Una modifica introdotta nell'ultima bozza esclude dall'accesso diretto molti impianti mini-hydro sotto i 50 kW: una novità che mette in una situazione critica moltissime imprese con progetti già avviati. Circa un centinaio le aziende a rischio secondo il CPEM, che chiede una clausola di salvaguardia.
Una modifica introdotta nell’ultima versione
della bozza Decreto Rinnovabili non fotovoltaiche rischia di portare al
fallimento numerose imprese operanti nel mini-idroelettrico. L'allarme
viene rilanciato dal CPEM, il consorzio dei produttori di energia da
minieolico, in una lettera inviata ai ministeri competenti (in allegato
in basso). La novità, escludendo dall'accesso diretto agli incentivi
molti progetti già avviati di piccoli impianti, metterebbe in difficoltà
circa un centinaio di aziende e per questo l'associazione chiede una
clausola di salvaguardia.
Impianti idroelettrici “normali” sotto ai 50 kW esclusi dall'accesso diretto
La novità contestata interessa la lettera b), comma 3, articolo 4 del decreto
così come uscito dalla Conferenza Stato-Regioni. Nella sua versione
originaria (vedi allegati in fondo), passata senza modifiche per varie
revisioni fino alla Conferenza, si stabiliva che potessero accedere
direttamente all'incentivo tutti gli impianti idroelettrici di potenza
nominale di concessione fino a 50 kW.
La soglia per l'accesso - si indicava nella vecchia versione - passava a 250 kW per gli impianti che rientrano in un elenco di casistiche
particolari, a ridotto impatto ambientale: tra le quali ad esempio gli
impianti realizzati su condotte esistenti senza aumentarne la portata.
Si confermava in sostanza quanto previsto dal decreto attualmente in
vigore, il DM 6 luglio 2012.
Nella versione del decreto uscita dalla Stato-Regioni la modifica: la nuova bozza stabilisce l'accesso diretto solo per gli impianti, fino a 250 kW, che rientrano nelle casistiche elencate:
ad esempio quelli realizzati su canali artificiali o condotte
esistenti, senza incremento né di portata derivata dal corpo idrico
naturale, né del periodo in cui ha luogo il prelievo, quelli che
utilizzano acque di restituzioni o di scarico di utenze esistenti e
altri casi.
In pratica si toglie l’accesso diretto, e quindi nei fatti la tariffa, per gli impianti idroelettrici “normali” sotto i 50 kW.
Incertezza normativa e imprese a rischio
“Gli operatori che in base alla normativa vigente hanno avviato cantieri, firmato contratti
con i fornitori, ottenuto finanziamenti bancari per progetti sotto i 50
kW non sarebbero più in grado di rispettare gli impegni presi”,
denuncia Carlo Buonfrate, presidente del CPEM nella lettera in cui si
parla di circa 100 aziende che si troverebbero in questa situazione.
Osservazioni molto simili a quelle che faceva, commentando la novità
sul piccolo idro nella nuova bozza, Alessandro Visalli, del
Coordinamento FREE. “Questa modifica - scriveva Visalli - induce, se
accolta, un ulteriore grado di incertezza e dà
continuità alla pratica di modificare le regole vigenti con costanti
effetti retroattivi che ha l'effetto di rallentare e scoraggiare gli
investimenti nel settore.”
Infatti,
aggiunge Visalli, “si deve aver presente che l'attuale sistema di
incentivazione impone un grave rischio a carico degli investitori, che
sono tenuti a programmare le iniziative sulla base delle norme vigenti
all’epoca, quindi avviarle alle prescritte autorizzazioni (che possono,
in alcuni casi, essere anche molto lunghe e onerose), poi finanziarle e
realizzarle e, solo dopo, richiedere l’accesso agli incentivi una volta
che l’impianto è 'in esercizio'. Ciò significa che tra la
programmazione e l’avvio dell’istruttoria per l’ammissibilità agli
incentivi da parte del GSE (che può anche avere esito negativo), possono
passare mesi o anni.”
Si chiede una clausola di salvaguardia
Nella
lettera il CPEM pur “non capendo il motivo” dell'esclusione dall'acceso
diretto dei piccoli impianti idroelettrici “normali”, prende atto della
decisione, ma chiede “che agli operatori che hanno sin qui seguito la
normativa sia almeno dato il tempo di adeguarsi alle nuove regole, prevedendo una clausola di salvaguardia che permetta il completamento degli investimenti in corso.”
La
clausola di salvaguardia, “da inserire nel Decreto Rinnovabili o in
alternativa nelle procedure applicative che il GSE deve redigere”,
secondo l'associazione, deve garantire l’accesso diretto agli impianti coinvolti per un periodo sufficiente a completare i lavori in corso alla data di entrata in vigore del nuovo Decreto.
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