Milano, 13 novembre 2014
Comunicato stampa
Ma le opere idrauliche non ci salveranno dagli eventi più critici: occorre una strategia di adattamento per gli eventi climatici estremi
Per la sicurezza idrogeologica, occorre fare l'esatto opposto di quanto prevede la legge #ammazzasuolo, che verrà votata martedì dal Consiglio Regionale
L'ottava esondazione del Seveso dall'inizio dell'anno, è un record che testimonia certo di un’annata climatica decisamente anomala. Ma anche questa volta l’evento meteorologico che si è abbattuto sui corsi d'acqua che scorrono nel sottosuolo milanese non è classificabile come evento critico: il nubifragio infatti ha saltato la città scaricandosi nei campi della Martesana. E i gravi disagi subiti a Milano, per quanto pesanti, non sono nulla rispetto a quello che potrebbe avvenire di fronte a precipitazioni intense come quelle che si sono abbattute nell’area del Verbano, dove dall'inizio del mese sono caduti fino al triplo dei millimetri di pioggia misurati a Milano.
Supereremo anche
il prossimo ciclone, atteso
per la giornata di sabato? Speriamo, ma non si può affrontare la
crescente
criticità climatica con gli scongiuri, e nemmeno aspettando
soluzioni
miracolistiche come le vasche di laminazione di Senago. Vasche
che, nel caso di
esondazioni come quella di mercoledì, sarebbero risultate
probabilmente
inservibili, perchè già piene dopo tre giorni di pioggia
battente.
Il primo
imperativo per aumentare la
sicurezza del territorio e delle persone che vi vivono è quello
di restituire
ai corsi d'acqua lo spazio sottratto dallo sviluppo urbano: “Si
tratta di un
immane sforzo di prevenzione attiva dei danni alluvionali, che
non fa parte per
nulla della cultura degli amministratori - dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia
- se è vero
che in quest'ultima alluvione ad essere allagate dai fiumi in
piena sono state
perfino le caserme dei vigili del fuoco”.
Purtroppo le
opere di difesa idraulica da
sole non bastano a proteggere Milano dagli eventi più critici:
occorre liberare
il suolo dal troppo cemento, anche con programmi urbanistici per
la progressiva
delocalizzazione degli edifici e dei quartieri che sorgono in
aree esondabili.
In altre parole, di fronte ad un assetto climatico sempre più
instabile, sono
le città, non certo i fiumi, che devono adattarsi.
“L'adattamento
urbano al rischio
climatico è la grande opera che la Lombardia dovrebbe
intraprendere e su cui si
devono mobilitare le risorse dei privati e i mezzi delle imprese
di costruzione
- conclude Di Simine
- occorre per
questo avere rispetto dei suoli liberi e intervenire su
previsioni urbanistiche
sbagliate, contenute in quasi tutti i piani di governo del
territorio dei
comuni lombardi. Esattamente il contrario, dunque, di quello che
prevede la
legge ammazzasuolo, quella che verrà portata al voto dell'aula
la prossima
settimana. Una legge che espone tutta la Lombardia a una nuova
colata di
cemento sui campi, non è certo quello che serve per aumentare la
sicurezza del
territorio”.
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