lunedì 21 marzo 2022

22 MARZO GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA

 

22 MARZO GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA

 

SICCITA’: MANCANO OLTRE 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA.
SITUAZIONE CRITICA PER LA BIODIVERSITA’ DEI CORPI IDRICI, STAGIONE IRRIGUA AD ALTO RISCHIO

 

Legambiente: “Sempre più difficile convivere con le emergenze idriche, occorre accompagnare l’agricoltura e la zootecnia nella transizione climatica. No a deroghe al rilascio del deflusso minimo nei corsi d’acqua utilizzati a scopo irriguo o idroelettrico”

 


Milano, 21 Marzo 2022 - Quest’anno la giornata mondiale dell’acqua, che ricorre il 22 Marzo, si celebrerà in un quadro di carenza di questa risorsa che ha pochi precedenti storici per la Lombardia e, in generale, per il bacino del Po e dei suoi affluenti. La stagione irrigua non è ancora iniziata, ma le colture sono già in sofferenza e i corpi idrici stanno ancora peggio a causa di una condizione di siccità che continua a perdurare. 

Normalmente, le acque superficiali di Lombardia si trovano in tre grandissimi serbatoi: la neve in montagna, i grandi laghi regolati (Verbano, Lario, Sebino, Eridio e Benaco) e gli invasi degli sbarramenti idroelettrici in alta quota. Secondo ARPA Lombardia, che da un quindicennio monitora lo “stato di riempimento” di questi serbatoi, in questo periodo dell’anno essi dovrebbero contenere mediamente 3,6 miliardi di metri cubi d’acqua: nessuna regione italiana può disporre di simili volumi di riserve idriche, un volano formidabile per affrontare l’intera stagione irrigua. Il problema è che quest’anno mancano all’appello oltre 2 miliardi di metri cubi e la situazione è in continuo peggioramento, nonostante gli sforzi dei consorzi regolatori dei laghi per mantenere l’acqua all’interno degli invasi lacustri, ormai semivuoti: nei grandi laghi si stima che il volume di acqua disponibile per l’irrigazione si sia ridotto a 500 milioni di metri cubi, il 30% della media degli anni precedenti. A conservare una buona parte delle sue riserve c’è solo il lago di Garda, mentre il Lago di Como e d’Iseo stanno raschiando il fondo, entrambi sono solo al 5% della loro capacità, e il Lago Maggiore, da cui dipende l’irrigazione di gran parte delle risaie tra Lombardia e Piemonte, dispone solo del 30% della sua capacità. 

La situazione non sarebbe così grave se ci fosse neve in montagna: ma è proprio dai dati di scarso innevamento che emerge il quadro più drammatico: negli ultimi quindici anni non ce n’è mai stata così poca. Il volume idrico equivalente alla neve presente sulle nostre Alpi è pari a 800 milioni di metri cubi, meno di un terzo dei 2,5 miliardi di metri cubi che di solito si misurano in questa stagione
Anche per le scorte stoccate nei bacini idroelettrici le cose vanno malissimo: con meno di 200 milioni di metri cubi di acqua residua, gli invasi della montagna lombarda sono sotto del 40% rispetto al dato tipico di questo periodo. E in questo caso, alla preoccupazione per la scarsità idrica si aggiunge quella per la mancata produzione elettrica, proprio quest’anno che abbiamo una impellente necessità di ridurre le nostre importazioni di gas.


«Una situazione gravissima che rischia di precipitare quando, a breve, partirà la stagione irrigua – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – già oggi i fiumi sono in sofferenza, con la portata rilasciata dai laghi ai minimi storici, non vogliamo vedere gli alvei completamente a secco quando occorrerà ricominciare a immettere acqua nei canali: sarebbe un danno ecologico inaccettabile per i nostri corsi d’acqua. Già in passato la crisi idrica aveva portato a sacrificare i fiumi pur di alimentare i canali di irrigazione, una situazione che aveva creato danni enormi agli ecosistemi fluviali, e che non deve ripetersi. È fondamentale per questo rispettare gli obblighi di deflusso di acqua che deve essere rilasciata a valle delle captazioni irrigue e idroelettriche: la vita di fiumi e torrenti non è negoziabile».

 

Tra le Regioni più “idrovore” figura la Lombardia con 1,42 miliardi di metri cubi di acqua consumata. Le colture della Pianura Padana, specialmente riso e mais, sono molto esigenti in fatto di irrigazione. I conflitti per l’accesso alla risorsa idrica rischiano di diventare sempre più difficili da gestire, se non cambieranno gli orientamenti colturali. 

 

«Se qualcuno continua ad illudersi che potremo convivere con un clima diverso senza cambiare nulla, è bene che faccia due conti. Il cambiamento climatico impone di rivedere tutto, a partire dagli orientamenti colturali della Pianura Padana, ed in particolare il mais, che richiede enormi quantità d’acqua nella stagione più calda, deve fare spazio ad altre colture, meno esigenti di risorsa idrica, mentre occorre intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas climalteranti, perché è l’unico modo che abbiamo per abbassare la febbre del pianeta» chiosa Damiano Di Simine, coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia.

 

Secondo necessità di salvaguardare il delicato equilibrio delle risorse idriche delle valli anche con regolamenti più rigidi nella fase di transizione dal Deflusso Minimo Vitale al Deflusso Ecologico (D.E.) che deve essere stabilito determinando un rilascio che, per disposizione dell’Unione Europea, non dovrà più fondarsi sul concetto di minimoma risultare idoneo al perseguimento degli obiettivi di qualità fluviale.  Sul tema Legambiente Lombardia invita al webinar “Deflusso ecologico in Lombardia” lunedì 4 aprile 2022 alle ore 17.45. Ne discuteranno: Barbara Meggetto e Lorenzo Baio, rispettivamente presidente e vicedirettore di Legambiente Lombardia con Viviane Iacone, ex risorse idriche di Regione Lombardia, Daniele Demartini e Federica Colombo, biologi esperti di monitoraggio della fauna fluviale di Riverment e Giulio Conte, idrobiologo. Il dibattito è aperto al pubblico e gratuito previa registrazione al seguente link: https://forms.gle/A8xxoX5eKUMbDSbs5

 


Ufficio stampa Legambiente Lombardia 

Silvia Valenti

ufficiostampa@legambientelombardia.it

3498172191

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giovedì 17 marzo 2022

CRISI ENERGETICA

 

COMUNICATO STAMPA

 

 

CRISI ENERGETICA

 

 Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia avanzano 10 proposte al Governo su rinnovabili ed efficienza per liberare l’Italia dalla dipendenza del gas

 

Appello anche alla Lombardia e ai Comuni: incentivare le rinnovabili sugli edifici partendo da quelli pubblici, attivare e incentivare le comunità energetiche, rendere efficienti gli edifici pubblici e privati sono le strade da percorre per abbassare i consumi e utilizzare fonti alternative al gas

 

videoscheda >> https://we.tl/t-GqsCuSEmN7 

 


Milano, 17 Marzo 2022 - L’esplosione della drammatica guerra in Ucraina e la preoccupazione di molte persone per l’aumento delle bollette impone di accelerare la transizione energetica del nostro Paese, come unica soluzione per uscire dalla dipendenza dal gas, a partire da quello della Russia. 

Per questo, a livello nazionale, Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia avanzano 10 proposte al governo Draghi per affrontare in modo strutturale la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento del gas. Si tratta di interventi normativi e autorizzativi da mettere in campo da qui ai prossimi mesi e che permetterebbero di ridurre i consumi di gas di 36 miliardi di metri cubi all’anno entro fine 2026, sviluppando l’eolico offshore e a terra, il fotovoltaico sui tetti, anche nei centri storici, e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), il moderno agrivoltaico che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica, la produzione del biometano (sviluppata in un chiaro contesto di riduzione del numero complessivo di capi allevati e senza sottrazione di terreno alla produzione di cibo), gli accumuli, i pompaggi e l’ammodernamento delle reti.

 

In Lombardia il futuro Programma Regionale Energia Ambiente e Clima, negli obbiettivi dell’atto di indirizzo, prevede la riduzione delle emissioni climalteranti del 40% entro il 2030 per arrivare alla neutralità carbonica entro il 2050 con una riduzione intorno al 30% dei consumi di energia in tutti i settori risetto al 2005 e una maggiore produzione da fonti energetiche rinnovabili più o meno del 30%. Legambiente Lombardia chiede che gli iter siano accelerati.

 

«Facciamo appello anche alla Lombardia e ai Comuni della regione perché facciamo la propria parte per garantire una maggiore autonomia dalle fonti fossili, per evitare qualsiasi emergenza futura, mettendo in campo un mix energetico che può solo fare bene alle famiglie lombarde e all’ambiente - dichiara Barbara Meggetto, presidente Legambiente Lombardia -. Non c’è sostenibilità ambientale senza ridurre la dipendenza dal fossile, abbassando così anche le emissioni di gas climalteranti. Incentivare le rinnovabili sugli edifici partendo da quelli pubblici, attivare e incentivare le comunità energetiche, rendere efficienti gli edifici pubblici e privati sono le strade da percorre per abbassare i consumi e utilizzare fonti alternative al gas».

 

Le tre associazioni a livello nazionale, chiedono in primis di autorizzare, entro marzo 2023, nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro fine 2026; aggiornare entro giugno 2022 il PNIEC, valutando l’obiettivo di produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035; fissare subito un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio; attivare entro giugno 2022 il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata; sviluppare la produzione di biometano da FORSU, scarti agricoli, reflui zootecnici e fanghi di depurazione. E poi di escludere entro aprile 2022 l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici; rivedere entro dicembre 2022 i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas. Infine è importante anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas nei nuovi edifici; istituire entro giugno 2022 un fondo di garanzia per la costituzione delle comunità energetiche; attivare entro maggio 2022 una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile.

 

Negli ultimi mesi il tema energia è stato al centro del dibattito politico, anche grazie ad una incessante campagna mediatica sul tema dei rincari in bolletta e a forti dinamiche speculative, alimentate prima dall’aumento dei prezzi di acquisto del gas fossile sui mercati internazionali messi in campo dagli oligopoli delle fonti fossili, in seguito alla ripartenza dell’economia mondiale dopo le prime ondate del Covid-19, e poi dalle tensioni internazionali sfociate nella terribile guerra innescata dall’invasione russa in Ucraina.

 

«Il problema evidente del salasso per famiglie e aziende è urgente da affrontare, ma le soluzioni adottate o prospettate dal Governo - spiegano Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia - sono anacronistiche e in controtendenza con l’urgente lotta alla crisi climatica: si va dall’aumento della produzione nazionale di gas fossile all’approvvigionamento di idrocarburi gassosi non provenienti dalla Russia, dalla possibile ripartenza di gruppi termoelettrici a carbone a quelli a olio combustibile, dal raddoppio di gasdotti operativi alla realizzazione di nuovi rigassificatori, fino ai nuovi finanziamenti alla ricerca del nucleare di quarta generazione. Il governo, per contenere gli aumenti in bolletta, ha pensato bene infine di tagliare gli extracosti relativi solo alla produzione di elettricità da fonti rinnovabili, senza interessare minimamente quelli vertiginosi delle aziende delle fonti fossili o in modo strutturale tutti gli oneri di sistema in bolletta.  Il blackout nazionale del 2003 portò al varo in fretta e furia dell’infausto decreto sblocca centrali del governo Berlusconi che fece realizzare le centrali termoelettriche a gas che allora sostituirono quelle a carbone e olio; oggi la guerra in Ucraina dovrebbe portare l’Esecutivo Draghi a varare subito un ben più necessario e fausto decreto sblocca rinnovabili per sostituire gli impianti a gas con 90 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabili da autorizzare entro 12 mesi e da realizzare nei prossimi 5 anni».  

 

Per le tre associazioni quelle prese fino ad oggi dall’esecutivo Draghi sono «decisioni che non entrano nel merito dell’unica soluzione efficace che ci può permettere di affrontare questo problema in modo strutturale e senza lasciare indietro nessuno: la riduzione dei consumi di gas. Un obiettivo che si può raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: domestico e terziario (33 miliardi di m3 nel 2021), la produzione di elettricità (26 miliardi di m3) e l’industria (14 miliardi di m3), su cui bisogna operare con un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di risparmio energetico ed efficienza energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese».

 

Pensare di riattivare gruppi termoelettrici a carbone o a olio combustibile è un’opzione irrilevante: se pure ripartissero 1.000 MW di potenza installata, aggiuntivi a quelli già in attività, con questi due combustibili fossili, ad esempio per 5mila ore all’anno, si potrebbero produrre 5 TWh all’anno che nei fatti permetterebbero di risparmiare solo 1 miliardo di m3 di gas fossile all’anno. Praticamente nulla al confronto del contributo strutturale e rispettoso degli obiettivi climatici e di lotta all’inquinamento atmosferico che garantirebbe lo sviluppo strutturale e convinto delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del sistema di pompaggi e accumuli e della rete di trasmissione e distribuzione.

 

Ecco le 10 proposte al governo: https://youtu.be/KWMt1su2jrA

 

In sintesi le 10 proposte per liberare l’Italia dalla dipendenza dal gas:

1)      Aggiornare entro giugno 2022 il PNIEC, valutando l’obiettivo della produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035

2)      Fissare entro aprile 2022 un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio

3)  Autorizzare, entro marzo 2023, nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro fine 2026. Sarà necessario, inoltre, accompagnare questo sviluppo con quelli degli accumuli e della rete che deve essere potenziata per poter ricevere e scambiare i flussi energetici.

4)      Attivare entro giugno 2022 il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata

5)      Sviluppare la produzione di biometano da FORSU, scarti agricoli, fanghi di depurazione e reflui zootecnici, programmando parallelamente una riduzione dei capi allevati e senza entrare in competizione con l'uso di terreni per la produzione di cibo.

6)      Escludere entro aprile 2022 l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici

7)      Rivedere entro dicembre 2022 i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas

8)      Anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas nei nuovi edifici

9)      Istituire entro giugno 2022 un fondo di garanzia per la costituzione delle comunità energetiche

10)   Attivare entro maggio 2022 una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile

 


Ufficio stampa Legambiente Lombardia 

Silvia Valenti

ufficiostampa@legambientelombardia.it

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lunedì 14 marzo 2022

DOSSIER NEVEDIVERSA 2022

 

DOSSIER NEVEDIVERSA 2022

IN LOMBARDIA 23 IMPIANTI DI RISALITA DISMESSI, 2 TEMPORANEAMENTE CHIUSI. PROGETTI IMPATTANTI E SITUAZIONI DI DEGRADO E ABBANDONO MINACCIANO PAESAGGI ED ECOSISTEMI GIA’ COMPROMESSI DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Legambiente: “Necessario ripensare il turismo invernale e valorizzare realtà che già da tempo promuovono alternative al costoso e impattante business dello sci da discesa, ponendo un freno all’uso smodato dell’innevamento artificiale e dei bacini e dicendo stop alla proliferazione di impianti all’interno delle aree protette e dei siti Natura 2000.” 

Dossier Nevediversa 2022 disponibile qui


Milano, 14 Marzo 2022 – La pandemia ha acuito il bisogno sempre più spiccato di attività all’aria aperta, ha fatto riscoprire il piacere del contatto con la natura. In una regione che conta il 41% della superficie montuosa, i lombardi hanno riscoperto la montagna e gli sport alpini puntando su un turismo lento e rispettoso che, se valorizzato da politiche mirate, può diventare un fattore competitivo per il territorio, soprattutto alla luce della crisi che il comparto sciistico sta vivendo anche a causa delle precipitazioni nevose sempre più scarse, valorizzando i paesaggi, le risorse culturali, naturalistiche, gastronomiche che rendono inimitabile ogni località alpina. È un quadro certamente da tenere in considerazione quando si parla dello stato dell’arte del turismo invernale, nel quale si inserisce il dossier Nevediversa 2022 redatto da Legambiente, che annualmente ha l’obiettivo di illustrare le condizioni di impianti da sci dismessi o abbandonati e analizzare gli ingenti costi ambientali ed economici per sostentare il comparto sciistico con innevamento artificiale laddove gli effetti del cambiamento climatico sono tangibili nell’assenza di precipitazioni nevose. Si calcola, infatti, che con un metro cubo d’acqua si producono circa due metri cubi di neve artificiale con costi stimati per l’innevamento di un km di pista che possono raggiungere anche i 45.000 euro a stagione.

 

In Lombardia sono 23 gli impianti che risultano dismessi, per assenza cronica di neve, fallimenti, crisi economica, fine “vita tecnica” delle strutture poi non rinnovate e 2 temporaneamente chiusi, ma dal futuro incerto. Queste installazioni spesso lasciano sul territorio ruderi delle stazioni di partenza e arrivo, piloni in cemento armato abbandonati, cavi in acciaio non rimossi, come nel caso per esempio dello skilift sul Monte Poieto, nel Comune di Selvino - Aviatico (BG), dismesso addirittura negli anni ’60, la seggiovia sul Monte Arera nel Comune di Oltre Il Colle - Zambia Alta (BG) chiuso dal 2003, lo skilift sul Monte San Primo nel Comune di Bellagio (CO) fermo dal 2013, la funivia sui Monti Greggio e Sighignola nel Comune di Alta Valle Intelvi (CO) dismesso dal 2007, lo skilift sul Monte Tesoro nel Comune di Carenno (LC), lo skilift sull’Alpe Paglio nel Comune di Casargo (LC), la teleferica in località Entova – Scerscen nel Comune di Chiesa Valmalenco (SO) ferma dagli anni ‘90, gli edifici del villaggio turistico Alpiaz di Montecampione e il complesso Le Baite Al Plan che versano in stato di degrado da un decennio.

 

Nelle pagine del dossier ampio spazio trova anche l’analisi del progetto di ampliamento del demanio sciabile del Passo del Tonale - Cima Le Sorti, che dovrebbe creare un collegamento sia con la Val di Viso verso la Valtellina che con gli impianti del Trentino, in Valbiolo con 10km di nuove piste, 2 impianti di risalita e 5 stazioni. Si tratta di interventi siti all’interno del territorio del Parco dell’Adamello, proprio nel punto in cui questo si collega con l’area protetta più grande delle Alpi: il Parco dello Stelvio. L’investimento di 65 milioni di euro, promosso dal Comune di Ponte di Legno è già stato parzialmente finanziato dalla Regione Lombardia con 25 milioni di euro. Focus anche sulle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, riflettendo sulle vicende dell’eredità di Torino 2006 e dei Mondiali in Valtellina, preoccupa il destino delle nuove infrastrutture già approvate una volta terminati i Giochi.

 

«Proprio in questo particolare periodo storico la montagna, per le caratteristiche che le sono proprie, può diventare uno straordinario spazio di sperimentazione della sostenibilità, dove iniziare con uno spostamento degli investimenti tradizionali dallo sci alpino verso attività alternative - sottolinea Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. È necessario ripensare la frequentazione di questi ecosistemi, delicati e spesso fortemente compromessi dall’attività umana, ponendo un freno all’uso smodato dell’innevamento artificiale e dei bacini, interrompendo i contributi per lo sci alpino a località sotto i 1500 metri, limitando il potenziamento dei grandi impianti ad alta quota dicendo stop alla proliferazione all’interno delle aree protette e dei siti Natura 2000. Dall’altro canto è importante promuovere le molteplici attività che si possono svolgere nella media e bassa montagna creando le condizioni per impiegare le risorse locali, umane e materiali; valorizzare le esperienze sostenibili positive, coinvolgere le comunità locali e avviare dei percorsi di formazione sull’emergenza climatica e sulla valorizzazione del territorio».

 

Impianti per gli sci dismessi, abbandonati, ormai vecchi e obsoleti, oppure strutture per gli sport invernali temporaneamente chiuse per mancanza di neve, per problemi economici o per fine vita tecnica. E poi casi di “accanimento terapeutico”, con impianti che vanno avanti grazie ai contributi dello Stato. A questi si affiancano, per fortuna, storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile che lascia ben sperare. È il doppio volto della montagna legata allo sci alpino e al turismo invernale che Legambiente Lombardia ha voluto raccontare in un viaggio documentario “Nevediversa” attraverso le provincie di Sondrio, Bergamo e Brescia. Esempi emblematici di sfruttamento del territorio e di abbandono, una condizione che però non risparmia nemmeno le province di Lecco, Como e Varese. Il video è disponibile sul canale YouTube dell’associazione

 

Il dossier Nevediversa ha anche il compito di raccontare storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile. Un caso di dismissione e rinaturalizzazione dell’area è nel comune di Albosaggia, in provincia di Sondrio, dove i resti di due impianti di risalita chiusi dal 1983, grazie al finanziamento del Comune al supporto del Parco delle Orobie Valtellinesi, sono stati completamente rimossi ed è stato ripristinato l’ambiente naturale. Il Comune, inoltre, ha in corso un progetto di riqualificazione dei maggenghi anche grazie alla corrente elettrica portata in quota da generatori alimentati da batterie recuperate e rigenerate da vecchie auto. Nel rapporto 2022 si legge anche l’esperienza positiva dell’albergo diffuso di Ornica, in provincia di Bergamo, gestito dalla cooperativa Donne di Montagna che ha avuto il merito di contribuire a creare attività economiche che fermassero lo spopolamento e ridessero vita alla comunità. 

 

Il documentario Neve Diversa è scaricabile a questo link: https://we.tl/t-8kQXXEZSzr

 


Ufficio stampa Legambiente Lombardia 

Silvia Valenti

ufficiostampa@legambientelombardia.it

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SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA DOSSIER - ACQUA E AGRICOLTURA Occorre ridurre i fabbiso...