lunedì 27 aprile 2020

Inquinamento e Covid: due vaghi indizi non fanno una prova

Messaggio dal responsabile scientifico di Legambiente Lombardia Damiano di Simine


"In questi giorni siamo bombardati da messaggi 'disorientanti' sul nesso inquinamento/coronavirus, che impongono di tenere i nervi saldi anche quando autori di questi messaggi sono autorevoli esponenti di una comunità scientifica che, viene da dire, ha perso la calma e vive nella continua ansia di prestazione comunicativa. Che l'inquinamento faccia male, è certo, che possa far più male a chi contrae un'infezione alle vie respiratorie, è probabile, ma davvero sui media girano troppe 'certezze' che alla lunga rischiano di essere delegittimanti per chi, come noi, la battaglia contro lo smog la fa da sempre e con argomenti ben suffragati. L'ultima notizia è quella sul coronavirus che viaggia verso le sue vittime trasportato a bordo delle polveri sottili. Se qualcuno avesse voglia di andare oltre i titoli sensazionalisti, scoprirebbe che i ricercatori hanno scoperto nei filtri per il particolato non il virus, ma il suo RNA (cioè la sua sequenza genetica). Il che significa che il virus, su quelle polveri, ci è finito, ma nulla dice sulla sua vitalità (il RNA non 'scompare' se il virus muore) che invece, a detta dei virologi, non sussiste. Tutta la strategia del lockdown e del distanziamento sociale si basa sull'assunto che il virus non è in grado di restare vitale, in atmosfera, per più di qualche metro di distanza dall'ospite. Quindi, anche se gli autori di quella ricerca si sono guadagnati la loro giornata di notorietà, vi invito, soprattutto nelle comunicazioni all'esterno, a non dar credito alla loro ennesima versione, per evitare di dover in futuro ritrattare. Se volete approfondire, a questo link trovate una bella confutazione scritta da un panel di autori che, per metà, fanno parte del nostro comitato scientifico nazionale"

https://www.scienzainrete.it/articolo/inquinamento-e-covid-due-vaghi-indizi-non-fanno-prova/stefano-caserini-cinzia-perrino

venerdì 24 aprile 2020

Zootecnia lombarda: ripartiamo dall'ambiente


In queste ultime settimane, anche in seguito alla puntata della trasmissione Report andata in onda il 13 aprile 2020 su Rai3, è tornato al centro dell’attenzione un tema di grande rilevanza da un punto di vista sanitario e ambientale: quello della zootecnia e dell’agricoltura intensiva in Lombardia.
I circoli di Legambiente Lombardia ribadiscono la necessità di affrontare i punti critici di questo comparto, sia alla luce dell’emergenza Covid sia alla luce delle direttive europee sulla riduzione dell’inquinamento dell’aria e del suolo. Anche in seguito all’alto tasso di mortalità mostrato dal virus in Lombardia e in particolare in alcune province come Cremona, Lodi, Brescia e Bergamo, numerosi studi stanno indagando la possibilità di una correlazione fra inquinamento atmosferico e gravità degli effetti dell’infezione.
In attesa dei risultati di questi studi, ciò che sappiamo per certo è che la Pianura Padana risulta tra le aree più inquinate d’Europa e che l’esposizione ai fattori inquinanti ha gravi ripercussioni sul sistema respiratorio, cardiocircolatorio e non solo. Proprio per questo è necessario ridurre l’impatto di tutte le fonti emissive: trasporti, industria, riscaldamento, agricoltura. La concentrazione degli allevamenti zootecnici nella pianura lombarda è infatti la più alta in Italia e fra le più alte in Europa, e Arpa Lombardia ha certificato un significativo contributo del settore agricolo all’inquinamento dell’aria, in particolare riguardo alla formazione del particolato secondario attraverso le emissioni di ammoniaca che provengono quasi totalmente (circa il 97%) da questo settore: l’ammoniaca si combina infatti con gli NOx, generati soprattutto dal traffico, per formare sali d’ammonio, che compongono anche oltre il 50% del particolato sottile misurato in atmosfera.
L’attuale sistema zootecnico e lo spandimento dei liquami hanno inoltre un notevole impatto anche su suolo e acqua: i composti azotati in eccesso infatti sono all’origine dell'inquinamento da nitrati di fiumi, canali e falde acquifere da cui attingono pozzi e acquedotti. Per esempio le acque potabili in diversi comuni della provincia di Brescia hanno un contenuto di nitrati molto vicino a limite stabilito dalle norme del settore. Davanti a tutto questo, poniamo alcune domande: perché non si applica anche alla zootecnia un “indice di pressione” per impedire il continuo aumento degli animali allevati in zone già sature? A titolo di esempio, oggi la nostra regione accoglie oltre il 50% del patrimonio suinicolo nazionale, con oltre 4 milioni di capi allevati: fino a quando il territorio basso-padano potrà reggere questi numeri? E perché non si intensificano i controlli sul corretto spandimento dei liquami zootecnici e sul rispetto della buona pratica agricola?
I circoli di Legambiente Lombardia rivolgono perciò un accorato appello ai sindaci delle province interessate affinché si uniscano alle nostre sollecitazioni per un’approfondita valutazione degli impatti sanitari e ambientali del comparto e per chiedere un serio piano regionale e nazionale per fermare gli eccessi delle monocolture e degli allevamenti intensivi, trasferendo le risorse europee a beneficio della zootecnia e dell’agricoltura sostenibile. A maggior ragione in questa fase in cui a livello europeo si sta discutendo la nuova PAC, anche nei nostri territori è necessario ripartire da una nuova agricoltura più diversificata, meno impattante per l’inquinamento e il clima e che sia sostenibile per tutti gli attori coinvolti: i produttori, i consumatori, l’ambiente.

Ufficio stampa Legambiennte Lombardia
Chiara Frangi

cell. 347 6592784

mercoledì 22 aprile 2020

Dal Piano Mashall lombardo finanziamento a opere pubbliche inutili: Pedemontana, un’eterna incompiuta


Legambiente Lombardia: 
“I fondi regionali servano per finanziare la ripresa, non cattedrali nel deserto"

"Bene un piano di rilancio per i comuni lombardi e per l’economia della regione, ma senza finanziare opere insostenibili dal punto di vista ambientale ed economico". Così Legambiente Lombardia, all’annuncio del Presidente Fontana sui fondi destinati a sbloccare Pedemontana Lombarda, l’eterna incompiuta.
Inaugurati nel 2015 i primi 22 km sui circa 90 previsti, Pedemontana finora ha generato più imprevisti che benefici. Un’opera che doveva essere ripensata, accantonando inutili ambizioni novecentesche. Ora Pedemontana ci riprova: il mese scorso è stata indetta la gara per la ricerca di un nuovo General Contractor, a completamento dei lotti B2 e C di 26 km per 1,4 miliardi di euro, previsto l’aumento di capitale della società per 350 milioni di euro, anche con un’iniezione di 150 milioni da parte di regione, ora nel piano Mashall in salsa lombarda l’opera viene venduta come "connessa al programma di infrastrutture delle Olimpiadi invernali 2026”.
“Sulle opere pubbliche Regione Lombardia mistifica la realtà - commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia - Pedemontana è un’opera buona per tutte le stagioni: dall’Expo alle Olimpiadi del 2026! Si dica chiaramente che non si sa come uscirne da un’opera arrivata In ritardo di almeno 30 anni, che fa acqua da tutte le parti, con flussi di traffico che non coprono i costi e con continue iniezioni da parte pubblica per il fallimento del project financing. Un metodo vecchio che non regge più. Nel post-Covid ci saremmo aspettati un cambio di passo. Si investa per costruire un nuovo sistema sanitario territorialmente capillare ed efficiente e in prevenzione e sostenibilità ambientale! Altro che strade che non portano da nessuna parte”
Legambiente chiede a Regione Lombardia di varare un piano di manutenzione delle strade esistenti, di salvaguardia del territorio, a rendere concreto un piano per l’adattamento al cambiamento climatico, grande dimenticato in questi mesi. Solo così si potrà ripartire davvero.

Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Chiara Frangi
cell: 347 6592784
e-mail:

mercoledì 15 aprile 2020

Legambiente Lombardia scrive ai sindaci delle città lombarde e al Presidente dell’Anci Lombardia Mauro Guerra



“La ripartenza delle città ha bisogno di soluzioni green e coraggiose per la mobilità, per garantire sicurezza dai contagi e ridurre inquinamento ed emissioni di gas serra”

5 misure concrete per ripensare la mobilità post COVID 19:
Mezzi pubblici sicuri con monitoraggi, distanze tra persone, tornelli, mascherine; più bici e nuove ciclabili in città, più sharing mobility, rottamazione auto e mobilità sostenibile. E poi smart working e vantaggi fiscali per aziende e lavoratori che scelgono il lavoro agile

“Per superare l’emergenza coronavirus e per far ripartire le città italiane e lombarde servono risposte e soluzioni eccezionali. Per questo, cari Sindaci, non vi limitate all’ordinario, non restituiteci le vecchie città. Il vostro mestiere richiede visione di futuro, soluzioni inedite, capacità di guidare la comunità verso frontiere nuove. E oggi che tutti abbiamo sperimentato una condizione eccezionale, non c’è momento migliore per osare lo straordinario. Insieme ce la possiamo fare”.
Legambiente Lombardia rilancia la lettera inviata ai sindaci d’Italia anche alle città lombarde e al presidente dell’Anci Lombardia Mauro Guerra, indicando ai primi cittadini un pacchetto di 5 misure sostenibili e concrete per ripensare la mobilità in città post COVID-19, evitando che l’auto, le moto e gli scooter, siano per i cittadini la soluzione più sicura per proteggersi dal virus e per spostarsi dentro e fuori l’area urbana. Un pacchetto, quello proposto dall’associazione ambientalista, che prevede: mezzi pubblici più sicuri attraverso monitoraggi, controlli e tornelli per contingentare gli ingressi e garantire le distanze di sicurezza, e prevedendo più risorse per realizzare tutto ciò. Più bici e nuove ciclabili nelle aree urbane replicando, ad esempio, il modello vincente della Bicipolitana di Pesaro e le esperienze che arrivano da diverse città del mondo. E poi prevedendo, tra le altre misure, il rafforzamento della sharing mobility - auto soprattutto elettriche, bici, e-bike, scooter elettrici e monopattini – attraverso accordi con le imprese per avere più mezzi in città e in più quartieri a costi molto più contenuti; invitando i cittadini a rottamare l’auto e scegliendo la mobilità sostenibile e i bonus green. Ed infine incentivando sempre di più lo smart working, avviando un dialogo con il Governo per prevedere dei vantaggi fiscali per le aziende e i lavoratori che decidono di puntare su lavoro agile e sul mobility management di comunità.
Si tratta di misure attuabili in pochi mesi, con risorse relativamente contenute e alcune già disponibili, perché si tratta di attuare provvedimenti già contenuti in Leggi dello Stato. L’importante, dunque, sarà avere idee chiare per affrontare con progetti semplici e praticabili la fase in cui le città si rimetteranno in moto, perché il dopo non sia più come il prima.
“Per ricominciare a muoversi in sicurezza, non potrà essere tutto come prima – dice Barbara Meggetto, presidente Legambiente Lombardia – Le nostre città possono essere un fantastico banco di prova per dimostrare che si può cambiare il mondo in meglio, sperimentando le vie green verso nuovi modelli di sviluppo. La mobilità in città, sui percorsi casa-lavoro, sarà un argomento strategico soprattutto in Lombardia, una delle zone più inquinate d’Italia. Perché è evidente che l’inquinamento atmosferico ci rende più deboli, influendo negativamente sulla nostra salute al di là della pandemia. È necessario quindi, per il benessere dei cittadini, mettere al centro della fase 2 un nuovo modello di mobilità sostenibile. Per far ciò è indispensabile un impegno da parte di tutti, cittadini, sindaci, società di trasporto e Regione, consapevoli che sono necessari provvedimenti che mettano al centro le città e i comuni, perché è da qui che bisogna prima di tutto ripartire”.

Le proposte di Legambiente:
1. Sicuri sui mezzi pubblici.  Molte persone avranno paura a prendere bus e treni, tram e metro per timore del contagio. Per questo man mano che le città ricominceranno a muoversi, si dovranno programmare con attenzione le corse, garantire le distanze di sicurezza, bisognerà ripensare anche gli orari della città per evitare congestione e traffico nelle ore di punta. Sarà fondamentale un continuo e attento monitoraggio, sia dei mezzi che delle stazioni, dove si dovranno introdurre controlli e tornelli per contingentare gli ingressi oltre a garantire una quotidiana sanificazione. In Spagna il governo ha stabilito l’obbligo di mascherine sui mezzi pubblici e ha garantito la distribuzione di oltre 10 milioni da distribuire nelle stazioni principali. Per fare tutto questo ci vogliono risorse. In parte il governo ha risposto, ma è evidente che non basta perché le aziende pubbliche hanno bisogno di investimenti e già soffrono per la riduzione di introiti da biglietti dovuta a questi mesi di stop.

2. Più persone in bici e percorsi ciclabili nuovi. La bici è il mezzo che permette il migliore distanziamento: per cui è ora il momento di realizzare percorsi ciclabili temporanei (con segnaletica orizzontale e verticale) lungo gli assi prioritari e le tratte più frequentate, riservando lo spazio per poi dotarli di protezioni e passaggi esclusivi mirando a trasformarli nei mesi successivi in vere ciclabili. È la soluzione che stanno praticando già diverse città del mondo: da Montpellier con una striscia di vernice e cordoli di protezione con conetti provvisori, a Berlino allargando le piste ciclabili con nuove strisce laterali. Stesse misure decise a Bogotà, a Vancouver, New York, Boston e Parigi. In Nuova Zelanda il Governo ha deciso di finanziare queste misure da parte dei Comuni. Questi interventi sono a costo quasi zero e le risorse per realizzare vere ciclabili ci sono: nella Legge di Bilancio 2020 sono stati stanziati 150 milioni di Euro per il co-finanziamento di percorsi ciclabili urbani. Importante che i Comuni inizino a prepararsi, in modo da avere progetti seri da candidare e un piano da cui “si evinca la volontà di procedere allo sviluppo strategico della rete ciclabile urbana”, come sottolinea la Legge, in modo che nel 2021 possano partire i cantieri.

3. Rafforzare la sharing mobility. Le più efficienti alternative all’auto privata in città, per chi non vorrà prendere i mezzi pubblici, dovranno diventare tutti i mezzi in sharing: auto (meglio elettriche), bici, e-bike, scooter elettrici e monopattini. I Comuni dovranno stringere accordi con le imprese per avere più mezzi e in più quartieri, a costi molto più contenuti. Serviranno risorse, ma il servizio potrà avere grande successo e in parte ripagarsi. In ogni caso saranno soldi ben spesi quelli per potenziare il servizio (con controllo, sanificazione e ridistribuzione dei mezzi nelle diverse ore e luoghi della città) perché avremo offerto mobilità sostenibile a buon mercato a milioni di cittadini.

4. Aiutare i cittadini a rottamare l’auto e scegliere la mobilità sostenibile. Qui i Sindaci devono farsi sentire anche con Regione Lombardia, perché le risorse ci sono! Cosa aspetta il Ministero dell'Ambiente a mettere a disposizione i fondi per “Programma Buoni di mobilità” previsti dal decreto Clima approvato a dicembre scorso? Sono previsti 75 milioni per il 2020 e 180 milioni di euro per le annualità successive. Si tratta di 1.500 euro alle famiglie che rottamano una vecchia auto che non può più circolare (Euro3 o più inquinante) oppure 500 euro per un vecchio ciclomotore, per acquistare abbonamenti, e-bike e sharing mobility. Si potrebbe così subito dimezzare la spesa media per i trasporti per 250 mila famiglie italiane (3.500 euro all'anno secondo l'Istat).

5. Più smart working. Ai Sindaci Legambiente chiede di spingere sul lavoro agile per riorganizzare il lavoro dell’amministrazione pubblica e aiutare tutte le attività che scelgono di andare in questa direzione. Serviranno risorse, ma soprattutto idee nuove e andrà coinvolta la Regione, ma esistono tutte le possibilità per premiare con vantaggi fiscali a livello nazionale  o attraverso bandi e finanziamenti ad hoc a livello regionale, sia le aziende che i lavoratori che decideranno di puntare su soluzioni innovative di smart working e mobility management di comunità. Ad esempio i vantaggi fiscali di cui oggi beneficiano le auto aziendali possono essere estesi anche a mezzi e investimenti organizzativi per il lavoro a distanza, ai mezzi pubblici, alla condivisione e alla mobilità elettrica o muscolare in tutte le sue forme.

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Ufficio Stampa Legambiente Lombardia
Chiara Frangi
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SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

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