martedì 22 febbraio 2011

Lambro 2011: Superare l'attuale modello di gestione idrica urbana. La sfida per la salvaguardia dell'acqua pulita, un bene comune sempre più scarso.



Con la tavola rotonda di lunedì 21 febbraio, presso l'Acquario Civico di Milano, Legambiente, grazie all'aiuto dei relatori presente, ha cercato di fare il punto sulla situazione della depurazione nel bacino del Lambro. Abbiamo voluto occuparcene, un anno dopo la catastrofe che ha provocato lo sversamento di migliaia di tonnellate di idrocarburi, perchè desideriamo che i riflettori accesi sulla gravità di quella sciagura, tuttora priva di colpevoli, non si spengano sull'inquinamento quotidiano del Lambro. Sappiamo quanto lo sforzo per riportare in adeguate condizioni – rispettando le direttive europee – le acque del fiume di Milano sia impegnativo. Ma pensiamo anche che la grave situazione dell'intero bacino del Lambro non sia solo un problema di insufficiente depurazione. Certo, avere una adeguata dotazione di impianti di trattamento in buone condizioni di funzionamento è una priorità, e di questo parleranno i numeri che qui presentiamo, dopo averli raccolti con estrema difficoltà. Ma il quadro clinico gravissimo del Lambro impone un vero e proprio un salto di modello. Da decenni è evidente che il modello di gestione delle acque nelle nostre città comporta un uso eccessivo di risorse idriche di altissima qualità (chi ha detto che per scaricare un WC o per irrigare un giardino si debba usare acqua potabile?), perché produce una enorme quantità di reflui il cui inquinamento può essere solo parzialmente ridotto ricorrendo alla depurazione, perché non considera la possibilità di riusare le acque di pioggia e le acque grigie prima di restituirle ai corpi idrici, perché non si cura di riutilizzare risorse preziose come azoto e fosforo contenuti nelle acque di scarico il cui abbattimento richiede procedimenti costosi ed energivori. Siamo di fronte a una gestione idrica poco virtuosa e poco efficace. Basti pensare che nonostante tutti gli sforzi fatti per migliorare la depurazione degli scarichi, il problema dell’inquinamento dell’acqua sia da scarichi industriali, ma in maggior modo da scarichi di acque reflue civili continua a risultare recalcitrante alle soluzioni fin qui impostate, e lo stato del Lambro ne è la chiara evidenza. I (pochi) dati che emergono dalle indagini Arpa, disponibili al 2008, mostrano che gran parte dei fiumi lombardi e delle falde sotterranee sono in condizioni ben lontane dal “buono stato ambientale” che dovrebbero raggiungere, secondo la Direttiva Quadro sulle Acque (n. 60 del 2000), entro il 2015. Lo squilibrio tra sforzo depurativo (comunque incompleto) e permanenza di una situazione estremamente critica per tutte le acque del bacino Lambro-Seveso-Olona, è sicuramente dovuto alla sproporzione tra densità di popolazione e imprese e dimensione territoriale: si tratta in definitiva del più popoloso bacino dell'intero distretto idrografico del Po. Certo, le gravi lacune del sistema di collettamento ai depuratori sono imperdonabili, e alle immissioni dirette di fognature nei corsi d'acqua è imputabile una quota inaccettabilmente alta di inquinamento. E di sicuro l'insufficiente dotazione di depuratori e l'inadeguatezza tecnologica di molti depuratori esistenti, argomenti su cui questo dossier sviluppa uno specifico approfondimento, rappresentano anch'esse delle tare gravissime, che non a caso ci tengono costantemente sotto l'osservazione critica della Commissione Europea. Ma siamo ormai convinti, e non solo noi, che anche quando (e se) avremo risolto questi problemi, non avremo risanato il bacino Lambro-Seveso-Olona, perchè ad essere entrato in crisi è il concetto fondamentale di rete scolante di un territorio, per come esso è stato sviluppato realizzato nel XIX secolo. Le fognature, enorme quanto sottovalutata opera infrastrutturale che ha 'retto' oltre un secolo e mezzo di storia, sono un grande investimento giunto al capolinea: esse furono concepite in un'epoca in cui il territorio aveva una ben diversa urbanizzazione e vi si presentavano gravi emergenze sanitarie che imponevano di drenare ed allontanare tutte le acque, e il più rapidamente possibile, dai centri abitati. E' questo il concetto che nel XXI secolo non funziona più, a partire dalle aree a più forte urbanizzazione quale appunto il bacino Lambro – Seveso – Olona. I centri abitati si sono estesi a dismisura, e le acque da drenare sono diventate portate imponenti, capaci di crescere in modo pauroso in occasione di precipitazioni, in ogni caso mettendo sistematicamente in crisi il sistema depurativo che per funzionare ha bisogno di una relativa costanza di portate e composizioni delle acque da trattare. E' diventato evidente che deve essere sviluppato uno sforzo, tecnologico e infrastrutturale, per ridurre e selezionare le portate da avviare a trattamento, per trattenere le acque meteoriche, per riutilizzare le acque di scarico e gestire i differenti flussi in modo separato e appropriato, anche e soprattutto per salvaguardare la risorsa primaria da cui dipende l'approvvigionamento di qualità. Quello che vogliamo giungere a sollevare come grande tema per il futuro prossimo della programmazione delle risorse è proprio questo: la grande opera infrastrutturale di cui la Lombardia ha bisogno, forse in assoluto la più grande e più costosa di tutte, è un nuovo sistema drenante e depurante, che assuma come criteri progettuali non più quelli delle vecchie fognature, ma quelli di una gestione integrata, pulita ed efficiente delle acque. O teniamo presente questo orizzonte, per sviluppare piani d'azione e programmi di investimento che vadano in questa direzione, o continueremo ad inseguire emergenze, sversamenti, inquinamenti, ma anche rischi sanitari e perfino alluvioni nel cuore delle nostre città, come già avviene per il Seveso a Milano o per il Lambro a Monza.


Alcune foto della Tavola rotonda:

La sala

Damiano Di Simine - Legambiente Lombardia

Valeria Marchesi -Arpa Lombardia

Viviane Iacone - Dirigente Regione Lombardia e Antonino Brambilla - Assessore della Provincia di Monza e Brianza

da dx Alessandro De Carli - IEFE Bocconi, Roberto Cariani - Ambiente Italia e Paolo Viola - Amiacque

Annalisa Gussoni - Comune di Milano




Vittorio Biondi - Assolombarda


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