TORINO - Promettono di eliminare sostanze nocive, come calcare, metalli e cloro, e di migliorare la qualità dell'acqua di rubinetto. In poco tempo le caraffe filtranti sono diventate, anche in Italia, le principali concorrenti delle acque minerali. Ma un esposto in procura, firmato non a caso da Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua (la federazione delle industrie delle acque minerali) e inviato un paio di mesi fa al procuratore Raffaele Guariniello, sosteneva il contrario: l'acqua di tre caraffe (Brita, Auchan e Viviverde), dopo il passaggio nei filtri a carboni attivi, diventerebbe "non più potabile", "depauperata di elementi nutritivi", contaminata con la "presenza di corpi estranei". Per questo la procura di Torino aveva aperto un'inchiesta, ipotizzando i reati di commercio di sostanze alimentari nocive per la salute e frode, e affidato l'incarico di analizzare l'acqua filtrata a Ivo Pavan, docente dell'Università di Torino. I risultati sono arrivati: la conclusione, secondo il consulente, è che le caraffe filtranti non migliorano l'acqua del rubinetto, già "perfetta" così com'è. Anzi, per certi versi la peggiorano, e possono diventare rischiose se quell'acqua viene bevuta da persone affette da patologie come diabete, ipertensione o cardiopatie. Nel migliore dei casi sono comunque «inutili». Guariniello ha subito scritto al Ministero della Salute e all'Istituto Superiore di Sanità per segnalare le criticità riscontrate.
«Il primo problema riguarda la durezza dell'acqua, ovvero la quantità di calcio e magnesio: dopo il trattamento i valori si abbassano notevolmente. Dopo 120 ore di utilizzo del filtro addirittura si azzerano» spiegano in procura. Vero è che nelle avvertenze delle caraffe è scritto che non devono essere usate con acque che hanno durezza inferiore ai 19 gradi francesi, altrimenti si perdono i sali minerali. Dalle analisi risulta che al posto di calcio e magnesio, vengono introdotti nell'acqua sodio e potassio con valori superiori ai limiti, (diventando così pericolosa per chi ha patologie). Compaiono elementi di cui prima non c'era traccia, come l'ammonio, o l'argento, che serve per abbassare la carica batterica. L'acqua risulta poi inacidita: «il ph iniziale (per legge compreso tra valori di 6,5 e 9,5) era 7,65 - spiegano in procura - dopo il passaggio in una caraffa risulta 6, e 5,92 al termine del filtro». Insomma per la procura «quest'acqua, se fosse pubblica, sarebbe dichiarata "non potabile"». Risulta anche, secondo il consulente «un buon abbattimento della carica batterica», che tende però a risalire con l'uso.
L'azienda tedesca Brita, che da 45 anni produce solo caraffe filtranti (ne ha vendute 300 milioni, di cui un milione e mezzo in Italia dal 2007), controbatte: «Abbiamo le certificazioni di due ministeri della salute (tedesco e austriaco). Non dichiariamo che l'acqua è pura, ma che è filtrata, perché trattiene alcune sostanze e ne rilascia altre consentite dalla legge sulle bevande. Sulle avvertenze scriviamo quale acqua usare, e di consultare il medico se si hanno problemi di salute».
Fonte: La Repubblica.it articolo di SARAH MARTINENGHI del 11 maggio 2011
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