Roma, 20 giugno 2018
Comunicato
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Il dossier di Legambiente sugli impatti dei cambiamenti climatici che stanno trasformando l’Italia
e la mappa del rischio climatico cittaclima.it
Dal 2010 ad oggi sono 198 i comuni italiani colpiti, 340 fenomeni meteorologici estremi,
109 i casi di danni a infrastrutture da piogge intense, 157 le persone vittime di maltempo
Il 2017 l’anno più caldo di sempre dopo il 2016 e segnato da siccità e ondate di calore. Quest’ultime,
tra il 2005 e il 2016, in 23 città italiane, hanno causato 23880 morti
Legambiente:
"Il clima è già cambiato. La messa in sicurezza delle aree urbane deve
essere la priorità degli interventi climatici. Servono nuove politiche
per le città e un regolamento nazionale per l’adattamento climatico, se
vogliamo ridurre i pericoli per le persone e evitare crisi idriche”
Nubifragi,
siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate: anno dopo anno
si ripetono in Italia fenomeni meteorologici sempre più intensi ed
estremi dovuti in primis ai cambiamenti climatici che stanno già
causando danni ai territori, alle città indietro nelle politiche di
adattamento al clima, e alla salute dei cittadini. Sono 198 i comuni
italiani dove, dal 2010 ad oggi, si sono registrati impatti rilevanti
con 340 fenomeni meteorologici estremi, 64 i giorni di blackout
elettrici dovuti al maltempo e 64 i giorni di stop a metropolitane e
treni urbani nelle principali città italiane: 23 giorni a Roma, 15
giorni a Milano, 11 a Genova, 9 a Napoli, 5 a Torino e 1 a Brescia. Sono
poi 109 i casi di danni a infrastrutture causati da piogge intense. Ma
ancora più rilevante è il tributo che si continua a pagare in termini
vite umane e di feriti: dal 2010 ad oggi sono, infatti, oltre 157 le
persone vittime di maltempo, secondo dati del CNR.
Impossibile
dimenticare poi il caldo record registrato in Italia nell’estate del
2017 – con il mese di giugno tra i più caldi degli ultimi 150 anni -
segnata da un lungo periodo di siccità, da intense ondate di calore e
poi da piogge torrenziali come quella che ha colpito Livorno. Lo scorso
anno nei quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige Arno e
Tevere) le portate medie annue hanno registrato una riduzione
complessiva del 39,6% rispetto alla media de trentennio 1981-2010. Il
Lago di Bracciano ha registrato un abbassamento di 160 centimetri, e a
Roma è caduto l’82% di pioggia in meno e sono diverse le regioni che
hanno dichiarato lo stato di crisi idrica. Per non parlare dell’aumento
delle temperature e delle conseguenti ondate di calore, oggi uno dei
maggiori pericoli per le persone, registrate anche fuori stagione lo
scorso gennaio. Tra il 2005 e il 2016, in 23 città italiane, le ondate
di calore hanno causato 23880 morti. Le ondate di calore possono avere
effetti nocivi per la salute, soprattutto per gli anziani e gli
ammalati, quando le temperature diurne superano i 35° C e quelle
notturne non scendono sotto i 25°C.
Sono
questi i principali dati che emergono dal dossier "Sos acqua: nubifragi,
siccità, ondate di calore. Le città alla sfida del clima”, realizzato
da Legambiente in collaborazione con Unipol Gruppo, e riportati nella
mappa del rischio climatico cittaclima.it
che ha come obiettivo quello di raccogliere e mappare le informazioni
sui danni provocati in Italia dai fenomeni climatici. Tema quest’anno al
centro del dossier, presentato oggi a Roma, quello dell’acqua, risorsa
preziosa ma che allo stesso tempo può diventare un pericolo per le
persone e creare danni agli spazi urbani. Dal 2010 al 2017 le sole
inondazioni hanno provato nella Penisola la morte di 157 persone e
l’evacuazione di oltre 45mila persone (dati Cnr). Senza contare che ad
oggi si continua a sprecare ancora troppo acqua, nel 2015 è stata
dispersa il 38,2% dell’acqua immessa nella rete di distribuzione, con
perdite complessive che potrebbero soddisfare le domande annuali di 10
milioni di persone. Per questo Legambiente, che nei giorni scorsi ha
lanciato la campagna nazionale "Un mondo di gocce” insieme a Fondazione
con il Sud per promuovere un uso sostenibile dell’acqua, torna a
ribadire l’importanza di ripensare ad un modello un nuovo modello di
gestionale di questo bene comune che si intrecci con i piani di
adattamento al clima, perché sono due temi che vanno di pari passo.
Il
convegno di oggi, coordinato da Edoardo Zanchini, vicepresidente
nazionale di Legambiente, ha coinvolto diversi esperti del settore tra
cui Michele Torsello, Direttore della Struttura di Missione
#ItaliaSicura, Renato Grimaldi, direttore generale del Ministero
dell’Ambiente, Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente,
Giovanni Massini, Regione Toscana, Chiara Caranti, Comune di Bologna,
Antonio Lumicisi, Cooridnatore PAESC, Comune di Roma, Marjorie Breyton,
Gruppo Unipol.
Durante l'iniziativa sono stati presentati
anche studi sull'impatto dei cambiamenti climatici. Federica Mastracci,
vicepresidente di E-geos, ha presentato uno studio sull'effetto Isola di
calore urbana a Roma, con l'analisi dei quartieri più a rischio durante
le ondate di calore. Paola Michelozzi, del Dipartimento di
Epidemiologia SSR del Lazio, ha descritto i risultati degli studi
realizzati nell'ambito del programma nazionale di prevenzione,
coordinati dal Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario
regionale del Lazio, che confermano un rilevante aumento della mortalità
durante le ondate di calore. I dati (relativi a 23 città) mostrano che
gli effetti maggiori si hanno negli anni a più elevata esposizione al
caldo, e mettono in luce una riduzione dei numeri negli ultimi anni
attribuibile agli interventi di allerta attivati. Complessivamente,
nelle città analizzate, si possono attribuire alle ondate di calore
23.880 morti tra il 2005 e il 2016. Nella sola città di Roma dal 2000
sono circa 7700 le morti attribuibili alle ondate di calore. Questi
studi dimostrano l'importanza delle politiche di adattamento, perché
l’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio sia rispetto
alle piogge che alle ondate di calore è fondamentale per salvare vite
umane e limitare i danni.
"L’adattamento al clima - ha spiegato Edoardo Zanchini, Vicepresidente nazionale di Legambiente
– rappresenta la grande sfida del tempo in cui viviamo. La mappa del
rischio climatico di Legambiente rende evidente la diffusione e la
dimensione degli impatti dei fenomeni meteorologici estremi nel
territorio italiano, resi ancor più drammatici dal dissesto
idrogeologico, da scelte urbanistiche sbagliate e dall’abusivismo
edilizio. L’Italia non è tutta uguale di fronte ai rischi del
cambiamento climatico, esistono infatti situazioni e rischi differenti
tra le Regioni e le città, anche perché uno stesso fenomeno può
provocare impatti diversi in funzione delle caratteristiche
idrogeologiche dei territori coinvolti e anche di quanto e come si è
costruito. Ed è per queste ragioni che occorre accelerare il passo nelle
politiche climatiche, superando la frammentazione di interventi tra i
diversi Ministeri, attraverso una cabina di regia sulle strategie
climatiche, in capo al Governo, e un regolamento per l'adattamento al
clima nelle città che stabilisca regole chiare e vincolanti per evitare
che si ripetano nelle aree urbane tragedie per colpa di edifici e spazi
pubblici realizzati in luoghi sbagliati e impermeabilizzando i suoli”.
Legambiente
ricorda che sono le città l’ambito più a rischio per le conseguenze dei
cambiamenti climatici, perché è nelle aree urbane che vive la
maggioranza della popolazione nel mondo, ed è qui che l’andamento delle
piogge, gli episodi di trombe d’aria e ondate di calore hanno oramai
assunto caratteri che solo in parte conoscevamo e che andranno ad
aumentare. Processi che vanno analizzati per due ragioni: la prima è
legata al consumo e l’impermeabilizzazione dei suoli, la seconda al
fatto l’Italia è un Paese tra i più delicati dal punto di vista
idrogeologico con 7.145 comuni italiani (l’88% del totale) che hanno
almeno un’area classificata come ad elevato rischio idrogeologico, e con
oltre 7 milioni gli italiani che vivono o lavorano in queste aree.
Eppure si continua a costruire in aree a rischio idrogeologico. Il 9,3%
dei Comuni (136 amministrazioni) ha dichiarato di aver edificato anche
nell’ultimo decennio in aree a rischio anche nell’ultimo decennio,
quando – in teoria (ai sensi dell’art 65, comma 4 del D.Lgs. 152/063)
sarebbero dovute essere vietate. Molte grandi città italiane hanno visto
ripetersi negli anni fenomeni meteorologici che hanno provocato danni
alle infrastrutture, agli edifici e provocato morti e feriti. Sono 61,5 i
miliardi di euro spesi tra il 1944 ed il 2012 solo per i danni
provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano. Secondo i dati
di "Italia sicura”, l’Italia è tra i primi Paesi al mondo per
risarcimenti e riparazioni di danni da eventi di dissesto: dal 1945
l’Italia paga in media circa 3.5 miliardi all’anno. In questi anni
qualcosa è iniziato a muoversi e nella scorsa legislatura l’Italia ha
messo in atto alcune nuove politiche come ad esempio la creazione della
struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio contro il
dissesto idrogeologicoche sta mettendo in campo anche un programma di
interventi per la riqualificazione e la rinaturalizzazione; si sta
procedendo a Bologna alla costruzione del centro ECMWF, il centro
europeo per le previsioni meteo a breve termine; nel 2014 è stata
approvata la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici
e per dargli attuazione è in fase di redazione il piano nazionale ai
cambiamenti climatici. Ma per Legambiente queste politiche non sono
sufficienti rispetto a sfide di questa portata, si deve arrivare al più
presto all’approvazione di una strategia del Governo sull'adattamento al
Clima e a nuove politiche per le città più a rischio.
"Per concretizzare la lotta ai cambiamenti climatici – ha dichiarato Giorgio Zampetti, Direttore generale di Legambiente
– occorre dar avvio ad interventi rapidi e politiche di adattamento a
partire dai grandi centri urbani attraverso nuove strategie, risorse
economiche e un indirizzo forte a livello nazionale, I tradizionali
interventi strutturali devono lasciare sempre più spazio a nuovi piani
che tengano conto di equilibri climatici ed ecologici complessi. Il
Paese ha bisogno di accelerare nelle politiche di mitigazione del clima e
di riduzione del rischio sul territorio, ancora troppo frammentate, per
invertire la curva delle emissioni di gas serra come previsto
dall’Accordo di Parigi; ma prima di tutto vanno preparati i territori,
le aree agricole e le città. Non esistono più alibi o scuse per rimanere
fermi: disponiamo di competenze tecnologie per aiutare i territori e le
città ad adattarsi ai cambiamenti climatici e mettere in sicurezza le
persone”.
Proposte e esempi virtuosi: Per
avere città più resilienti è importante avviare una serie di interventi
mirati, in particolare per l’associazione ambientalista è fondamentale
che si avvii una politica di delocalizzazione degli edifici in aree a
rischio; che si approvino i piani clima delle città più a rischio e si
rafforzi il monitoraggio degli impatti sanitari dei cambiamenti
climatici, con specifica attenzione alle aree urbane. Tra gli altri
interventi da mettere in campo, approvare un regolamento nazionale per
l’adattamento climatico e la messa in sicurezza delle aree urbane che
tenga conto della necessità e dell’importanza di cambiare il modello di
gestione dell’acqua in città, a partire dalla progettazione e intervento
degli spazi pubblici. Gli obiettivi del regolamento dovrebbero
riguardare: la salvaguardia della permeabilità dei suoli nelle aree
urbane; il recupero, il riutilizzo, il risparmio dell’acqua in tutti gli
interventi edilizi e urbani; l’utilizzo dei materiali capaci di ridurre
l’effetto isola di calore nei quartieri; pianificare interventi che
riguardano gli spazi pubblici; vietare l’utilizzo dei piani interrati
per le abitazioni.
Diverse città europee hanno
già approvato piani clima per le aree urbane, e le loro esperienze sono
state sintetizzate da Legambiente in questo dossier per dimostrare come
sia possibile realizzare progetti capaci di affrontare i rischi legati
ai cambiamenti climatici in un prospettiva di miglioramento della vita
in città. Da Copenaghen a Barcellona, da Rotterdam per arrivare anche a
Bologna, che ha approvato un piano clima, al piccolo comune sardo di
Posada, a Treviso, arrivano infatti tanti buoni esempi che si basano
sul mettere in sicurezza un fiume, sul restituire spazi alla natura e
alla fruizione dei cittadini, creare quartieri vivibili anche quando le
temperature crescono grazie agli alberi e all’acqua, a materiali
naturali che permettono di ridurre l’effetto isole di calore.
Il dossier si può scaricare al seguente link:
L’ufficio stampa di Legambiente: 0686268353-99 - 3496546593
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