'acqua dolce che misura l'uso sia diretto sia indiretto da parte di consumatori e produttori) cambiando e promuovendo abitudini, investimenti e strategie in grado di incidere sui processi produttivi per una riduzione dei consumi d'acqua. Per quanto riguarda i processi produttivi, un caso-studio italiano di calcolo della propria impronta idrica e di riduzione del consumo di acqua in agricoltura è rappresentato da Mutti, leader di mercato nella produzione di concentrato, passata e polpa di pomodoro. In collaborazione con WWF e l'Università della Tuscia, Mutti è stata la prima azienda in Italia e una delle poche al mondo, ad aver calcolato i consumi di acqua della propria produzione, dalla coltivazione del pomodoro al prodotto finito, concretizzando degli obiettivi di riduzione dell'impronta idrica del 3% entro il 2015 su tutta la filiera, attraverso misure per migliorare efficienza e efficacia nell'irrigazione e la riduzione dei fertilizzanti.
Tra le cose che invece può fare il cittadino, sia come utilizzatore del servizio idrico che come consumatore, c'è il calcolo della propria impronta idrica attraverso il carrello della spesa virtuale sul sito del WWF Italia www.improntawwf.it, che permette così di essere consapevoli di quanto 'oro blu' mettiamo nel nostro piatto con la scelta dei nostri prodotti alimentari.
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