LEGAMBIENTE – ISTITUTO
NAZIONALE DI URBANISTICA – POLITECNICO DI MILANO
Milano, 4 luglio 2017 COMUNICATO
STAMPA
PRESENTATI OGGI A MILANO, CON ISPRA, I RAPPORTI SUL CONSUMO DI SUOLO:
IL SUOLO RESTA SOTTO ATTACCO MENTRE LA LEGGE NAZIONALE E’ AL PALO
IN EUROPA PREVISTI ULTERIORI CONSUMI PER 3,2 MILIONI DI ETTARI
AGRICOLI: CEMENTO SU UN’AREA VASTA QUANTO L’INTERA PIANURA PADANA
IN LOMBARDIA E NORD ITALIA LEGGI REGIONALI FUORVIANTI, MANCA UNA CHIARA
DIRETTIVA EUROPEA! A QUESTO SERVONO LE FIRME DELLA PETIZIONE PEOPLE4SOIL
Oggi a Milano è SOIL DAY: il CRCS (Centro di Ricerche sul
Consumo di Suolo di INU, Legambiente e Politecnico di Milano) e ISPRA
presentano 3 rapporti che fotografano la situazione attuale del consumo di
suolo a livello regionale, nazionale ed europeo: una presentazione congiunta
che ha la sua ragion d’essere nel fatto che il problema non conosce confini
amministrativi, ma opera sotto la spinta di dinamiche economiche e finanziarie
presenti in tutte le regioni e i Paesi europei.
Nonostante la crisi delle costruzioni e lo stop alle grandi
infrastrutture causato da evidenti difficoltà di finanziamento, in Lombardia, la regione italiana che ha
consumato più suolo, il fenomeno procede, anche se rallentato: dal 2012 al 2015
sono infatti scomparsi quasi 1000 ettari di suolo regionale all’anno,
coperti da urbanizzazioni e strade. Una perdita che danneggia in primo luogo
l’agricoltura, che ha visto perdere ogni anno 2500 ettari per l’effetto
combinato di urbanizzazione e abbandono . Se l’abbandono riguarda suoli
marginali e poco fertili, le urbanizzazioni cancellano suoli di alto valore
produttivo, colpendo al cuore il patrimonio agricolo lombardo. L’ultima
revisione di DUSAF, il database di Regione Lombardia che misura i cambiamenti
d’uso del suolo, colloca al 15% la quota di territorio regionale urbanizzato
(era il 12,6% nel 1999), per oltre 349.000 ettari - come dire le province di
Pavia e Lodi messe insieme- oggi coperti da edifici e infrastrutture[1]. Allo
stesso tempo le terre agricole sono calate, dal 1999, dal 45% al 43% delle
superfici regionali. Complessivamente il suolo continua a scomparire, anche se
a ritmi contenuti: prima della crisi, dal 1999 al 2007, i dati indicavano
infatti consumi di suolo annui più che tripli rispetto al dato attuale.
Agli approfondimenti e al confronto tra le singole regioni è
dedicato quest’anno il rapporto di ISPRA, che mostra come il consumo di
suolo, pur con diverse accentuazioni, sia un male comune a tutte le regioni
italiane. Nel Nord Italia le regioni
apparentemente corrono ai ripari: Lombardia,
Toscana, Friuli V.G. e Veneto
hanno promulgato leggi che perseguono la riduzione del consumo di suolo, l’Emilia Romagna sta facendo
altrettanto. Ma scorrendo i contenuti di queste norme si verifica la loro
inefficacia nel breve e medio periodo: esse non mettono in discussione le
previsioni gonfiate dei piani urbanistici comunali, si limitano a prospettare
riduzioni per i futuri piani. La Lombardia si è rivelata particolarmente
creativa, avendo approvato una recente modifica per stabilire che non solo si
conservano le previsioni urbanistiche ma che, ove queste non si realizzassero,
si può anche decidere di ‘spostarne’ le facoltà edificatorie su nuove aree
agricole più propizie ad investimenti immobiliari!
“Ciò che non funziona sono le definizioni di cosa debba
essere il consumo di suolo: in assenza di norme di riferimento, ogni regione ha
interpretato questo concetto a modo suo, e sempre dichiarando già ‘consumati’
suoli che allo stato non lo sono, perchè gravati da previsioni urbanistiche non
realizzate – dichiara Andrea Arcidiacono,
docente del Politecnico di Milano e vicepresidente di INU – insomma la
sensazione è che le regioni, nel legiferare sul consumo di suolo, abbiano
prestato eccessiva attenzione alle sollecitazioni di grandi soggetti finanziari, preoccupati di
perdere asset in termini di terreni solo virtualmente edificabili, ma su
cui la crisi aveva svelato la mancanza di concrete possibilità attuative”
In sostanza, è la denuncia di Legambiente e INU, le leggi regionali
nel centro-nord Italia hanno usato il pretesto del consumo di suolo per
‘cristallizzare’ diritti edificatori aleatori, ma patrimonializzati ‘sulla
carta’, a prescindere dalla reale domanda di mercato: una bolla finanziaria e
immobiliare mantenuta artificialmente in vita proprio dalle norme che
dovrebbero contrastare gli attacchi speculativi al suolo.
E l’Italia? “Anche in Italia da oltre 400 giorni la
legge sul suolo è parcheggiata al Senato: eppure è ormai chiaro che fermare il
dilagare delle urbanizzazioni è indispensabile per far partire l’economia della
rigenerazione del tanto patrimonio urbano già esistente ma sottoutilizzato e
comunque bisognoso di rivitalizzazione. Con un suolo senza tutele, l’uscita
dalla crisi produrrà inesorabilmente nuove alluvioni di cemento!” denuncia Edoardo Zanchini, vicepresidente di
Legambiente.
Ma sbaglierebbe chi pensasse che consumo e degrado del suolo
siano mali esclusivi della penisola italiana. E’ vero che l’Italia ne soffre
più di altri, per la sua orografia e la densità di popolazione e infrastrutture
nelle limitate aree di pianura e costiere, oltre che per le sue vocazioni
agroalimentari e turistiche. Ma lo stato dei suoli è ragione di grandi
preoccupazioni nella comunità scientifica e in organismi mondiali come le
Nazioni Unite, sebbene il dibattito tardi a trasferirsi ai tavoli delle
decisioni politiche, anche nell’Europa che è stata culla del diritto
ambientale. Non solo in Europa manca una direttiva sui suoli, ma, come
rileva il rapporto di CRCS, anche in
ciascuno degli Stati Membri le norme, se ci sono, risultano frammentarie ed
incoerenti: ogni Stato fa da sé, o più spesso non fa nulla, mancando una
cornice di richiamo vincolante alla tutela della più preziosa risorse naturale
dell’UE.
Il paradosso è che l’UE spende quasi il 40% del suo budget
sulla Politica Agricola Comunitaria ma lo fa senza preoccuparsi di preservare i
suoli agricoli su cui quella politica ricade. Fino ad oggi il consumo di suoli
ha divorato quasi 19 milioni di ettari in tutta Europa, come dire il
doppio dell’Ungheria, raddoppiando in un cinquantennio le aree urbanizzate. E’
vero che l’UE ha definito con una road map un obiettivo ‘zero consumo di suolo’
entro il 2050, ma non ha sviluppato strumenti regolativi, tanto che le
previsioni elaborate dal JRC (Centro comune di Ricerca della CE) pronosticano
per quella data la cementificazione di altri 3,2 milioni di ettari (come
la superficie agricola dell’intera Pianura Padana) con una perdita a carico
prima di tutto dei seminativi, di cui si prevede un calo di ben 11 milioni di
ettari. Una enormità, considerato che nei 100 milioni di ettari di campi
europei si producono materie prime sufficienti a coprire solo il 50% del
fabbisogno interno di commodity agroalimentari e mangimi: l’Europa dunque già
oggi si nutre utilizzando terreni agricoli di altri continenti, in gran parte
da Paesi più poveri (principalmente America Latina) che, presto o tardi,
potrebbero legittimamente reclamarli per soddisfare i bisogni della propria
popolazione. Il consumo di suolo è solo una – sicuramente la più grave e
irreversibile – delle minacce e delle forme di degrado di cui soffrono i suoli
europei. Esso si somma all’erosione, che rappresenta uno dei maggiori
fattori di pressione nei paesi del Sud Europa, così come alla perdita di
sostanza organica che, unita alle sempre più frequenti siccità, rappresenta
l’anticamera della desertificazione che già affligge la penisola iberica
e le grandi isole mediterranee, e alla contaminazione legata alla
presenza, in tutta Europa, di ben 3 milioni di siti su cui si riscontrano
concentrazioni allarmanti di sostanze chimiche nocive, oltre ai fenomeni di inquinamento
diffuso legato in particolare all’impiego di sostanze chimiche in
agricoltura.
Il rapporto 2017 del CRCS restituisce la fotografia
delle minacce sui suoli europei, basata sull’analisi di elaborazioni della
Commissione Europea, e l’immagine è quella di un continente che rischia di
arrivare impreparato alle sfide imposte dal cambiamento climatico. Se da un
lato è proprio lo sfruttamento eccessivo a costituire una fonte di emissioni
climalteranti, le minacce che affliggono i suoli, impoverendoli o cancellandoli
sotto il cemento rappresentano una grave insidia per la sicurezza dei cittadini
europei: sia per la accresciuta vulnerabilità ai fenomeni meteorologici
estremi, sia per la perdita di superfici dedicate alla produzione di cibo. In
questo quadro preoccupante pesa la mancanza di una direttiva europea per il
suolo.
“Sul suolo l’Europa rischia di pagare un conto molto salato
alla propria inerzia – dichiara Damiano Di
Simine, promotore della petizione europea People4soil – la mancanza
di una direttiva impedisce di sviluppare strategie efficaci e vincolanti per
gli Stati membri: in quasi tutti i Paesi manca infatti una disciplina per
contenere il consumo e il degrado del suolo e, dove le leggi esistono, i
criteri adottati sono discrezionali e non consentono di sviluppare efficaci
sistemi di monitoraggio e controllo delle trasformazioni: per questo chiediamo
ai cittadini di prendere l’iniziativa di sollecitare la politica europea, con
la petizione europea People4soil che, in Italia, può essere firmata sul sito www.salvailsuolo.it”
Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Silvia Valenti
Cell. 3498172191
Tel. 02 87386480
Nessun commento:
Posta un commento