Milano,
28 Maggio 2021 - Le notizie dei giorni scorsi, relative al sequestro e
agli avvisi di garanzia a carico dei responsabili della società
bresciana WTE, che sarebbe responsabile di condotte illecite tradottesi
nello spargimento di ingenti quantità di materiali contaminati da
metalli pesanti e idrocarburi su migliaia di ettari di campi agricoli
del Nord Italia, risultano estremamente allarmanti per la dimensione del
fenomeno. Non sappiamo ancora quanto grave sia la contaminazione
riscontrata nel corso delle indagini, ma certo i quantitativi di
materiali smaltiti sono spaventosi: 150.000 tonnellate. Per intenderci,
abbastanza da poterne stendere uno spessore di 1 cm su una superficie
vasta il doppio dei laghi di Mantova. In funzione dei livelli di
contaminazione, questi materiali potrebbero aver provocato danni
irreversibili per i terreni con cui sono entrati in contatto. I
materiali, per essere più precisi, sono gessi di defecazione, che
dovrebbero essere ottenuti da fanghi di depurazione a seguito di
trattamenti con calce e acido solforico.
"Si tratta di un danno - dichiarano Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia e Stefano Ciafani presidente nazionale dell'associazione -
che potrebbe assumere le dimensioni del disastro ambientale, se gli
accertamenti verificheranno lo stato di contaminazione dei suoli
interessati. Per questo, e per la gravità delle condotte messe in atto,
intendiamo costituirci parte civile nel processo a carico dei responsabili”.
Ma
ciò che è altrettanto grave è che la pratica di trasformare i fanghi di
depurazione in gessi si svolge in un quadro di totale, e ben nota,
inadeguatezza delle norme, che non consentono alle agenzie regionali di
protezione ambientale, così come agli organi di polizia, di svolgere i
necessari controlli su materiali classificati come fertilizzanti e
correttivi per i suoli agrari: succede così che materie di rifiuto
quali sono i fanghi di depurazione, che in quanto tali sono sottoposti a
severissimi controlli atti ad attestarne l'eventuale idoneità
all'impiego in agricoltura, possano intraprendere una comoda scorciatoia
che consiste nell'essere inviati in stabilimenti dove, con un semplice
trattamento chimico, diventano materie fertilizzanti, sfuggendo di
fatto ai controlli sulla qualità del materiale di partenza. Nella
sostanza e a norma di legge, i 'gessi' possono essere usati con le
stesse precauzioni con cui si spande un letame! Purtroppo, però, la
trasformazione in gessi non risolve affatto il problema di una materia
prima non idonea, quanto ad esempio a livelli di contaminazione, e
un'impropria lavorazione e utilizzo sovente ne aggrava le emissioni in
termini di odori estremamente molesti.
"Le
promesse dei Ministri dell'Ambiente di regolamentare la produzione e
l'impiego dei gessi di defecazione sono rimaste impegni inattuati –
aggiungono Meggetto e Ciafani - Ora
chiediamo ai ministri Cingolani e Patuanelli di riscrivere, con
urgenza, una disciplina che consenta, in primo luogo alle regioni, agli
enti locali e alle agenzie di protezione ambientale, di svolgere le
funzioni di programmazione e vigilanza su un'attività industriale che
oggi sfugge troppo facilmente ai controlli, consentendo enormi margini
di profitto ad operatori senza scrupoli".
La
pratica di trasformare i fanghi in gessi è diventata la modalità
prevalente di smaltimento dei fanghi di depurazione, soprattutto in
Lombardia che è la regione in cui hanno sede la maggior parte delle
imprese che lavorano fanghi. Ciò è avvenuto per eludere le problematiche
e i costi connessi all'impiego di fanghi in agricoltura, giustamente
soggetto a severi limiti e a rigorose attività di tracciatura e
controllo. Quanto rivelato dall'inchiesta svolta dai carabinieri
forestali in terra bresciana non è dunque una sorpresa, ma una dolorosa
conferma di una situazione divenuta sempre più fuori controllo. Del
resto già nel 2018 l'allora Ministro si era impegnato a promuovere
l'emanazione di una nuova regolamentazione di riordino della disciplina
sull'impiego delle materie ottenute da fanghi di depurazione.
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