Milano, 8 luglio 2014
Comunicato stampa
Nel dossier di Legambiente:
“Disastro inevitabile ma un buon coordinamento avrebbe potuto limitare
i danni”
“Il bacino del Seveso è compromesso dal consumo di suolo, la Regione
apporvi subito la legge per fermarlo”
Quello di questa notte è stato senza dubbio un evento meteorologico intenso, ma non eccezionale: di eccezionali ci sono solo gli effetti registrati a Milano. Per la cronaca, a Milano si sono abbattuti 61,9 mm di pioggia. Certo, le precipitazioni molto forti nella Brianza comasca e monzese, proprio sul bacino del Seveso e del suo affluente principale, il torrente Certesa, hanno superato i 120 mm: un signor temporale, di quelli che di danni ne fanno per forza se si sono commessi errori nella gestione del territorio, ma non certo un'apocalisse. Anche nella parte milanese del bacino le precipitazioni sono state notevoli, tra 50 e 90 mm di pioggia, ma in questo bacino basta molto meno per far danni, visto l'altissimo livello di impermeabilizzazione in tutti i comuni rivieraschi del Seveso, dove il cemento e l'asfalto ricoprono ben oltre il 50% del territorio: quindi l'onda di piena originatasi a nord è stata fortemente alimentata dai rigurgiti dei collettori di acque di pioggia, non potendo avere alcuno sfogo dal momento che il torrente in questo tratto è interamente canalizzato tra edifici e arginature. Ma nonostante tutto, l'evento meteorologico non è stato 'estremo': si tratta di un violento temporale estivo, con effetti molto localizzati su un singolo sottobacino idrografico, di intensità non differente da quelle di altri eventi simili che si sono verificati in diverse aree della nostra regione nei giorni scorsi. Fenomeni certo intensi ma rispetto ai quali è doveroso essere minimamente attrezzati. Certo, come avviene sempre in estate, è difficile dire esattamente dove avverranno i fenomeni più intensi, ma il rischio, sebbene non precisamente localizzabile, era noto da giorni e avrebbe richiesto un coordinamento degli interventi per mettere in campo tutti i dispositivi di prevenzione e mitigazione del danno.
“Negli ultimi decenni la
previsione meteorologica ha fatto grandi passi avanti – dichiara Damiano Di
Simine, presidente Legambiente Lombardia - è assurdo che ancora oggi questo
strumento scientifico venga sottovalutato nella gestione dei rischi connessi ai
fenomeni meteorologici intensi, specialmente in un'area metropolitana così
densa qual è quella milanese: non è così che ci si prepara alla gestione del
rischio climatico, che non potrà che aumentare nei prossimi anni”.
A dare un'idea della reale eccezionalità della precipitazione di questa notte ci soccorrono i dati della stazione meteo di Milano Centro, raccolti ed elaborati dalla società Climate Consulting a cui Legambiente si è rivolta: negli ultimi 50 anni, dal 1964, a Milano ci sono state ben 39 giornate in cui sono caduti più millimetri di pioggia dei 61,9 caduti nell'intera precipitazione della scorsa notte. Il record è stato registrato il 24 agosto del 1987, con ben 257,8 mm nelle 24 ore. Ma precipitazioni diurne superiori ai 100 mm si sono verificate anche nel 1972, nel 1979 e nel 1993: dunque, l'evento di questa notte a Milano è stato sicuramente rilevante, ma per nulla straordinario, collocandosi assolutamente all'interno della normale variabilità meteorologica peraltro tipica della stagione estiva, con una frequenza quasi annuale. Anzi, i professionisti di Climate Consulting fanno sapere che, tecnicamente parlando, la pioggia caduta a Milano non è nemmeno qualificabile come 'nubifragio', in quanto con questo nome vengono designate le precipitazioni in cui cadono più di 40 mm di pioggia in mezz'ora, e il picco di questa notte, tra l’1:20 e l’1:50, è stato al di sotto di questa soglia: 34 mm in mezz'ora.
A fare la differenza, e a
provocare l'esondazione disastrosa che ha colpito il cuore di Milano, è stata
la combinazione di diversi fattori. Innanzitutto l'inadeguatezza
dell'infrastruttura idrica metropolitana, esito di decenni di mancati o
insufficienti investimenti rispetto a una situazione di alta criticità fin
troppo nota e colposamente sottovalutata in un territorio in cui da decenni si
è costruito troppo e male, anche dentro l'alveo dei torrenti. E poi la mancanza
di coordinamento per affrontare una situazione critica prevista con ampio
anticipo: tutti i modelli previsionali mettevano in guardia circa il rischio di
nubifragi violenti. E invece, evidentemente, qualcosa non ha funzionato.
“E' gravissimo che, durante il
colmo di piena del Seveso, il Naviglio Martesana continuasse a riversare nel
corso sotterraneo del Seveso migliaia di metri cubi di acqua derivati dall'Adda
- prosegue Di Simine - trattandosi di un canale artificiale, un minimo
programma di prevenzione rischi, in presenza di previsioni meteo come quelle di
ieri avrebbe imposto una chiusura preventiva delle paratie a monte. E invece
l'acqua che ha allagato Milano era anche acqua dell'Adda. A cosa serve fare
vasche di laminazione, scolmatori e altri rilevanti quanto necessari interventi
ingegneristici, se poi non si è in grado di gestire su scala metropolitana queste
fondamentali regolazioni?”
Occorre però uno sforzo maggiore anche sulla gestione dal territorio: non si può pensare di gestire il rischio mentre si continua a costruire strade ed edifici sulle poche aree libere rimaste, perchè così il rischio alluvionale non può che aumentare col crescere dell'impermeabilizzazione, e con il rischio anche i costi delle opere di prevenzione. “E' incredibile che ancora in questi giorni in seno alla maggioranza di Palazzo Pirelli si registrino resistenze e contrasti rispetto all'urgenza di approvare la tanto attesa legge contro il consumo di suolo: la nostra regione non può più permettersi di assistere impotente a nuove avanzate del cemento, non approvare quella legge in tempo significa esporre popolazione e imprese a rischi crescenti”.
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