Nelle ore in cui l'alluvione devasta Genova, non è possibile non pensare alle acque della metropoli milanese, e prima di tutto al torrente Seveso, che la scorsa estate ha ripetutamente turbato il sonno dei politici e sommerso interi quartieri di Milano. Ora la soluzione sembra a portata di mano, con i finanziamenti previsti per le vasche di laminazione a Senago, comune che nemmeno fa parte del bacino idrografico del Seveso, ma che dovrà sacrificare il proprio territorio per la tranquillità dei milanesi. Ma è una soluzione buona per qualche taglio di nastro, non certo per risolvere i problemi di un bacino cementificato come e più di quello dei colli che sovrastano il capoluogo ligure. Già il fatto che per trovare un terreno libero si sia dovuto pensare di realizzare le vasche di laminazione a 5 km dall'asta del torrente è significativo: lungo il corso del Seveso non c'è più un pezzo di terra libero dal cemento in cui lasciar sfogare la furia del torrente. “E' il classico scaricabarile - denuncia Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - Milano ha messo il torrente sotto terra e non si è preoccupata di attuare misure preventive per le aree che si allagano, i comuni a nord hanno occupato tutto il territorio libero e non hanno spazio per gestire le piene, ora si cercano terreni liberi per laminare le piene e si scopre che si è consumato tutto il suolo: occorre cambiare le regole d'uso del territorio, partendo dal ripristino della permeabilità dei suoli, e per farlo la Regione deve scendere in campo non solo con le grandi opere, ma anche con una politica di riassetto idraulico dell'intero bacino, a partire dallo stop al nuovo consumo di suolo”.
I numeri, per il Seveso, non tornano: le vasche di Senago saranno alimentate dal canale scolmatore, che già devia 30 metri cubi al secondo dal Seveso in caso di piena. Con la realizzazione delle vasche a Senago la portata derivata potrà raddoppiare, e quindi la frequenza degli eventi alluvionali a Milano potrà ridursi. Ma il Seveso è capace di scaricare, in caso di eventi piovosi anche molto meno violenti di quello che sta interessando Genova, fino a 140 mc/secondo di acqua. E' chiaro dunque che la soluzione idraulica, rappresentata dallo scolmatore e dalle nuove vasche, non risolve il problema di Milano. La soluzione richiede ben altri interventi, che coinvolgano tutto il patrimonio edilizio e infrastrutturale del Nord Milano, affinchè le acque di pioggia possano essere gestite e al torrente vengano restituiti spazi per moderare la furia delle acque. “Gli interventi idraulici sono indubbiamente utili, ma non esistono soluzioni miracolose - conclude Di Simine - per affrontare il problema del Seveso occorre un piano d'area regionale, che imponga la gestione delle acque superficiali a tutti i comuni del bacino. Occorre ripristinare, ovunque possibile, gli spazi del torrente occupati da edifici e argini, imporre requisiti di permeabilità per le nuove costruzioni e ristrutturazioni, dedicare al drenaggio le aree dismesse, delocalizzare edifici e impedire l'uso abitativo di vani seminterrati nelle aree di possibile esondazione, anche e soprattutto in città. Finchè ogni comune penserà di disporre del territorio a proprio piacimento, i milanesi e le popolazioni rivierasche del Seveso non potranno dormire sogni tranquilli”.
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