mercoledì 9 febbraio 2011

Onda nera Lambro, indagati i «petrolieri»

La Procura di Monza: disastro per coprire l'evasione delle imposte su tonnellate di gasolio

MILANO - Non l'avvertimento della 'ndrangheta, il sabotaggio della concorrenza, la vendetta di un dipendente. Ci sono due indagati nell'inchiesta sui veleni nel Lambro e nel Po, 2.600 tonnellate stimate di idrocarburi finite nella notte tra il 23 e il 24 febbraio scorso prima nell'affluente poi nel Grande Fiume. Un disastro ambientale, per giorni in mondovisione, causato da uno sversamento nella Lombarda Petroli, a Villasanta. Gli indagati sono Giuseppe e Rinaldo Tagliabue, 54 e 49 anni, gli stessi proprietari della società. I petrolieri. L'accusa: sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sugli oli minerali. Ma attenzione: non è solo cosa di evasione. Partendo da qui si potrebbe chiudere il caso, con il reato di disastro ambientale. Senza dover andar lontano. Nel senso di luoghi e anche di persone.

AMMANCHI E INTERROGATORI - Da raffineria con 300 operai, la Lombarda Petroli si era trasformata in centro di stoccaggio con una decina di dipendenti. Eppure non c'era stato totale ridimensionamento. Continuavano a entrare enormi quantità tenute in deposito per conto terzi. Carburante, oli industriali. Le quantità, a detta degli accertamenti, non trovavano corrispondenza nei registri contabili e soprattutto nelle tasse versate. Si ipotizza che in quel febbraio controlli dell'Agenzia delle dogane avrebbero potuto comportare milioni di euro di multe e conseguenze penali. Le pm di Monza, Emma Gambardella e Donata Costa, condurranno altri interrogatori. I carabinieri di Monza e del Nucleo operativo ecologico hanno depositato i risultati di un intenso anno di indagini. Sarà la Procura a valutare ulteriori provvedimenti nei confronti dei Tagliabue. Secondo la ricostruzione, avrebbero favorito lo sversamento. Forse servendosi di qualche operaio. La fuoriuscita, se non provocata da un guasto, necessita di numerose manovre in sequenza. Difficile improvvisare.

GLI ONASSIS BRIANZOLI - Dopo un ricco passato (i Tagliabue sono chiamati «gli Onassis della Brianza»), l'azienda era in dismissione. Su buona parte dei terreni dovrebbe sorgere una zona residenziale costruita dal gruppo Addamiano. Scherzo dei nomi: la - costosa bonifica permettendo - nuova area si chiamerà Ecocity. Giuseppe Tagliabue era stato già indagato per aver violato la normativa Seveso che consente di stoccare un massimo di 2.500 tonnellate di materiale inquinante.
La marea nera era arrivata all'Adriatico. C'erano stati errori ed eccessive, a detta degli ambientalisti, rassicurazioni dalle istituzioni. Gli errori: ritardi nei soccorsi (sversamento alle 2.30, segnalazione alla sala operativa della Protezione civile regionale alle 10.25). Le rassicurazioni: il grosso delle tonnellate era stato recuperato, dunque i danni per l'ambiente erano stati contenuti. Vero o falso?

GOMORRA E PARLAMENTO - Renato Vismara, docente di Ingegneria sanitaria ambientale al Politecnico, aveva subito detto: «Dei veleni alcuni viaggiano in superficie e possono essere fermati; altri viaggiano sott'acqua e non c'è niente da fare». Quale quantità di idrocarburi è rimasta ancorata? Quale si è depositata sugli argini? In questi mesi i Tagliabue, difesi dall'avvocato Giuseppe Bana, si sono professati innocenti. Semmai, in questa storia, hanno detto di essere soltanto vittime. Qualcuno ha evocato una Gomorra nostrana, in un territorio, tra Milano e Monza, infestato di discariche abusive. Di questo chiederanno conto, stamane, i membri della Commissione parlamentare (presidente Gaetano Pecorella) sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti. In programma audizioni. A cominciare dalla Procura brianzola.

Fonte: Corriere della Sera.it - 08/02/2011 - articolo di Federico Berni e Andrea Galli

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